Dal Protocollo di Kyoto alla COP26 è tutto un bla bla bla
“Di questo se ne potrebbe dare infiniti esempli moderni e monstrare quanta pace, quante promesse sono state fatte irrite e vane per la infedelità de’ principi: e quello che ha saputo meglio usare la golpe, è meglio capitato. Ma è necessario questa natura saperla bene colorire, et essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici li uomini, e tanto obediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare”. Così Machiavelli ne Il Principe; ai principati del letterato accosto gli attuali governi e azzardo il pensiero che l’arte di chi detiene il potere è rimasta immutata. È davvero giusto che ad occuparsi di questioni energetiche sia la politica, se poi quest’ultima non si cura affatto di rivolgersi ad esperti veri? Oracolo moderno del cambiamento climatico, è Greta Thunberg, giovane attivista appena maggiorenne, nessun titolo in materia, ma perfetto strumento di comunicazione mediatica utile ad agitare il sentimento popolare. È ormai celebre il monito ai leader mondiali accusati da lei di sterile “bla bla bla”; tuttavia, ora che lo scenario bellicistico nega la possibilità di approvvigionamento energetico, e con i governi che prospettano la possibilità di tornare al carbone, lei dovrebbe tornare a farsi sentire a gran voce (dacché di gran lunga più inquinante del gas), ma di Greta neanche l’ombra. Vittima del suo stesso “bla bla bla”.
La COP26 di Glasgow chiudeva il 12 novembre 2021 con l’obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 100% entro il 2050, ma è chiaro che si tratta di pura utopia; è un nuovo accordo destinato ad essere disatteso similmente al Protocollo di Kyoto e al Piano 20 20 20. La politica sembra andare in senso contrario rispetto all’andamento del mondo; imperversa ciecamente anche davanti ai fatti più evidenti, ignorando o tacendo la geofisica elementare. In Italia si è scelto di investire cifre ingenti per la costruzione di centrali elettriche con l’obiettivo di ridurre le emissioni di Co2, salvo poi eludere l’intento aprendo al riuso del carbone qualora non si riuscisse a coprire economicamente i rifornimenti di gas provenienti dagli Stati Uniti, perché molto più costoso di quello russo, per via dei processi estrattivi.
È del 28 aprile 1975, l’articolo di Newsweek dal titolo “The Cooling World”. Il testo descriveva un significativo raffreddamento climatico del Pianeta: “There are ominous signs that the earth’s weather patterns have begun to change dramatically and that these changes may portend a drastic decline in food production with serious political implications for just about every nation on earth”. Il pezzo fu rilanciato da diverse testate, tanto da avanzare il sospetto di una nuova era glaciale. Possiamo dunque nutrire il dubbio, non del tutto certo, ma largamente evidenziato dai fatti distanti dal bla bla bla, che è sempre forte la tentazione di strumentalizzare il problema energetico, strettamente correlato alla questione climatica, come un costante pericolo per l’umanità, senza occuparsene seriamente.
Virginia Chiavaroli