La comunicazione dei nostri tempi si basa sui titoloni acchiappa-like, ma spesso fanno disinformazione, anche nell’ambito che condividerò adesso: lavoro e sicurezza.
Il mondo del lavoro oggi si è sanamente dotato di una legislazione estremamente dettagliata per tutelare i lavoratori di qualunque settore e in qualunque ambito: ciò ha permesso la riduzione degli incidenti mortali del 70% rispetto agli anni ’70, anche se negli ultimi anni il trend si sta avvicinando ad un asintoto orizzontale. Da questo punto di vista non siamo secondi a nessuno, anzi qualcuno (anche in Europa) si sorprende dell’attenzione mostrata nell’applicazione delle regole al riguardo. In varie occasioni, quando ho mostrato concretamente ad interlocutori esteri i vari processi di implementazione delle regole giuslavoristiche italiane ed europee, ho visto dei visi che trasmettevano meraviglia, a volte accompagnati da qualche distinguo, se non da disappunto dovuto al mio essere ligio alle regole (giuro che mi è successo addirittura con dei tedeschi e dei francesi, invece mi ha meravigliato molto meno quando mi è successo con degli inglesi).
I numeri dicono che siamo nella media europea per numero di decessi per 100.000 lavoratori, con un dato migliore della suddetta media se si considerano solo gli incidenti sul luogo di lavoro (e non quelli per raggiungere il posto di lavoro): si muore purtroppo anche (e, in proporzione, di più) sul percorso fatto per andare in azienda.
E’ un dato di fatto che la doverosa e indispensabile applicazione di quei regolamenti non sia nè semplice, nè economica, ma soprattutto essa non avviene nel 100% delle aziende, pubbliche o private che siano: non viene mai abbastanza sottolineato però che le responsabilità di questa parziale disapplicazione siano condivise tra datore di lavoro e dipendente.
Troppo spesso anche la sola assenza di implementazione delle più elementari regole di comportamento e dell’utilizzo di protezioni antinfortunistiche porta a conseguenze tragiche. La consapevolezza di questi concetti viene sempre più diffusa attraverso i corsi di aggiornamento obbligatori sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma a quanto pare non è abbastanza: quante volte ci siamo imbattuti in colleghi che trovano noioso e inutile partecipare a quei corsi, salvo poi indignarsi dei numeri delle statistiche che periodicamente vengono pubblicate al riguardo?
Quanto sinora scritto descrive il quadro dei Paesi occidentali: se passiamo alle economie emergenti ovviamente lo scenario peggiora drasticamente, ma tutto ciò noi occidentali non dovremmo mai dimenticarlo, soprattutto quando andiamo alla ricerca di prodotti più economici, molto spesso prodotti in quelle nazioni in cui la disciplina giuslavoristica sia alquanto labile, se non quasi completamente inesistente. In quei luoghi già la vecchia legge 626/94 sarebbe un enorme passo avanti, figuriamoci il decreto legislativo 81/08 e i successivi aggiornamenti: da quelle parti un DVR (Documento di Valutazione dei Rischi), piuttosto che l’RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) o il RSL (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) non li vedono nemmeno col binocolo.
Insisto su quanto poco fa indicato: ogni volta che facciamo un qualunque tipo di acquisti la nostra indignazione verso le condizioni di lavoro di certe nazioni non dovrebbe lasciare il posto al solo tornaconto economico personale derivante dal risparmio sul prezzo. La delocalizzazione, pilastro della globalizzazione economica e finanziaria, all’inizio del suo percorso non ha avuto come compagne di viaggio le regole sulla sicurezza del lavoro: eravamo tutti contenti di spendere meno a parità di beni e servizi acquistati (magari non sempre della stessa qualità), ma non ci chiedevamo a discapito di cosa (e di chi…).
Oggi il tema dominante le comunicazioni pubblicitarie è sicuramente la protezione dell’ambiente, ma anche la garanzia delle condizioni lavorative con cui beni e servizi sono prodotti sta diventando un leit motif abbastanza gettonato: sarà questo un modo perché anche nelle più remote zone del mondo siano garantite le minime condizioni lavorative, senza dover più accettare relativi compromessi al ribasso?
Gerardo Altieri