La città sostenibile è il modello di organizzazione che rende gli spazi più efficienti, digitali, vivibili e integrati tra loro, diverse città a livello mondiale si stanno attivando per raggiungere in particolare ridurre l’inquinamento pro capite prodotto dalle città – che indica le loro priorità di intervento, dovranno impegnarsi a migliorare la qualità dell’aria e la gestione dei rifiuti, sviluppare e fornire sistemi di trasporto sostenibili e creare aree verdi pubbliche in modo da rendere gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e green. Le città sostenibili nel mondo sono importanti centri di innovazione, produzione economica, evoluzione sociale, nascita di nuove idee. Uno degli obiettivi della Nazioni Unite è infatti rendere le città più sostenibili entro il 2030: nell’agenda della sostenibilità dell’ONU l’obiettivo numero 11 recita «Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili». È evidente che “la partita” si gioca nella capacità di coinvolgere i diversi livelli istituzionali (Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni, ma non solo) in una visione organica capace di concentrarsi sui punti focali degli obiettivi, utilizzando nel modo migliore possibile le risorse disponibili, sia economiche che umane, per far sì che il gioco di squadra si concretizzi nei diversi “Goals per uno sviluppo sostenibile volto a porre fine alla povertà e a proteggere il pianeta, assicurandone la prosperità condivisa, entro l’anno 2030. Tutti i 193 Paesi aderenti si sono impegnati a inserire, con forza, tali Obiettivi, all’interno dei diversi livelli della propria programmazione economica, sociale e ambientale. Mettere in atto, in forma concreta, la programmazione economica, sociale ed ambientale, significa declinare i principi dell’Agenda 2030 di sviluppo sostenibile dell’Unione Europea, a loro volta discendenti dagli obiettivi strategici dell’Agenda 2030 dell’ONU (SDGs). A tal fine la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) delinea una visione di futuro e di sviluppo basata sul valore condiviso della sostenibilità, quale strumento atto ad affrontare le molteplici sfide che ci attendono. I temi dell’Agenda e i SDGs devono costituire la “guida” per la realizzazione delle iniziative locali e regionali mantenendo la coerenza e l’integrazione con le strategie nazionali e sovranazionali in quanto gli Obiettivi hanno carattere universale, rivolgendosi sia ai paesi in via di sviluppo che a quelli paesi avanzati.
L’Italia ha avuto un ruolo fondamentale nelle diverse fasi che hanno portato alla definizione dell’Agenda 2030, continuando a svolgere un ruolo rilevante, cercando di sviluppare strumenti atti a integrare lo sviluppo sostenibile nella politica del Paese. Queste azioni hanno riguardato diversi aspetti, dalla stesura della già citata Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (quale punto di partenza per istituzioni e società civile nel percorso attuativo che si protrarrà sino al 2030 nonché quadro strategico di riferimento delle politiche settoriali e territoriali in Italia), all’inclusione nel Documento di economia e finanza e nella programmazione della politica economica del Governo, di indicatori di Benessere equo e sostenibile. L’ambito regionale e sub regionale entra, quindi, in gioco, in quanto elemento di coordinamento tra le agende statali e locali, alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Puglia) si sono attivate in prima istanza, dimostrando una crescente attenzione all’argomento, in altri casi si è proceduto in forma più frammentaria, con modalità e finalità diverse. Tale strategia riconosce che gli SDGs si devono inserire in un contesto mondiale sempre più urbano, in quanto più della metà della popolazione globale vive attualmente nelle città, la vita urbana è, quindi, diventata la norma in vaste aree del mondo, con una tendenza determinante, in particolare in Asia orientale, Asia meridionale e Africa sub-sahariana, dove si concentra la maggior parte della povertà estrema. Pertanto l’urbanizzazione rappresenta una delle maggiori e più problematiche sfide del pianeta, offrendo, di contro, enormi opportunità per promuovere lo sviluppo sostenibile. La Strategia regionale dovrà operare per sostituire gli attuali modelli di consumo e produzione, insostenibili e contribuenti in modo determinante al cambiamento climatico e al degrado ambientale, pur non dimenticando che le città ospitano la maggior parte delle imprese e dei mercati mondiali, promuovendo lo sviluppo delle innovazioni tecnologiche. Il livello locale è quindi fondamentale per migliorare la qualità della vita negli ambienti urbani e suburbani; gli SDGs forniscono una risorsa per uno sviluppo urbano più equilibrato ed equo, offrendo una serie di obiettivi integrati che possono aiutare a realizzare una visione più sostenibile dello sviluppo. La sostenibilità delle città e la loro importanza per l’evoluzione globale, pone gli amministratori locali di fronte alla scelta di politiche che offrano pari