Astratta o concreta la paura risiede nella coscienza dell’uomo
Nella storia dell’Arte molteplici sono i dipinti che ritraggono scene spaventose ed inquietanti. Il tema dell’orrore, della paura, dell’ansia e della sofferenza è stato indagato a fondo dagli artisti di tutti i secoli, dal Rinascimento all’Impressionismo, passando per la Street Art, utilizzando tecniche e stili differenti..
Fin dall’antichità troviamo numerose rappresentazioni di esseri mitologici e mostruosi, prima fra tutti Medusa che trasforma in pietra chiunque la guardi. Solitamente viene rappresentata con la sua grande bocca ghignante dalle zanne sporgenti, la grossa lingua ben in vista, gli occhi spalancati a mandorla e i capelli a forma di serpente. Spesso il volto di Medusa era utilizzato sui tetti dei templi greci ed etruschi, proprio perché, nonostante il suo aspetto pauroso, come tutti gli esseri mostruosi dell’antichità, il suo scopo era quello di proteggere dai malefici.
Ma la paura non è un sentimento che viene scaturito solo dalla vista di esseri mitologici e mostruosi. A suscitare quel senso di paura possono essere anche sensazioni o incubi a cui l’uomo risponde con comportamenti diversi. L’arte è proprio il mezzo tramite il quale si sono potute esternare queste sensazioni che hanno prodotto capolavori, come “L’incubo” di Johann Heinrich Füssli realizzato nel 1781. Dallo sfondo cupo e buio si stacca l’immagine di una donna vestita di bianco che, abbandonata in un profondo sonno, sta facendo un incubo. L’incubo le si palesa accovacciato sul suo petto e le toglie il respiro. In penombra si intravede anche la testa di una cavalla, con gli occhi spalancati e vitrei, che rappresenta l’ignoto e la paura che si prova durante le manifestazioni di incoscienza.
Se si parla di paura e angoscia, non si può non annoverare Frida Kahlo, i cui dipinti sono un misto di inquietudine, dolore e malinconia. Come “Bambina con maschera di morte” realizzato nel 1934. Frida raffigura una bimba che indossa una maschera per la celebrazione del giorno dei morti in Messico. Tra le mani tiene un fiore che viene spesso portato in offerta ai defunti. Ai piedi della bimba, a destra, si trova una seconda maschera raffigurante una tigre, simbolo di sacrificio che dà la vera chiave di lettura del dipinto: un rimando all’esperienza dell’aborto. È un’immagine inquietante che trasmette tormento e terrore. È l’immagine della morte su una bambina innocente. A causa di una malformazione pelvica dovuta ad un incidente nel quale fu coinvolta da giovane, non riuscì mai a portare avanti le gravidanze e subì diversi aborti spontanei. Frida non ebbe mai figli e questo fu uno dei suoi dispiaceri più grandi, più volte espresso nelle sue opere.
Ma la paura non sempre è scatenata dall’ignoto. Una paura concreta è quella della guerra. Salvador Dalì nel 1940 realizza “Il Volto della Guerra”, che rappresenta gli orrori e le morti causate proprio dalle guerre. Un volto enorme, spaventoso, corrugato in una smorfia di dolore e disperazione, occupa tutto lo spazio pittorico e si staglia dallo sfondo che rappresenta un paesaggio desertico. Nelle orbite oculari e nella bocca sono inseriti dei teschi che a loro volta ne racchiudono altri. Serpenti minacciosi si lanciano in avanti e avvolgono il viso. L’artista con questo dipinto evidenzia la distruzione causata dalla guerra. È una tela che assume un carattere universale. I teschi sono replicati all’infinito: è come se questo continuo rimando alla morte stia a simboleggiare la perenne presenza della guerra nel destino dell’umanità.
Che sia astratta, concreta, reale o immaginifica, la paura risiede nella coscienza dell’uomo e l’arte è solo uno dei meravigliosi mezzi tramite i quali è possibile esternarla, trasmettendo ai posteri capolavori dal valore inestimabile.
Roberta Conforte