Un imperativo digitale necessario: verifica prima di divulgare.

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In un mondo dominato da social ed enciclopedie online, siamo tutti diventati luminari medici o critici d’arte e questo ci ha permesso, dopo tanta fatica e dopo aver passato notti insonni sulle sudatissime carte, di ricevere una laurea ad honorem in Tuttologia.

Eh sì, perché nel 2022 basta digitare qualche parola su un motore di ricerca per far caricare svariate pagine o enciclopedie online, Wikipedia per citarne una, in cui trovare le risposte che cerchiamo. A che servono, quindi, medici, professori o esperti d’arte se ci basta uno smartphone e una buona connessione ad internet per capire come far passare il mal di testa in cinque velocissimi passaggi o come dipingere come Rodin in una sola lezione?

Nata il 15 gennaio 2001 dalla mente di Jimmy Wales e Larry Sanger, Wikipedia è un’enciclopedia aperta a tutti gli utenti. Chiunque può apportare modifiche e creare nuove voci.

Oggi la versione italiana conta più di un milione e seicentomila voci.

Dal 2001 ad oggi la tecnologia dei mezzi di comunicazione di massa ha compiuto dei notevoli passi avanti e la nascita dei social unita allo sviluppo di una società più contemporanea e più qualsiasicosa-friendly, ha contribuito alla crescita di una libertà di pensiero e censura che ci fa sentire quasi in obbligo di dire e scrivere ciò che si vuole.

Ma proprio perché l’accesso in rete è aperto a chiunque, l’errore in cui spesso si incorre è quello di prendere tutte le notizie che si trovano come assolute e veritiere con il conseguente rischio di contribuire a far circolare le cosiddette fake news.

C’è chi, però, con le fake news costruisce diverse identità.

L’inizio del 2022 ha visto smascherare una rete di presunti collezionisti che da un paio di anni fingevano di comprare, rivendere e partecipare a mostre ed eventi. Grazie al contributo del collezionista Federico Vavassori, è stato possibile individuare uno dei componenti della cricca. Vavassori, dopo aver intercettato in rete un’opera di un suo artista, decide di contattare il proprietario, tale Pier Paolo Lonati, perché quell’opera aveva qualcosa di strano, ai suoi occhi sembrava artefatta. Dopo svariati messaggi e dopo essersi messo in contatto con altri collezionisti che interagivano con Lonati, Vavassori capisce di trovarsi di fronte ad una persona inesistente. Improvvisamente spariscono le pagine social di Lonati, Carlo Alberto Ferri, Beatrice Rinaldi e Raffaele Sartori. Quattro catfish e nessuno di loro colleziona opere d’arte.

Perché siano state create queste pagine e perché per due anni i finti collezionisti abbiano fatto credere di essere ben piazzati nel mercato dell’arte non ci è dato saperlo. Forse il loro scopo era quello di promuovere artisti meno conosciuti o forse avevano voglia di provare a mettere un piede nel mondo del collezionismo.

Quello che sappiamo è che fortunatamente non ci sono state conseguenze disastrose.

Perciò, la prossima volta che leggiamo una notizia in rete, verifichiamo la fonte, incrociamola con altre per assicurarci che la maggior parte degli articoli, post o storie nei vari social network siano allineati. Non soffermiamoci sulla prima voce che appare nel motore di ricerca.

Come direbbe l’Hermione Granger dei giorni nostri: “so tutto sull’argomento, l’ho letto su internet”. Sì, ma approfondiamo.

Roberta Conforte

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