Rivoluzioni giovanili partono dalle aree interne
È un pomeriggio velato quello che mi accompagna nel giorno dell’incontro con Denisa Rizzuto. Un freddo che non vuole allentare la presa. Ad accoglierci è il circolo Futuro Imperfetto di Pescara, Martina apre le saracinesche del locale che trovo ideale per accogliere i nostri discorsi. È un luogo vivo il Futuro Imperfetto, scosso sempre dalla presenza dei giovani. Echeggia ancora l’atmosfera di un ritrovo della sera precedente, gli arredi e le pareti restituiscono l’energia di un futuro che è già presente, un futuro che freme dalla voglia di raccontare. Entriamo con la consapevolezza che i luoghi assorbono sempre una parte di chi li vive.
Parliamo del Festival dei Giovani dell’Appennino, come nasce?
Il Festival è nato circa tre anni fa, dopo il periodo covid, quando in cinque ci siamo riuniti per dare vita a qualcosa di più fattivo per i nostri territori. Quello che ci ha accomunati inizialmente è stata la voglia di fare, unita alla consapevolezza della crisi delle aree interne. Istituito il direttivo nel maggio 2021, in soli due mesi, abbiamo dato vita alla manifestazione: Festival dei giovani dell’Appennino. Siamo cinque, e nello STAFF insieme a me, Filiberto Ciaglia, Roberta Di Battista, Dora Cichetti e Davide Moscatelli, ma è un direttivo che si sta allargando per comprendere anche tanti altri ragazzi che insieme a noi si occupano dell’organizzazione. L’Amministrazione di Collarmele ci ha dato pieno sostegno, trovando così terreno fertile per le nostre idee.
Perché avete scelto Collarmele?
Filiberto fa parte dell’Amministrazione comunale di Collarmele; il Sindaco, dopo aver appreso del progetto, si è mostrato subito entusiasta. A Collarmele c’era Piazza dell’Orologio che era stata completamente distrutta dal terremoto del 1915 e da poco ristrutturata era stata inaugurata nell’estate precedente al nostro arrivo. Ci siamo detti: quale posto migliore? Un’amministrazione partecipe, un luogo distrutto e ricostruito. Era l’ambiente adatto per accogliere il Festival.
Ti muovo una critica forse scomoda. Partendo dalle considerazioni di Pasolini nel documentario ‘La forma della città’ (1974), noto che Collarmele è tutta nuova. La scelta mi è parsa strana, in controtendenza rispetto all’immaginario consolidato del ‘paese’ che conosce chi vive le aree interne.
Collarmele ha subito ingenti danni dal terremoto del ’15 ma anche grazie al sostegno delle Belle Arti, l’Amministrazione sta cercando di rivalorizzare il patrimonio rimasto attraverso degli studi. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, il Tempio di Santa Maria del Cituro, i Ruderi del monastero di San Nicola, la Torre medievale e la Piazza dell’Orologio. Questo è il luogo che abbiamo scelto, e dal momento che è stata completamente ricostruita, rappresenta per noi un simbolo di rinascita, Collarmele porta con sé l’unione tra antico e moderno. Inoltre, segue le linee dell’anfiteatro, è perfetta per creare confronto.
Che cosa succede durante il Festival?
Di tutto…Durante quella giornata degli sconosciuti entrano in contatto tra loro e riescono a creare sinergie. Noi forniamo solo un luogo mettendoli in contatto, il resto viene da sé. La bellezza delle delegazioni giovanili è la loro capacità di entrare appieno e in autonomia nello spirito del Festival e creano questa rete già attraverso i social. Sono loro a darti la forza per continuare e nonostante gli imprevisti, vedere i ragazzi che ci credono, dando vita a gemellaggi, nuovi progetti, paesi che prendono spunto da altri, restituisce l’idea che quella che stiamo percorrendo è la strada giusta.
È una risposta densa di significato quella di Denisa, avverto un’emozione tangibile e negli occhi il ricordo fresco di quelle mani che si incontrano. La sua commozione mi porta così a chiederle se e quanto crede in una Comunità dell’Appennino. Senza esitazione Denisa:
Sì. E forse presuntuosamente senza voler muovere una critica alle generazioni passate, credo che proprio i giovani saranno in grado di crearla. Ho notato nei giovani l’unione e la volontà di superare barriere che le vecchie generazioni non possiedono. La mia non vuole essere una critica, anzi credo un ragazzo senza l’appoggio di chi ha esperienza forse non riuscirebbe ad avere piena cognizione del problema o delle vie di risoluzione; ma dal canto loro i giovani hanno grande apertura mentale.
Come nasce in te l’amore per il territorio?
Non lo so…
E non te lo sei chiesta?
Ho provato a chiedermelo ma credo sia più un sentimento che ti porti dentro. Sono stata diversi anni fuori, ho studiato a Roma. Tornavo ogni quindici giorni e in quel periodo effettivamente l’ho vissuto meno perché finite le scuole superiori avevo proprio voglia di uscire dal paese, la sentivo una realtà molto piccola. Ma già dopo i primi anni di studio sentivo il dispiacere della ripartenza dopo il fine settimana in Abruzzo. Stavo bene a casa, iniziavo a soffrire la frenesia della città. