Due lati di una medaglia
Probabilmente dovremo ridisegnare il significato emotivo di questi due termini: il coraggio soprattutto, che viene percepito dai più come sinonimo di audacia, di spavalderia, di sprezzo del pericolo.
Nulla di tutto questo: se andiamo ad analizzare il termine nella sua composizione, forse ci rendiamo conto che si tratta di una parola che nasce attraverso l’unione di due termini.
Queste parole sono “cuore” ed “agio” e quindi, corrispondono ad “avere il cuore a proprio agio”: possiamo concludere, quindi, che il coraggioso è quel soggetto che è dotato di stabilità psicologica con forte risonanza emotiva.
Tale da indurlo a dire le cose, o farle, nel momento esatto in cui un determinato stato d’animo si materializza in lui.
Esemplifichiamo la cosa immaginando di trovarci al cospetto da una piccola banda di malviventi che, in forza della propria superiorità numerica, circonda una donna che cammina da sola e non lascia scampo e che corre il rischio di poter essere aggredita o violentata.
Una persona sola c’è che vede la scena e che potrebbe in quel mentre reagire, prendere le necessarie contromisure, contrastando in qualche modo che il proposito di questi aggressori possa essere portato a termine.
Cosa fa quella persona? Immaginiamo che affretti il passo per non “immischiarsi” volgendosi quindi dall’altra parte.
Evidentemente abbiamo a che fare con un codardo, peggio che pauroso: in lui c’è la pavidità che scaturisce dal bisogno di conservare integra la propria corporeità.
Certamente, quello lo potrà anche conseguire, ma non possiamo pensare che essere stato spettatore di un infame gesto di sopraffazione verso una donna sola, non inquieti la sua coscienza.
Nel qual caso il “pauroso” si troverà ad avere a che fare con un “immobilismo emotivo” che lo indurrà a dare il massimo rilievo al suo desiderio di non venire “contaminato” in qualcosa che “non la riguarda”, salvo poi tormentarsi per aver dimostrato la sua inettitudine, la sua pusillanimità e vergognarsi per la sua inazione.
Oggi il pauroso è la componente della collettività più numerosa: proteso verso la massima del “non impicciarsi” nelle faccende degli altri, chi ha paura, dà continui segnali della sua scarsa volontà di mettere in “piazza” la propria coerenza, il proprio senso della integrità morale.
Il pauroso è attanagliato da un infernale attrezzo che lo paralizza, che lo rende incapace di agire, con giustificazioni che quella persona porterà al cospetto degli altri, quasi volendo compensare che in diverse circostanze sono stati gli altri a non essere stati solidali con lui, che stava attraversando una travagliata circostanza…
Non posso terminare questa mia riflessione, senza soffermarmi a considerare la tragica morte del Dott. Elso Castelli, suicidatosi per cause ancora da definire…proprio in questi giorni.
Il suicidio è un gesto estremo che può venire “inquadrato” come atto che esprime coraggio, perché la persona è riuscita a fare sintesi rispetto a manifestazioni melanconiche che si trascinavano da anni.
Un’altra “faccia della medaglia” ci porta, viceversa, ad attribuire al suicida, una non volontà a vivere e quindi una sostanziale paura avvertita verso l’esistere.
Ma questo aspetto troveremo il modo di approfondirlo ancora altrove.
Ernesto Albanello