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Le associazioni di categoria all’esame di maturità

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Le associazioni di categoria all’esame di maturità

Troppa distanza dalla base o troppa vicinanza con la politica?

Per “associazioni di categoria” si intendono quegli enti di tipo associativo che rappresentano e tutelano gli interessi di una specifica categoria produttiva o professionale ovvero l’insieme di persone (fisiche e giuridiche) che esercitano una certa attività economica o lavorativa. Oltre ad essere associazioni che spesso erogano anche “servizi” ai propri soci, molto importante è il loro valore “politico”, dal momento che l’aggregazione di tanti soggetti, a volte anche molto potenti (pensiamo, a titolo meramente esemplificativo, ad alcune “sigle” molto note come Confindustria, Confcommercio o Confesercenti), permette di dialogare “più efficacemente” con le istituzioni locali e nazionali, portando le istanze della propria categoria all’attenzione di chi governa. Essendo “associazioni”, i principi che ne regolano il funzionamento dovrebbero necessariamente essere ispirati alla democraticità della struttura e all’elettività delle cariche, cosa che, a sua volta, dovrebbe garantire il rispetto della mission del sodalizio, l’osservanza dei dettami degli statuti e, ancor di più, del “mandato” che l’assemblea dei soci consegna nelle mani degli organi di governo interno.

Qualcuno, più acuto, non avrà potuto fare a meno di notare i “condizionali” utilizzati nel capoverso precedente, ma è purtroppo sempre più legittimo dubitare dei “meccanismi democratici”, così come vengono intesi in Italia e in buona parte del Mondo, allorché il rapporto tra “rappresentato mandante” e “rappresentante mandatario” (quindi incaricato con determinati poteri e compiti) si sconquassa a tal punto da ribaltare i rapporti di forza. La vicinanza e la costante frequentazione, poi, dei rappresentanti di queste associazioni ai vertici della politica locale e nazionale, malata della stessa “dissonanza democratica” di cui si è fatto cenno sopra, non fa altro che amplificare le distorsioni del sistema e ad allontanare la cosiddetta “base associativa” dai curatori eletti dei propri interessi. 

E se la crisi di un altro tipo di associazioni, quelle sindacali (soprattutto dei grandi sindacati nazionali confederati), è oggetto di osservazione da anni, proprio a partire dalla critica avanzata dalla base dei lavoratori che i vertici associativi non fanno più gli interessi degli associati “sempre, comunque e ad ogni costo”, l’esame di maturità delle associazioni di categoria (e anche delle altre associazioni di secondo livello) è arrivato in quest’epoca di Covid. Un esame duro, che forse ha colto qualcuno impreparato, certo, ma ha anche trovato tanti “personaggi” che hanno pensato, trovandosi tra l’incudine e il martello, di allinearsi alle posizioni più popolari e a quelle politicamente più forti, stabili e “sostenute”. Facendo spallucce ad ogni nuovo DPCM, buon viso a cattivo gioco di fronte ad un Decreto o a un’Ordinanza e provando a tenere a freno gli associati più scalpitanti e recalcitranti rispetto alle imposizioni dure, a volte estreme, dei “Governi della Pandemia” (basti pensare al trattamento riservato a bar, ristoranti e pubblici esercizi, per capirci), le associazioni di categorie sono sembrate più preoccupate di non dispiacere, e di non infastidire, chi stava dettando le regole del gioco, anziché portare con forza e con tutte le ragioni del caso le istanze e le esigenze (di vita o di morte commerciale, a volte) dei propri associati. Tutto il mondo degli “enti di mezzo”, in verità, si è posto in questo modo: a volte servili, molto (o troppo?) spesso accomodanti, hanno forse mostrato una politicizzazione molto più estrema di quanto si potesse, già prima, pensare. E come per la politica nazionale, che ha nel 2023 il primo grande check point con i propri elettori, chissà che non ci sia presto qualche rivoluzione interna anche in questi enti rappresentativi del mondo dei lavoratori, commercianti, imprenditori e cittadini produttivi a qualunque titolo, in vista di un futuro nel quale si possa tornare a suonare ciascuno la propria parte, come in un concerto d’orchestra, anziché essere costretti ad ascoltare un noioso coro all’unisono, monocorde e monotono.

Duilio Volt

 

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