Le neuroscienze ci aiutano a capire perché siamo tuttologi digitali
Quale che sia l’argomento, online proliferano ovunque: sono i tuttologi un popolo sempre pronto a dire la propria con una velocità disarmante in base al trend topic del momento. Sulle piattaforme digitali è impossibile non imbattersi in autori di disquisizioni spesso necessarie solo a chi le posta con sedicente padronanza e competenza.
La domanda delle domande resta sempre una: perché? Ecco la spiegazione dalla scienza.
Nella sua recente newsletter dal titolo “Commentare è la malattia cerebrale del nostro tempo”, l’autore e psicologo Lorenzo Dornetti iscritto all’albo della Lombardia e direttore del più grande laboratorio di neuroscienze privato in Italia, il NEUROVENDITA Lab, sostiene che in psicologia questo fenomeno si chiama effetto Dunning-Kruger, in onore dei due psicologi che lo hanno studiato.
«Accade questo in sostanza: individui poco esperti in un determinato campo sopravvalutano le proprie abilità e finiscono con il ritenersi competenti e sono sinceramente convinti di saperne più della media. Questa irrazionale percezione di sé è alla base del bisogno compulsivo di commentare. Si genera così un effetto paradossale: persone con una ridotta esperienza in un’area hanno la sensazione di aver capito e commentano con toni e modalità che rivelano la convinzione di essere depositari del sapere. Persone molto competenti, con una forte esperienza in quello specifico settore, ne abbracciano la complessità e comprendono che ogni giudizio merita approfondimenti ed è probabilistico».
«Le ragioni di questa distorsione della percezione, secondo la psicologia, sono sostanzialmente due – analizza Dornetti – Da un lato aumenta l’autostima perché sentirsi competenti piace, anche quando non lo si è davvero. Dall’altro dipende dall’assenza di feedback. Gli esperti di un argomento hanno sostenuto contraddittori ed esami e questo ha significato ricevere feedback che li hanno indotti a migliorarsi, sviluppando così una maggiore consapevolezza di sé. Chi non studia (nel senso ampio del termine), non ha modo di confrontarsi e si fida della propria sapienza intuitiva, con il risultato che bastano le prime righe di Wikipedia per avere la sensazione di aver compreso anche temi complessi».
L’effetto Dunning-Kruger non è certo una novità dei nostri giorni, ma sicuramente è potenziato nella nostra epoca ipertecnologica che offre un’ampia facilità di accesso all’informazione. «Pensiamo solo alle opportunità che offre a chiunque una ricerca su Google. Questa opportunità è straordinaria, ma si dimentica che si tratta di sintesi, spesso semplificate e redatte in forma divulgativa. La disponibilità dell’informazione potenzia l’effetto Dunning-Kruger, accelerando la sensazione di sentirsi esperti in un istante. L’azione di commento sui social è l’immediata conseguenza di questo processo mentale automatico».
“Le neuroscienze stanno studiando i correlati neurali dell’effetto Dunning-Kruger – conclude Dornetti – oggi così potente nell’era social e dell’informazione accessibile. Socrate, il padre della cultura occidentale, diceva “so di non sapere”, prevedere questo commento tra quelli automatici insieme agli emoticon, sarebbe davvero utile”.
Cristina Mignini