L’anno appena passato sembra essere stato il più difficile da quando si è diffusa l’epidemia di Covid. Il 2022 avrebbe dovuto essere l’anno della rinascita, l’anno dei cambiamenti, l’anno della libertà riconquistata e invece è iniziato con una dichiarazione di guerra all’Ucraina da parte della Russia. Beh, di speranza e rinascita poco abbiamo letto e visto tutti noi, dal 24 febbraio ad oggi.
Ma non solo. Il 2022 è stato l’anno in cui il caldo si è fatto sentire sul serio e il freddo sembra essere andato in letargo, l’anno in cui il costo della vita è schizzato alle stelle, l’anno in cui abbiamo subito un rincaro bollette che ha messo in ginocchio tutti, in special modo i negozianti ed il settore artistico. L’anno in cui abbiamo iniziato a capire cosa voglia dire veramente la parola “spreco” perché tenere quella luce accesa ore ed ore inutilmente o tenere acceso il riscaldamento a palla fa salire il costo della bolletta. E abbiamo imparato ad adattarci, a coprirci di più se si sente freddo e ad illuminare gli ambienti con luci più soffuse. Ed anche a prendere un caffè di meno al bar.
Ma chi già prima del rincaro bollette, già prima della guerra, già prima del Covid era in sofferenza, come ha reagito a queste nuove ondate? Ci riferiamo soprattutto a coloro che fanno parte del settore artistico, amanti dell’arte in tutte le sue forme, che secondo un’indagine condotta da Art Workers Italia, associazione autonoma e apartitica nata con l’obiettivo di dare voce ai lavoratori dell’arte contemporanea in Italia, insieme al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Milano Bicocca e con la collaborazione di ACTA (Associazione dei freelance), ha intervistato circa 440 figure professionali in campo artistico. Tra di loro sono stati presi in considerazione artisti (37%), curatori, docenti, ricercatori, project manager, coordinatori, operatori della comunicazione, uffici stampa, educatori museali, mediatori, galleristi e assistenti, art writer, archivisti. Circa la metà degli intervistati ha un reddito annuo inferiore ai 10.000 euro, ovvero sotto la soglia di povertà, il 24% si stabilizza tra i 10 e i 20.000 euro, e solo l’8,4% oltre i 30 mila. Dati, questi, che fanno rabbrividire.
Se si pensa, poi, che la maggior parte degli intervistati siano persone nate tra gli anni ’80 e gli anni ’90 e che l’85% di loro sia in possesso di una laurea magistrale e quasi il 30% ha approfondito il proprio percorso scolastico anche all’estero, i brividi aumentano.
E perché, allora, gli stipendi sono così bassi? I salari non compensano le competenze richieste.
La grande maggioranza (81%), quindi, è costretta a svolgere più lavori, spesso anche in altri ambiti. Ciò comporta, inevitabilmente, che quasi il 60% degli art workers lavora più di 40 ore settimanali e tra questi il 15,23% lavora oltre 60 ore settimanali.
Le cose non migliorano quando guardiamo alle modalità contrattuali e alle conseguenti tutele, circa il 20% utilizza lo strumento della prestazione occasionale, il 6% dichiara di non ricorrere a nessuna modalità contrattuale (lavoro nero), e il 36,6% di lavoratori e lavoratrici ricorre al nero come modalità secondaria.
Dati, questi, che non lasciano nulla di non detto. Lavorare nel campo artistico, oggi, è un rischio sottopagato.
La situazione è, ovviamente, grave.
E allora perché ostinarsi a studiare la storia dell’arte? Forse perché l’amore per l’arte supera ogni avversità? O forse perché l’arte è uno di quegli strumenti che, in tempi bui come quelli che stiamo attraversando, aiuta a distogliere l’attenzione dai problemi più grossi e a canalizzarla su una tela, un pennello o un pigmento di colore?
Lo storico dell’arte Salvatore Settis ha detto: «la storia dell’arte aiuta a vivere». Per Tomaso Montanari la storia dell’arte allena al senso critico e al libero giudizio. Vero. Ma la motivazione principale è che la storia dell’arte consente di capire meglio le altre discipline. La storia, la geografia, la letteratura, ma anche la scienza, la matematica, la chimica e la tecnologia hanno stretti rapporti con l’arte. Di conseguenza la storia dell’arte aiuta ad ampliare il proprio bagaglio di conoscenze nella maggior parte degli ambiti.
E studiare la storia dell’arte aiuta a preservare e trasmettere ai posteri quanto di meraviglioso è stato realizzato dall’uomo finora, dalla Preistoria ad oggi.
Roberta Conforte