I ”Visitors” sono tra noi (e, in realtà, sono fin troppo terrestri!)

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Chi ha qualche annetto sulle spalle, come il sottoscritto, probabilmente ricorderà una serie televisiva del genere “fantascienza” dal titolo “V – Visitors”, andata in onda in Italia verso la metà degli anni ’80 e oggetto di un recente “remake” del 2009. Questa la trama per sommi capi. Decine di dischi volanti giungono sulla Terra e si fermano sopra le principali città del nostro pianeta. Gli alieni prendono contatto con i terrestri e, come spiegazione per il loro arrivo (ovviamente, “in pace”), si dicono bisognosi di alcune risorse che sul loro pianeta di origine stanno esaurendosi (sostanze chimiche inutili per i terrestri ma vitali per loro). In cambio, i “visitatori” assicurano il loro contributo scientifico alla soluzione di gravi problemi e malattie che affliggono l’umanità (il cancro, in primis). 

Qualcuno, però, mette in dubbio la narrazione relativa all’arrivo degli alieni e alle loro intenzioni e scopre una realtà agghiacciante e pericolosa: gli alieni sono in realtà dei rettili, celati da un aspetto umano, che si cibano di animali ancora vivi, giunti sulla Terra per appropriarsi dell’acqua (ormai carente sul loro pianeta) e, perché no, per portarsi dietro anche un po’ di “sushi umano”, tanto per sfamarsi durante il lungo viaggio di ritorno. Un gruppo di persone, quindi, prende coscienza dei rischi dell’invasione per l’intera razza umana e organizza una sorta di resistenza, scontrandosi però con quella parte di persone che credono alle buone intenzioni dei visitatori e, ancor di più, con coloro che si pongono come veri e propri “collaborazionisti” dei nuovi dominatori, anche contro gli interessi della stessa razza umana. Tanto più che i “visitatori” conoscono bene l’importanza dei mass media: appena possibile, infatti, creano un “ufficio stampa” gestito da giornalisti terrestri famosi e amati dal pubblico, con l’intento di far passare un unico potentissimo messaggio: noi veniamo in pace, per migliorare la vostra società e per aiutarvi; chi ci combatte, quindi, non compie alcun gesto di resistenza, bensì è da considerare semplicemente un terrorista.

Non vado oltre per non spoilerare il seguito a coloro che avranno il desiderio di vedere tutti gli episodi della serie. Voglio, però, condividere alcune delle sensazioni e dei pensieri che hanno riportato alla mia mente i ricordi legati a questa produzione proprio mentre cercavo ispirazione sui temi del magazine di apertura del 2023. Ho pensato a quest’epoca delle emergenze planetarie, delle “minacce oscure” e palesi, delle grandi crisi, attuali e prossime future (addirittura “già previste”), che costringono intere popolazioni a considerare, come mai prima d’ora, di cedere quote sempre più consistenti di libertà e di autonomia a beneficio della collettività, della sicurezza e del futuro radioso che, ci assicurano, aspetta tutti noi. Ho pensato ai generosi “filantropi” e a quelle categorie di professionisti, scienziati e politici, che dichiarano e proclamano buone intenzioni e grandi opportunità per tutta l’umanità ad ogni pie’ sospinto, anche a costo di “piegare” la resistenza di quella parte di umanità stessa che dubita, non si fida e, cosa più assurda, non accetta di “beneficiare” di tutta questa bontà e generosità. Ho pensato ai mass media e ai social media, sempre più al centro di un furioso dibattito legato alla “libertà di parola” e sempre più additati come strumento di mera propaganda anziché di fruibile e significativa “informazione”, che sono andati ben oltre le lottizzazioni politiche e le aree di influenza di un recente passato, arrivando a rappresentare quasi una voce unica e univoca, fonte di verità e degna di fede assoluta, con tutte le conseguenze del caso.

Ho pensato all’Unione Europea, alla NATO, all’ONU, all’OMS, ai BRICS; a tutte queste organizzazioni sovranazionali, “aliene” nel senso etimologico del termine, entità che sempre più spesso si intromettono nella vita dei singoli Stati e si propongono come soggetti in grado di “risolvere” problemi e crisi che si presentano, a catena, senza che sia possibile però capire esattamente da dove (e da chi) siano originati. E soprattutto, senza che sia chiaro, ai più, la questione più rilevante: “perché”.

Cassandro Ripitt

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