La mercificazione dello Spirito Natalizio

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Una corsa al consumismo che ha stravolto il periodo dell’avvento

Il giorno di Natale è il più bello dell’anno. È il giorno in cui tutta la famiglia si riunisce attorno ad una tavola imbandita di lasagne, brodo con i tortellini, arrosti misti di carne, verdure in tutte le salse e tre varianti del pandoro. È il giorno in cui si scartano e si consegnano regali. È il giorno in cui si mettono da parte tutti i dissapori e si sta amorevolmente gli uni con gli altri. Almeno in apparenza.

Perché i giorni che precedono il Natale sono un inferno. Come ogni anno ci ripromettiamo di non commettere gli stessi errori per il Natale successivo e puntualmente, ogni anno, ci ritroviamo a qualche giorno dal 25 dicembre con tutti i regali da fare per amici e parenti. Ci ritroviamo in coda al supermercato per comprare gli ultimi torroni o pandori e panettoni. Ci ritroviamo a dover affrontare l’annosa questione che per tutto l’anno abbiamo rimandato: Natale dai tuoi o dai miei? 

E dopo aver rischiato di far scoppiare una guerra all’interno delle mura di casa, dopo aver passato gli ultimi giorni alla ricerca di un regalo che sia plausibilmente accettabile perché gli scaffali dei negozi sono ormai vuoti, dopo aver litigato con la signora anziana più agguerrita della storia per accaparrarsi l’ultima confezione di cappone, finalmente arriva il giorno di Natale. E finalmente, dopo aver passato un anno intero ad allenarsi, arriva il momento per sfoderare il più falso dei sorrisi e dire alla zia che non si vede dall’anno precedente: “grazie! Era proprio quello che mi serviva!” scartando il regalo che finirà tra i regali inutili della zia.

Ammettiamolo dai, si è perso lo spirito del Natale, quello che pone l’accento sull’umiltà e la semplicità espresse dalla simbolica e umile nascita del Gesù bambino. Quello che spingeva tutti ad essere più buoni, almeno per un giorno, più gentili gli uni con gli altri. Quello che ha addirittura dato il via a una serie di “cessate il fuoco” tra i soldati tedeschi e quelli inglesi nelle trincee del 1914. Quello che non faceva arrabbiare se non c’erano regali per tutti perché il regalo era solo simbolico, non una imposizione dettata dalla società consumistica che abbiamo creato.

Questa corsa al consumismo ha stravolto anche le piccole cose che un tempo facevano sorridere, che rendevano desiderabile l’attesa di svegliarsi la mattina del 25 e controllare che Babbo Natale avesse gradito il latte e i biscotti e lasciato qualche regalino. Ecco, qualche appunto.

Il writer Keith Haring dà un’idea precisa di quello che oggi è Babbo Natale. In “Merry X-Mas” lo vediamo sulla croce come fosse il Redentore, ma ha delle x al posto degli occhi e fa la linguaccia a chi lo guarda, allo spettatore. A noi. Keith Haring mischia il sacro con il profano e lo rende ironico. Con questo graffito, l’artista denuncia la totale perdita del messaggio cristiano del Natale a vantaggio del puro ed estremo consumismo. 

Il Natale consumistico è talmente entrato nelle nostre case che anche Andy Warhol ha omaggiato con una stampa il simpatico vecchietto vestito di rosso tanto amato dai bambini. Questa stampa fa parte del ciclo di serigrafie di personaggi iconici realizzate nel 1981 e chiamata Miths. Tra Superman, Dracula e Uncle Sam, Andy Warhol inserisce anche lui, Babbo Natale. D’altronde questa festività era molto cara all’artista che l’ha celebrata in più occasioni, sia con disegni che con illustrazioni che con foto. 

L’aspetto più commerciale del Natale è diventato talmente di uso comune che non stupisce se anche artisti del calibro di Andy Warhol o Keith Haring ne abbiano subito a loro modo il fascino, contribuendo a mercificare lo spirito natalizio che, ormai, è solo un mero lontano ricordo.

Roberta Conforte

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