In un’epoca post traumatica da lockdown, distanziamento sociale e divieto (e rifiuto) di ogni forma di aggregazione e ammucchiata umana, con il prezzo dei carburanti in costante e repentino incremento e con i costi aziendali relativi alla voce “materie prime” in crescita incontrollata, pensare seriamente alle vacanze, così come si intendevano nell’era a.C. (ante Covid), sembra sempre più improbabile, oltre che improponibile.
A queste condizioni, molte persone potrebbero quasi desiderare di riposarsi e magari addirittura divertirsi, senza doversi muovere di casa, o con il minimo degli spostamenti necessari, purché in giornata e senza pernottare in strutture affollate e “pericolose” (economicamente ed epidemiologicamente parlando). Non mi riferisco di certo agli scenari da “Ready player one” ipotizzati ed esaltati dai promotori del “metaverso” by “Marcolino” Zuckerberg, ma in ogni caso ad una nuova forma di generalizzata (quanto forzata) repulsione per quelle ferie capaci di prosciugare in meno di due settimane il budget familiare solitamente destinato al sostentamento di cinque persone per circa tre mesi.
In realtà, la situazione è ambigua, ambivalente e a tratti paradossale, se pensiamo che a livello di “pulsioni” la maggior parte delle persone vorrebbe, con tutte le proprie forze, “spaccarsi” di feste, festini, relax, uscite, aperitivi, viaggi, soggiorni e qualsiasi altra piccola o grande “dissolutezza” possiate immaginare, proprio in funzione dei due anni di ristrettezze sensoriali, emotive ed emozionali patite e subite. Alla stessa stregua, però, 24 mesi di pressione costante e di paura instillata fin nelle più remote e primitive aree del cervello, non possono non incidere, oggi, sulle scelte di persone e famiglie e sulle “giustificazioni”, rinforzate dal quadro economico e sociale generalizzato, per restarsene a casa, calmi e tranquilli.
E le nostre città? Sono o sarebbero pronte a riconvertirsi in centri “turistici” per i propri cittadini in vacanza “light” e con morigerate abitudini (e possibilità) di spendere e spandere in frivolezze e leggerezze varie ed eventuali? Sicuramente, quello che per i consueti luoghi di villeggiatura potrebbe rappresentare un serio problema di sopravvivenza economica, potrebbe di contro presentarsi come una nuova (e grande?) opportunità di business e di rilancio economico per altre località. Attenzione: non parliamo di città d’arte o turistiche per vocazione che, comunque, in un simile nuovo contesto dovrebbero imparare ad accogliere i propri cittadini, molto diversi per esigenze, aspettative e pretese, dai turisti stranieri che vengono ancora in Italia a cercare la “Bella Vita” e gli “spaghetti alla bolognese”. Si intendono qui quelle città, tipo Frosinone, Gallarate, Guidonia, Avellino, Zagarolo e similari (solo per fare qualche esempio), che dovrebbero, molto probabilmente, costruire da zero non solo le attività ricreative e di intrattenimento tipiche di una località di villeggiatura (e per cittadini “turisti” che stanzieranno non solo una settimana, ma a quel punto, in questa nuova veste, per tutta l’estate) ma anche la “mentalità”, l’imprenditorialità e un nuovo patto tra pubblico e privato necessario a garantire il supporto istituzionale (e tutti gli alleggerimenti burocratici del caso), strumentale, strutturale e infrastrutturale, per dare vita (e un nuovo volto) a città da sempre vestite solo del proprio abito da lavoro e, al massimo, di quello della festa, la domenica.
Si fa sempre più un gran parlare di città “smart”, digitalizzate e super tecnologiche, ma forse, oggi come oggi, le persone, anche gli stessi cittadini operosi e impegnati nelle incombenze quotidiane per 350 giorni all’anno, avrebbero bisogno, per almeno un paio di settimane, di attenzioni, calore, accoglienza e sano svago, garantito dalle tasse che pagano e dalla buona volontà di amministratori pubblici e illuminati imprenditori, capaci di collaborare tra di loro veramente e finalmente. La realizzazione piena di un “diritto dei cittadini”, da godere perfino a casa loro, nei propri paesi e città, senza la necessità obbligata di doversi indebitare ulteriormente per riappacificarsi con il proprio benessere psico-fisico.
Marti MecFlai