Anche se spesso si preferisce glissare sulla questione, è un fatto che gli esseri umani sono animali, in particolare appartenenti al gruppo dei mammiferi. Animali con qualche centinaio di migliaia di vita biologica trascritta nel dna che, in buona parte, conserviamo e che, per quanto sembri incredibile, non può essere completamente oscurato e soffocato dagli ultimi 5.000 anni di storia o ancor meno dagli ultimi 100 anni che ci hanno visto progredire come mai prima d’ora, e non solo tecnologicamente parlando. Lo sviluppo di tutte le attività cerebrali più elaborate e la razionalità che contraddistingue l’uomo contemporaneo rappresentano, comunque, solo un pezzetto di quello che siamo veramente. E dovremmo ricordarcene in tutto quello che siamo e che facciamo. Perfino nel rapporto che c’è tra uomo (essere umano, in generale, ma in particolare per quanto riguarda il maschio della specie) e potere.
Nei branchi di mammiferi, soprattutto carnivori, che conosciamo, le dinamiche di potere e le gerarchie interne sono definite prevalentemente da rapporti di forza. Forza fisica, forza bruta, forza che si tramanda anche geneticamente (motivo per cui, in quel mondo, il maschio dominante tende ad avere maggiori occasioni di riprodursi degli altri maschi del gruppo) e che quindi crea anche delle vere e proprie dinastie di comando all’interno di questi raggruppamenti di animali della stessa specie (chi non ha visto almeno una volta il Re Leone?). Con tutta probabilità, queste dinamiche hanno caratterizzato anche la vita “sociale” dei primi esseri umani. O almeno fino a quando non sono arrivati i soldi (o più in generale le ricchezze) e non è stato possibile iniziare ad accumularle, trasformandole in patrimoni, per lo più trasferiti poi in via ereditaria.
Se osserviamo con attenzione, vediamo come la stessa ereditarietà dei patrimoni e delle ricchezze “emuli” il trasferimento ereditario dei “geni” migliori, quelli più forti, arrivando così a sovrascrivere, sempre di più, dall’antichità ai nostri giorni, i meccanismi e le dinamiche di gestione del potere tra gli esseri umani. Con tutta probabilità, per una parte della preistoria e della storia umana antica, le risorse e le ricchezze erano detenute anche da uomini dotati di forza (non solo fisica) e di altre qualità che permettevano loro di primeggiare nella lotta o in battaglia contro gli altri. Poi, però, progressivamente, di generazione in generazione, questa accoppiata forza/potere, proprio per il tramite della ricchezza, ha cominciato a produrre alcune “difformità”, fino a giungere ai nostri giorni dove potremmo trovare agevolmente numerose situazioni in cui il potere o il comando è detenuto nelle mani di esseri umani tutt’altro che prestanti e forzuti o dotati di straordinarie qualità (no, non ce la farete a farmi tirare fuori neanche un esempio in merito… non sparo sulla croce rossa!).
Per assurdo, il potere esercitato attraverso il denaro, per esempio, soprattutto da successive generazioni che non devono “combattere” per ottenere le ricchezze già possedute, tende a “debosciare” e a rammollire chi si trova la pappa pronta, cosa che di certo non avveniva quando il comando si otteneva solo dopo aver sconfitto il precedente maschio dominante. Se questo da una parte risulta deleterio (nell’ottica dell’ereditarietà del potere), dall’altro permette ad altri essere appartenenti al gruppo della specie umana, di “lottare” per conquistare il potere (nel caso specifico, accumulando ricchezze e denaro) salvo poi detenerlo e cederlo ai propri discendenti (con gli stessi rischi di rammollimento di cui sopra). A mio parere, il vero problema della sostituzione della forza fisica con la ricchezza, risiede nell’assenza di un adeguato “turn over” al comando. Il potere espresso dalla massima prestanza fisica e il dominio esercitabile sul resto del branco, ha un suo naturale “ciclo di vita”, destinato ad esaurirsi per ragioni biologiche e fisiologiche che dettano, così, il ricambio al vertice. Questa cosa, purtroppo, è completamente diversa per il potere espresso attraverso la ricchezza perché questa, a meno di dilapidazioni e sfortune varie, può permettere anche ad un uomo vecchio e mal ridotto, di continuare a mantenere e a gestire, e per molti anni, un potere enorme a discapito, chiaramente, delle precedenti dinamiche di turn over. Dinamiche capaci di garantire, nel regno animale, la “precedenza ai migliori” (cioè, a quelli oggettivamente migliori, non auto proclamatisi tali).
Ci potremmo trovare di fronte, quindi, ad un processo potenzialmente entropico di una specie che, rinunciando al miglioramento continuo, dettato da parametri oggettivi e dimostrabili (combattimento diretto tra maschi dominanti), potrebbe farci precipitare, in un tempo più o meno lungo, a rango di specie debole, fino ad una ipotetica estinzione. Contemporaneamente, però, l’aspettativa è che nel momento in cui il valore del potere “esogeno” (risorse e denaro) dovesse perdere terreno rispetto alla forza fisica e alle qualità delle singole persone, la legge del più forte (nel senso “naturale” del termine) tornerebbe a prevalere nelle dinamiche di gruppo, riportando non solo ordine nel sistema ma ricordando anche a chi oggi pensa di potersi permettere qualunque comportamento, incluse angherie e abusi, prepotenze e violenze, a discapito dei propri simili, che chiunque, messo faccia a faccia con un proprio simile, potrebbe trovarsi a dover fare i conti con la legge del più forte, non potendo nemmeno invocare le proprie ricchezze e il proprio potere “patrimoniale” per affrontare questa (ultima?) sfida.
Nemo