opportunità a tutti gli abitanti, promuovano ambienti di vita sani con accesso agli spazi verdi, oltreché alla necessaria resilienza ai disastri e ai rischi climatici sempre più incombenti. Chiaramente il livello locale deve tenere conto delle peculiarità con cui si è sviluppato un Paese (inteso come nazione) in termini di distribuzione della popolazione sul territorio; la grande frammentazione in comuni, tipica dell’Italia, ma ancor più del Piemonte, può costituire un ostacolo all’attuazione delle politiche di sostenibilità in quanto non sempre l’amministrazione locale è in grado di affrontare temi di così ampio respiro, sia per mancanza di risorse economiche che umane infatti, “La sostenibilità sociale è la soddisfazione continuativa nel tempo dei bisogni umani basilari, cibo, acqua, riparo e delle necessità sociali e culturali di più alto livello come sicurezza, libertà, occupazione e svago”. Il termine sostenibilità, col passare degli anni, ha assunto un ruolo sempre più centrale nella cultura umana. Da un’origine di natura ambientale, passando per ambiti economici e sociali fino a raggiungere tematiche istituzionali. Il percorso epistemologico di questa nozione è stato in continua evoluzione, e lo è ancora oggi. Il concetto di sostenibilità, nella sua dimensione ambientale, è stato presente nella storia dell’umanità sin dalle sue origini. Molte civiltà e culture di tutto il mondo hanno sempre cercato di gestire il rapporto natura-uomo. A partire dal XVIII secolo, tuttavia, si cominciò a sviluppare la concezione moderna di sostenibilità, nella quale non si parlava esclusivamente di una tematica ambientale quanto piuttosto del suo legame con l’economia e la società.
L’industrializzazione, con il cambiamento dei processi produttivi, diede l’inizio ad un modello economico lineare, ancora oggi presente, basato sulla crescita infinita. Un sistema che chiaramente privilegiava il settore economico causando esternalità negative sull’ambiente. All’interno di questo contesto nacquero i primi contributi di critica verso la società industriale. Diversi intellettuali ed economisti dell’epoca, sottolinearono l’impossibilità di prospettive di crescita di lungo periodo. In particolare, nella letteratura, si rimanda spesso alla figura dell’economista Malthus, e al suo scritto An Essay on the Principle of Population 1798. Qui, l’autore sottolineò come l’incremento demografico, essendo temporalmente più rapido, avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con la conseguente diminuzione progressiva dello stock naturale, fino a giungere all’arresto dello sviluppo economico. Era convinto della “questione ambientale”, ovvero del fatto che esistano limiti fisici e ambientali alla crescita infinita dei sistemi economici. L’opera di Malthus fu il primo passo nel percorso che ha portato, durante la seconda metà del Novecento, alla definizione del concetto di sostenibilità l’obbiettivo era la ricerca sempre di nuove tecnologie per soddisfare il crescente bisogno dell’uomo, andando anche oltre i limiti delle risorse naturali. Tendeva quindi verso la cosiddetta sostenibilità debole. L’economia ecologica, invece, considerava l’economia come un sottoinsieme dell’ecosistema, all’interno del quale il capitale naturale doveva essere tutelato e non poteva essere sostituito da elementi tecnici/tecnologici, il cuore di questa filosofia è quel concetto già espresso di capacità di carico della Terra: l’azione dell’uomo deve avvenire entro determinati limiti fisici, in rispetto del pianeta, in contrapposizione all’economia ambientale, tende verso il concetto di sostenibilità forte, ossia al mantenimento dell’intero capitale naturale e delle risorse , all’interno di questa filosofia si cominciò, seppure in maniera embrionale (la consapevolezza definitiva avverrà solo negli anni ’80 del 900) a distinguere il concetto di crescita, intesa come miglioramento quantitativo, dallo sviluppo, considerato come miglioramento qualitativo. Le origini dell’economia ecologica vengono tradizionalmente rintracciate nei lavori dell’economista americano Kenneth Boulding a lui è attribuita la metafora tra l’economia lineare e l’economia ecologica la prima, caratterizzata da consumi infiniti, venne simbolicamente rappresentata con l’immagine del cowboy impegnato nella rapina e nel saccheggio delle risorse naturali; la seconda, invece, venne raffigurata con la personalità di un astronauta costretto a sopravvivere con riserve limitate all’interno di una piccola navicella spaziale. l’allarmante prospettiva che tra il 1990 e 2100, se la popolazione, i livelli di produzione di inquinamento e di consumo risorse avessero continuato a crescere con i ritmi attuali, il pianeta avrebbe presto esaurito cibo e risorse naturali. “Se l ’attuale tasso di crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse continuerà inalterato, i limiti dello sviluppo su questo pianeta saranno raggiunti in un momento imprecisato entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale”.
