
Nell’enciclopedia Treccani leggiamo questa definizione per la parola gentleman: «epiteto che nel passato indicò i cittadini inglesi di nascita nobile o anche di nobiltà acquisita, e chi era autorizzato a portare armi, anche se non nobile; talora riferito più genericam. a persona di educazione, aspetto e modi distinti, senza precisa definizione di rango. Oggi ha sign. equivalente all’ital. gentiluomo, ed è riferito a chi, nell’insieme del suo comportamento, ha tratti signorili e perfettamente corretti; con questo senso, è termine noto e usato anche in altri paesi».
Ma nella società odierna, a quante persone potrebbe essere applicata questa definizione?
In una società dominata da social e leoni da tastiera la figura del gentiluomo fa ormai parte di un lontano passato. Oggi vigono la maleducazione e la scostumatezza. Capita raramente che sui mezzi di trasporto venga lasciato il posto a signori anziani o persone cariche di buste della spesa. E attenzione, qui si parla appositamente di persone e non di donne, perché la parola gentlemen non dovrebbe avere un’accezione prettamente maschile. Qui la differenza di sesso non c’entra nulla.
Un gentiluomo o una gentildonna lo sono con chiunque, a prescindere dal sesso. O almeno così dovrebbe essere. Ma nel mio percorso di vita ho conosciuto uomini e donne che di “gentle” hanno poco o nulla a che fare. E non fatevi ingannare dall’abbigliamento. Una persona vestita in maniera impeccabile, pulita ed ordinata non è indice di gentleman. All’apparenza può sembrarlo, ma basta parlarci per capire che l’abito non fa il monaco.
Con la scusa della parità dei sessi sono venute meno anche le buone maniere. La risposta che più mi sento dare ogni volta che provo ad obiettare un modo di fare scortese o un modo di dire scontroso è sempre la stessa: “avete voluto la parità di sesso? E adesso tenetevela”.
Ma la parità di sesso non equivale ad arrogarsi il diritto di essere scostumati e non curanti di chiunque si abbia davanti, uomo o donna che sia. Purtroppo i decenni di lotte per ottenerla hanno portato ad un totale adombramento di quel lato buono del maschilismo tradizionale, proprio, ormai, di pochissimi gentleman rimasti in circolazione.
Potremmo quasi definirlo un paradosso.
Dovremmo allora iniziare a pensare che ognuno di noi ha un vissuto differente, ognuno di noi porta con sé un bagaglio di esperienze che possono essere positive e negative. Proprio per questo quando ci rapportiamo con un altro individuo, dovremmo almeno sforzarci di essere più gentili e non pretendere di avere il mondo ai nostri piedi.
Un gentiluomo o una gentildonna dovrebbero esserlo sempre, a prescindere dal vissuto e dal proprio bagaglio.
Ma questa società che abbiamo costruito ha portato alla nascita dei falsi miti. “Le donne sono in grado di fare qualsiasi cosa, non hanno bisogno di un gentiluomo che le accompagni o apra loro la porta”. Attenzione a non confondere la forza di volontà con la ormai mancanza di buone maniere. Ogni tanto un po’ di gentilezza non guasterebbe.
Non stiamo dicendo che la figura del gentleman dell’antica nobiltà inglese sia un modello da seguire pedissequamente, perché il tempo passa, la società evolve e con essa anche i ruoli.
Cedere il posto sull’autobus, aiutare un anziano a portare delle buste pesanti, aprire una porta, lasciare che le persone escano da un negozio o da una metropolitana prima di fiondarsi dentro.
Sarebbe tanto poter tornare all’educazione ed alla gentilezza, ma la società che abbiamo costruito è questa, una società fatta di bestie che seguono il gregge, con gli occhi fissi sullo schermo di un telefono, pronti ad immortalare uno scivolone per caricarlo sui social ed avere like e follow, pronti ad usare un linguaggio volgare e scurrile perché “le cose le ottieni solo se alzi la voce”, pronti a scavalcare il prossimo pur di arrivare.
Eh sì, sarebbe proprio bello poter tornare all’educazione ed alla gentilezza.
Roberta Conforte