Il tempestoso mare delle verità di comodo è sempre minaccioso

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Quando “Arancia Meccanica” uscì al cinema, per un periodo fu censurato in molti Paesi occidentali. Il motivo? Il film era troppo violento. Ed era così immersivo che spesso, in giro per le maggiori città europee, poteva capitare di vedere bande di bulli vestiti esattamente come i “Drughi” del famoso film di Stanley Kubrick. Tuttavia, questo capolavoro del cinema era talmente potente, da un punto di vista visivo ed emozionale, che nonostante la censura divenne in poco tempo uno dei titoli più famosi ed importanti della storia del cinema. 

La censura è un’arma a doppio taglio. Ma è pur sempre un’arma. Che può legare o slegare un popolo. Questo le grandi potenze mondiali, sull’orlo di una crisi internazionale quasi senza uscita, lo sanno benissimo. 

Ricordo perfettamente i titoli di tutti i giornali quando Kabul fu bombardata dagli Stati Uniti. L’11 settembre 2001 fu il pretesto per scatenare un innesco pericolosissimo. Gli Stati Uniti, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, convincono il mondo che nel Middle East hanno delle bombe pericolosissime. Dichiarano inoltre di essere degli esportatori di democrazia e di pace. Gli Stati occidentali non mettono alcun freno. Ecco quindi che gli USA bombardano Kabul. È l’inizio di un conflitto lunghissimo. Dall’attacco di Kabul hanno perso la vita migliaia di civili. Bambini innocenti. Quel che rimane di questo conflitto è la RITIRATA degli ultimi mesi dell’esercito americano. In tutto parliamo di più 172 mila (!) morti. Una figura di merda mondiale. Non tanto per l’esito del conflitto, affatto scontato (gli americani escono sconfitti sulla stampa mondiale), ma per la follia del voler attaccare un popolo per arrivare alla pace con convinzioni assolutamente false. Una contraddizione in termini. Le armi chimiche, laggiù, non c’erano. Attualmente quei Paesi in cui la democrazia doveva vincere sono in mano al caos. Chi comanda adesso laggiù? Perché non se ne parla più?

In questo ventennio di guerra solo in alcuni frangenti specifici si è dato il giusto risalto al conflitto nei media nazionali. E nell’intero periodo della Pandemia (quasi tre anni), della guerra in Middle East si è parlato pochissimo. Se non per nulla. Le guerre portate avanti in questi anni, unite alle “operazioni militari speciali” (per usare un termine di Putiniana memoria) hanno una correlazione diretta con gli attentati avvenuti in Europa. Vedi il Bataclan e gli attentati di Nizza. E ancora: l’Italia, con molti dei Paesi Europei, fu protagonista nell’intervento militare internazionale avvenuto in Libia a partire dal 19 marzo 2011. L’operazione era stata ufficialmente svolta per tutelare l’incolumità della popolazione durante la guerra civile in Libia. Da una parte c’erano i ribelli, dall’altra le forze lealiste a Mu’ammar Gheddafi. 

Il tutto si concluse con la morte di Gheddafi. 

Di questo episodio importantissimo non si parla già più. 

Perché? Cosa sta succedendo, ora, in Libia? 

Si, va bene, ma la guerra in Ucraina, direte voi, è un’altra cosa, perché si trova in Europa. 

Non prendiamoci in giro: la guerra è guerra dappertutto. È una scelta troglodita che va condannata a prescindere da chi la compie. E in virtù di quella democrazia che tanto ci contraddistingue, il nostro dovere è quello di analizzare i fatti con obiettività e buonsenso. 

Altrimenti il rischio è quello di tornare ai tempi bui del novecento. 

Dove non esistevano più zone grigie, ma solo le estremità più profonde del bianco e del nero. È una deriva che abbiamo già provato sulla nostra pelle. Non possiamo tornare così indietro. 

Ha fatto scalpore quanto accaduto in questi giorni a Milano, dove un corso su Dostoevsky era stato (temporaneamente) sospeso. Ha fatto molto rumore anche l’annullamento di alcuni siti di informazione russa su alcuni dei principali Paesi Europei. 

Fa rumore anche la chiusura di Twitter e Facebook in Russia. Fa parecchio rumore. 

Ma se è vero che raccontiamo la verità sui nostri canali di informazione e se è vero che siamo un popolo democratico, per quale motivo annullare i canali di informazione russi?

Dicono il falso? Accusano l’Occidente? Perché? 

Non sarebbe interessante capire e analizzare per poter contraddire, prima ancora che censurare? 

Che la Russia stia conducendo un’operazione sciagurata pare ovvio. Al contempo, però, è fondamentale non aumentare l’odio razziale e la rabbia. Sarà importante, quando tutto questo sarà finito, capire cosa abbia potuto innescare una tragedia così grande nel 2022. E poi sarebbe carino anche chiedere agli Stati Uniti a cosa ha portato una politica così guerrafondaia negli ultimi 40 anni. L’Europa non crede più nei valori della guerra, lo sta dimostrando. E gli alleati?

Il diritto di analisi, del fugare ogni dubbio, dell’informarsi… Questo non deve mancare mai in un Paese veramente libero.   

Nel frattempo, recuperate il capolavoro di Bernardo Bertolucci, “Ultimo tango a Parigi”. Guardate questa pietra miliare della storia del cinema. La censura avviò un procedimento penale contro questa pellicola, che sfociò nella condanna al rogo il 29 gennaio 1976. Nel 2002 L’American Film Institute lo inserì al 48° posto della lista dei 100 migliori film sentimentali di sempre. 

La censura è sempre figlia del suo tempo. 

Ma non è mai la madre dei tempi che vivremo. 

Marco Cassini

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