Gli eventi che maggiormente hanno caratterizzato il concetto di sostenibilià negli ultimi decenni sono , le principali Conferenze ed i relativi trattati promossi dalle Nazioni Unite a partire dagli anni Settanta del Novecento sino ad oggi, è proprio durante queste Conferenze, meglio note come Summit globali, che sono state gettate le fondamenta del concetto teorico e giuridico a livello internazionale dello sviluppo sostenibile. Questi incontri hanno visto l’adesione di numerosissimi partecipanti tra cui non solo rappresentanti governativi ma anche esponenti di organizzazioni, associazioni e rappresentanze sociali. La grande rilevanza del tema ambientale faceva sì che una costante delle negoziazioni in queste conferenze, fosse la presenza di molteplici e spesso antitetici interessi che spesso minavano il buon esito delle trattative, nonostante queste complicazioni, le differenti visioni sono state spesso superate in ottica di un futuro mondiale comune più sostenibile, nel quale solamente un’azione unitaria e organica avrebbe potuto migliorare la qualità della vita delle persone e la qualità dell’ambiente a livello globale. . Il solo agire sinergico di tutti gli esponenti a livello internazionale ha potuto fare sì che si ponesse la dovuta attenzione allo sviluppo di politiche atte ad implementare l’attenzione verso il sociale e la tutela dell’ambiente, argomenti che in tale modo, hanno assunto una rilevanza sovranazionale. A livello generale il merito più grande della Conferenza di Stoccolma è stato quello che, per la prima volta nella storia, fu posto il problema ambientale come argomento di discussione a livello internazionale comune a tutte le Nazioni.
Un cambio di paradigma sostenibile era necessario poiché, secondo quanto emergeva dal rapporto, la maggior parte dei problemi ambientali derivavano da varie cause a livello mondiale. Le principali tra esse erano da una parte l’altissimo tasso di povertà dei paesi del Sud del Mondo ancora non industrializzati e dall’altra, la tipologia del modello di produzione consumistico su cui i Paesi industrializzati avevano impostato le loro economie.
Sebbene gli SDGs siano definiti dall’ONU indivisibili e interconnessi, necessariamente al loro interno posseggono dei valori intrinseci ossia 17 obiettivi secondo questi valori: persone, ecologia e spirito. Questo si traduce graficamente in una piramide, la cui base sono le persone, le quali attraverso il raggiungimento dell’armonia intesa come comunità, possono garantire la felicità dell’individuo. Nel secondo livello viene individuato l’ambiente, in questo caso inteso come ricercare di garantire armonia all’interno degli ecosistemi, poiché vivere in ambienti sani migliora la qualità dei singoli e della comunità; la punta della piramide corrisponde agli obiettivi che sono possibili solamente una volta che quelli sottostanti sono stati raggiunti e che permetteranno di ottenere la “vera sostenibilità”, ovvero: pace, collaborazione e armonia spirituale.
Maria Ragionieri