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L’incontenibile desiderio di essere riconosciuti

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L’incontenibile desiderio di essere riconosciuti

Ognuno cominciò a guardare gli altri e voler essere a sua volta guardato; e la pubblica stima acquistò valore” afferma J.J. Rousseau nel discorso sull’origine dell’ineguaglianza, dove spiega che l’individuo si è adeguato all’ambiente circostante, dominato dalla competizione, dalla falsità, dall’oppressione e dai bisogni superflui. Da allora, il mondo è cambiato, ma gli individui girano sempre intorno agli stessi meccanismi e, anche nell’era dei social, dove tutti guardavano senza essere visti, ad un certo punto è scattato il desiderio di essere riconosciuti. Perché? Non era meglio spiare? Qualcuno lo fa ancora, spia, nel senso di osservare gli altri, i loro pensieri, le loro immagini private, e non si espone, non li, non dentro quel mondo virtuale, ma fuori, forse. Fuori si sente libero di criticare, sentenziare o giudicare, discutere; si sente libero di parlare di quanto ha visto, osservando il mondo da dietro la maschera dell’invisibilità, che ad un certo punto cade, perché come dice Aristotele, l’uomo è un animale sociale. Questa sua affermazione andrebbe senz’altro approfondita, indagando ulteriormente, ma a proposito di studio, e per rientrare nel mondo dei media, cito Barbara Carnevali, notevole ricercatrice nonché studiosa di Rousseau: “Se tra i greci, nelle corti, nei salotti di Ancien Régime, il privilegio di vedere la propria figura percepita e riconosciuta pubblicamente era riservato a una società raffinata e ristretta, che aveva elaborato un codice di ammissione rigorosamente selettivo, oggi il desiderio di apparire è un fenomeno universale e la notorietà è facilmente accessibile a tutti. […] Tutti possono accedere al loro quarto d’ora di visibilità anche senza possedere alcuna competenza, semplicemente esponendosi e rendendosi più percepibili attraverso i media.” 

Con i media, soprattutto attraverso i social, l’approccio con l’altro non avviene più nel reale bensì nel virtuale, ed è lì, che in questi ultimi anni abbiamo trascorso la maggior parte del nostro tempo. E’ lì, che spiando gli altri, forse anche invidiandoli, ad un certo punto abbiamo sentito il bisogno di farci notare. Come? Esponendoci, sempre più.

Ci esponiamo attraverso le immagini, che spesso sostituiscono le parole, come avviene per comodità, quando anziché esprimere un pensiero strutturato, inviamo solo qualche emoticon. 

Ci esponiamo attraverso il pensiero altrui, condividendo citazioni e aforismi che ci piacciono e che, in fondo, ci rappresentano, o che addirittura, ornano la nostra essenza come un gioiello, facendoci apparire più eruditi di quanto in realtà siamo (ma questo è anche un bene, poiché per mostrarci migliori, conosciamo qualcosa in più).

Ci esponiamo attraverso un nostro pensiero su qualsiasi argomento – la politica e perfino la guerra è sui social media – come gli opinionisti che appaiono in TV. E come gli influencer, ambiamo alla notorietà vendendo noi stessi. Ci hanno abituato – e quindi ci siamo adattati replicandoli -, ai talk show, dove tutto diviene spettacolo, anche la morte, soprattutto la morte. Tuttavia, quando esponiamo un pensiero, digitando parole, sappiamo esattamente di cosa vogliamo parlare? Oppure disquisiamo semplificando?

A volte ci sembra di sapere, ma la nostra conoscenza circa l’argomento di cui vogliamo parlare, quanto è stata approfondita? Forse, per tirare in ballo un altro filosofo importante, bisognerebbe sempre fare una premessa, e dire: “So di non sapere”, come fece lui dinnanzi alla giuria che doveva giudicarlo.  Se l’oracolo di Delfi, parlando attraverso la Pizia, disse a Cherofonte che non c’era nessun uomo più sapiente del suo amico Socrate, il quale ammetteva, invece, di non sapere, e anzi di possedere una conoscenza superficiale, perché, al contrario, la massa si ritiene preparata su tutto?

Solo ammettendo la propria ignoranza inizia il sapere. 

La libertà di pensiero è un onore che deve essere preceduto dall’onere di conoscere ciò che si dice” mi ha scritto una persona sui social, disquisendo, appunto, sul sapere e sulla visibilità a tutti i costi; mi è piaciuta e l’ho fatta mia.

Alessandra De Angelis

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