La paura che diventa coraggio
Ci sono cose che nascono per caso e, per caso ma non casualmente, diventano successi, ed è quanto accaduto a La bambina sputafuoco, un romanzo nato sotto forma di esercizio alla Scuola Holden, divenendo poi un esordio folgorante. La bambina sputafuoco si chiama Mina ed ha nove anni, ma anche una brutta malattia; la sua storia, tuttavia, non è triste ma commovente, e soprattutto è intrisa di avventure rocambolesche. Una storia raccontata con gli occhi. Grazie alla sua immaginazione, infatti, il lettore può vedere la paura trasformata nel coraggio di un drago; vede la malattia da una prospettiva diversa, quella giocosa, filtrata dall’ ingenuità e dalla purezza dei bimbi. Mina, poi, ha una famiglia stupenda che le sta sempre accanto, seppur, ognuno a modo suo, a seconda dei caratteri. La mamma e il papà ad esempio, reagiscono in modo molto diverso, quasi all’opposto, forse perché, tendenzialmente, i papà sono quelli che fanno giocare e le mamme quelle che curano le ferite. Non saprei, bisognerebbe essere in grado di calarsi nei panni di quei genitori. Comunque, le avversità della vita sono colpi bassi, che non puoi schivare; devi combattere. La sorellina, invece, è talmente piccola che non capisce bene cosa sia accaduto a Mina, e non ha paura, non prova neanche rabbia, ma certo, durante i lunghi periodi di ricovero, sente la sua mancanza, e reagisce anche lei a modo suo, immagina fortemente:
“Hanno detto che mi crescono i capelli di un altro colore.
Poi.
Puoi scegliere?
Non so ancora.
Scegli blu.
Chiaro.”
La voce narrante è quella di una bimba di quarta elementare, che racconta le sue interminabili giornate in ospedale, dove fa amicizia con un bimbo, che per lei diverrà parte della sua famiglia. Grazie a lui, riesce a colmare i vuoti di quella sua nuova vita, riempiendoli con una fervida immaginazione, curando così la paura e la rabbia. Quel senso di disperazione e smarrimento che nasce spontaneo con il sopravvento di una malattia grave, si insinua come un’infiltrazione, deteriorando ciò che incontra. Occorre tanto coraggio per non marcire, per non appassire. Occorre quel pizzico di incoscienza tipica dei bambini, che non sanno, che non danno mai nulla per scontato, che ti fa spuntare ali di drago e sputare fuoco contro i nemici, e scappare! Scappare è qualcosa di innato tra le forme di gioco dei bambini, soprattutto se chiusi in ospedale dove, a farti visita sono solo i clown e i preti, dove i clown non sempre donano allegria e i preti non sempre regalano pace, anzi, talvolta può capitare esattamente il contrario. Dipende. Dipende da come li guardi, da quale prospettiva li osservi, e se li giudichi.
Mina e Lorenzo imparano a fuggire, realizzando piani fantastici, studiati nei minimi particolari, con addosso il coraggio della paura.
Questo romanzo che vi consiglio caldamente, nasce, come vi dicevo, da un esercizio di scrittura creativa alla Holden, la scuola frequentata dalla sua autrice, la giovanissima Giulia Binando Melis che, con questa storia, ha narrato la sua esperienza modificandola, romanzandola dunque, grazie alla fantasia e a quel bisogno di fuga che, forse, è parte integrante del suo carattere libero e forte e, gioioso.
Alessandra De Angelis