Verso l’auto-annientamento e la possibile rinascita

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Recensione al saggio di Franco Ferrarotti

Nel saggio Verso l’auto-annientamento e la possibile rinascita (Edizioni Solfanelli), lo sguardo indagatore del sociologo Franco Ferrarotti sviscera la realtà sociale e riflette sui progressi compiuti nelle varie fasi ed evoluzioni storiche, senza disdegnare le contraddizioni che segnano la vita moderna. D’emblée, l’Autore pone in risalto la spersonalizzazione dei valori individuali e collettivi, l’impoverimento sino quasi alla scomparsa dell’aspetto spirituale e della dimensione morale degli esseri umani, impigliati sempre più in un mondo – quello del lavoro – che, greve di nevrosi e inquietudini e sempre più impersonale, li rende ingranaggi di un meccanismo sempre più arduo da gestire. 

Trova qui posto la denuncia della tecnica e della tecnoscienza che con i suoi quotidiani progressi, con l’invenzione e l’uso sempre più frequente, se non addirittura esclusivo, delle macchine-utensili, ha di fatto avviato un rapido e implacabile processo di oblio dell’essere umano e di metamorfosi dall’uomo ad automa deresponsabilizzato. Non a torto, dunque, Husserl può ben dire – e di fatto lo afferma – che la “geometrizzazione del mondo ha decapitato la filosofia”.

In questo scenario tetro, su questo palcoscenico monocolore, ridefinire l’individuo come valore in sé», come «universo singolarizzato» e, per ciò stesso, «unico, irripetibile e irriducibile ad altro» si presenta come un’impresa titanica e la sublimità della teoresi cozza tragicamente contro l’impossibilità della praxis. Onde ne deriva un’incursione nel territorio esistenzialista di Jean-Paul Sartre che, in antitesi con la de-soggettivazione di Heidegger, «ognuno deve costruire da sé la propria libertà come costruisce, decidendo, la propria vita», poiché l’uomo – asserisce il filosofo francese – «non è altro che ciò che si fa». Tuttavia anche Franco Ferrarotti contrasta in un certo senso la posizione teorica dell’esistenzialista francese.

Se per Sartre “l’inferno sono gli altri”, poiché è da questi condizionato, per l’illustre sociologo non si può essere sé stessi senza rapporti con gli altri. L’identità necessita dell’alterità, l’una è correlativa all’altra, l’io non può esistere senza il tu e il monologo deve trasformarsi in dialogo, poiché la parola è scambio e intenzionalità. Pertanto è necessario rafforzare il legame sociale, recuperare la memoria e rinsaldare il passato; bisogna rinnovare l’empatia e rinvigorire la comunicazione, irrobustendola di idee e valori che sono andati persi. È all’uopo, insomma, che l’uomo ricerchi e riscopra la sua vera natura. Nel fare ciò deve (ri)volgersi verso la propria interiorità e (ri)tornare dentro di sé non ego(t)isticamente, ma ripensando l’individualismo nei termini e nel senso dell’orientamento sociale.

Antonietta Florio

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