Perché l’arresto di Matteo Messina Denaro non è una notizia ma una sconfitta

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La paura di mettersi contro i potenti

L’operazione dei Carabinieri del Ros ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano, il più grande boss di Cosa Nostra ricercato dal 1993. È il 16 Gennaio 2023 e il boss è stato preso mentre era in Day Hospital alla clinica Maddalena, in pieno centro a Palermo. 

Ma è davvero importante il suo arresto? Sicuramente si, per tutti coloro che vogliono conoscere i segreti delle grandi stragi del nostro Paese. Sicuramente sì, se si pensa che era alleato al clan dei corleonesi di Totò Riina. 

Ma è anche la dimostrazione di quanto lo Stato non voglia davvero fare la guerra alle mafie. Facciamo due conti. Riina è sfuggito all’arresto per 23 anni. Provenzano, per 43 anni. Matteo Messina Denaro 30 anni. Sono quasi cento anni di latitanza in tre. Un secolo. C’è gente che ha visto morire parenti e amici per le guerre di mafia. C’è gente che aspetta un secolo per vedere una parvenza di giustizia in Italia.  

L’arresto di Matteo Messina Denaro, inoltre, avviene nel momento in cui il boss ne ha più bisogno, essendo, pare, molto malato. 

Ora, molti si appresteranno a dire che un nuovo secolo sta finalmente nascendo nel nostro Paese. Che Palermo è “finalmente” libera. L’arresto, che avviene nel momento storico in cui una donna è alla guida del Paese, sembra portare una boccata di aria fresca. Ma è davvero così? 

Se guardiamo oltre la notizia in realtà si tratta solo di un passaggio di testimone. Il tempo in cui l’arresto di Matteo Messina Denaro aveva un senso è passato da un pezzo. Non si è trattato di un arresto celere. Ma di una ennesima beffa, se consideriamo che uno dei più importanti boss di sempre si trovava a Palermo e non in Sud America come suggeriva qualche lettore accanito di fumetti. Non si trovava a Singapore sotto altro nome e dopo aver fatto delle operazioni per modificare la fisionomia del suo viso, come suggeriva qualcun’altro. No. Le cose non sono andate così. Matteo Messina Denaro era a Palermo. E lo sapevano pure i muri. E a Palermo probabilmente è rimasto per gran parte del suo tempo. La città, quindi, lo ha difeso in questi anni? Come fa un boss così importante a essere beccato alla clinica della Maddalena in pieno centro a Palermo? E poi: l’Italia è piccola. I suoi centri abitati sono molto più piccoli e gestibili di moltissime altri Paesi oltre confine. Pensate a Los Angeles: una città di oltre 20 milioni di persone non è Palermo, che ne fa quasi 2 milioni. Se contiamo, poi, che l’Italia ha notoriamente una delle migliori Forze di Polizia al mondo, l’arresto di Mattia Messina Denaro non è forse la dimostrazione di quanto le mafie siano ancora molto presenti e forti a tutti i livelli nel nostro territorio? 

Ma come mai questo fenomeno è ancora così presente? 

Come fa un boss così importante ad andarsene in giro per Palermo dopo 30 anni di latitanza? Una intelligence come la nostra non sapeva che il boss era a Palermo?

Gli italiani si interrogano a più riprese su questo. 

Sicuramente l’aspetto culturale fa moltissimo. Ma fa moltissimo anche la paura. Paura di mettersi contro persone potenti. Paura di aprire un’attività in un territorio di mafia senza alcuna protezione (il famoso pizzo serve soprattutto a questo, a godere di una vita tranquilla, ma con un prezzo da pagare). E qui c’è da interrogarsi anche su quanto lo Stato sia più forte delle mafie. In certi territori le attività preferiscono essere “difese” dalla criminalità piuttosto che dalle forze dell’ordine. Perché?

Poi c’è la paura del futuro: l’Italia fa dieci passi avanti e venti indietro. Siamo un popolo che pensa e ripensa alle possibili conseguenze, spesso torna indietro sui suoi passi. E l’incredibile girandola di governi che si susseguono a un ritmo quasi frenetico ne è la dimostrazione. 

Su Netflix è disponibile una interessante Docuserie di 5 episodi: World’s Most Wanted e racconta le storie di ricercati famosi. Fra questi c’è anche Matteo Messina Denaro. 

È da vedere.

Intanto, l’Italia celebra un arresto che si aspettava da tanto. 

Forse… Troppo. 

Marco Cassini

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