In un mondo sempre più veloce, chi rallenta è destinato all’estinzione. Siamo schiacciati da questo tarlo che si nutre delle nostre energie, sia fisiche che spirituali, della nostra anima. Bisogna adeguarsi ai ritmi, conquistare un determinato carattere, quello delle donne che sono multitasking per natura.
Siamo in corsa verso una follia distruttiva, ma ne siamo consapevoli? Qualcuno si, e lo leggiamo nei suoi occhi, spenti, tristi, depressi. La depressione, gli attacchi di panico, sono tutti sintomi di questo “rodimento” interiore imposto, ma imposto da cosa? La recente pandemia ci ha costretto a fermarci per un po’, e molti, ormai abituati a questo nuovo metodo di vivere, hanno sofferto come dei drogati in astinenza dal loro veleno, un veleno che apparentemente rendeva la loro vita piena, bella. Tuttavia, mi chiedo quale bellezza può esserci senza un ritmo di vita lento, che non ci costringa a guardare l’ora, che non ci permetta di alzare la testa verso l’alto, di volgere il nostro sguardo al cielo, per stupirci dell’immensità.
<<La bellezza è negli occhi di chi guarda>> scriveva Goethe, e probabilmente si riferiva allo stato d’animo dell’osservatore, ai sentimenti e alle emozioni quindi di chi guarda, alla sua bontà o al suo ottimismo. Se sei nella fase dell’innamoramento, ad esempio, tutto ti apparirà bello e anche possibile.
Ma, a mio avviso, questa citazione, ha anche un altro senso, e peso…, quello di comprendere il potere innato dell’essere umano, quello miracoloso di vedere la magia dietro la realtà. Gli occhi, non vedono solo ciò che oggettivamente c’è, vedono in base ad altro, che va al di là della comprensione prettamente fisica, umana, ma appunto sfocia in qualcosa di spirituale e magico. Forse dobbiamo allenarli? Forse dobbiamo riabituarli a cogliere la bellezza celata dietro alla materia? Se si, come? Uno dei modi potrebbe senz’altro essere la bellezza; in effetti la neuroestetica – disciplina che indaga i meccanismi coinvolti nell’esperienza estetica attraverso lo studio delle scienze cognitive -, cerca di comprendere che ruolo ha la bellezza nel nostro cervello.
«Il colore è un mezzo per esercitare un influsso diretto sull’Anima>> diceva, ad esempio, Kandinsskij e quindi possiamo dire che la bellezza di un quadro, di un’opera d’arte in generale, è nutrimento per l’anima, così come può esserlo anche la bruttezza; se impregniamo la nostra vita, e dunque i nostri occhi nella bruttezza, l’anima muore.
Percepisco questa nostra vita immersa, non nella bruttezza, ma neanche nella bellezza, poiché troppo presi dal nulla, trascinati e coinvolti più dall’apparenza e meno dallo spirito, più dalla visibilità e meno dall’invisibile.
Allora voglio immaginare una rigenerazione che parta dal singolo individuo, che attraverso la consapevolezza riesca a scorgere lo stupore, la meraviglia che occorre per ritrovare la bellezza negli occhi, vuoti, come quelli dei volti di Modigliani. Immagino una rigenerazione che parta dal singolo individuo e che attraverso le connessioni di un inconscio collettivo, possa espandersi a tutti gli esseri umani, per ripristinare i valori essenziali di una vita bella, che non sono quelli della “bella vita”.
Perché se non immagino questo modo di rigenerare l’essere umano, che necessita di essere purificato, ma oserei anche dire resettato, se non immagino il recupero di uno stato di grazia spirituale o di dignità morale, sociale, e politica, i miei occhi non saranno capaci di vedere bellezza.
Immaginare, invece, un recupero di tal genere, mi dona la visione giusta, quella che mi permette di nutrire la mia anima e di riempire i miei occhi, colorandoli.
Alessandra De Angelis