Cosa resta dell’era berlusconiana?

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E’ una domanda che si sono posti in tanti, dopo che la battaglia con la malattia ha avuto la meglio su Silvio Berlusconi, protagonista tra i più discussi del panorama italiano. Innegabilmente, Silvio Berlusconi ha indicato un punto di riferimento ai moderati, orfani della disciolta DC, in seguito all’inchiesta Mani Pulite, e una sponda, sia pure controversa, ai delusi della sinistra, dopo la caduta del muro di Berlino, con la creazione del bipolarismo, al posto del metodo proporzionale, che con la spartizione del potere aveva creato tanti problemi nella Prima Repubblica.  Le azioni di Berlusconi, all’indomani del suo impegno in politica, sono state spesso sotto il vaglio della magistratura, con tutte le conseguenze processuali ben note, ed oggi hanno il loro peso nella valutazione del suo impegno, anche per la loro portata sull’immagine dell’Italia all’estero.

Rimane, in questa nostra epoca inclinata al pessimismo per le incertezze conseguenti alle tante emergenze che si vanno susseguendo, la forza del suo entusiasmo progettuale: all’inizio con Milano 2, quartiere residenziale di Milano concepito negli anni ’70 con servizi e tanto verde, capace di imporsi sulle diffidenze dei vip  dell’aristocrazia imprenditoriale, poi con lo stile di comunicazione delle sue TV, che può essere molto discutibile, ma è stato innovativo, e ancora con il trascinare tanti italiani a credere nel movimento liberale con interessanti idee sulle riforme, che poi però sono mancate, infine coinvolgendo il mondo del calcio e le tifoserie nel riconoscerlo come un leader.

Mi ha colpito in occasione del funerale di Silvio Berlusconi l’affluenza di tanta gente comune, anche di molti giovani, le parole di ringraziamento raccolte nelle interviste andate in onda, per aver realizzato con le sue aziende tante opportunità di lavoro, e per gli aiuti economici offerti, sia ad istituzioni come il San Raffaele di Milano, sia per manifestare concretamente solidarietà a persone fragili. Va riconosciuto, inoltre, che molti suoi avversari hanno avuto spazio nelle sue aziende, e hanno visto riconosciuto il valore del loro lavoro senza pregiudizi: lungimiranza imprenditoriale? Può darsi.  

Evidentemente l’uomo che è stato Silvio Berlusconi non può essere solo quello delle cronache giudiziarie e non, o da ritenere responsabile della diffusione del culto dell’immagine, del profitto e della competizione, da attribuire per me, invece, a tante cause. Questi elementi, piuttosto, vanno interpretati in modo corretto, per spingere a cercare in modo trasparente il successo nel lavoro, come tanti self-made man, e non con i bonus, che sono altrettanto sbagliati, se dati senza controlli, solo per avere facile consenso. 

L’omelia dell’Arcivescovo di Milano Mario Delpini durante il suo funerale è stata un invito a ricordare l’aspetto positivo della parabola di Silvio Berlusconi, e aldilà delle convinzioni politiche personali, le parole usate hanno trovato riscontro nella sua inconfondibile personalità: “Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce, avere coraggio e fiducia, credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora…Ecco, che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di gioia che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento

Ai posteri l’ardua sentenza…

 Paola Giorgi

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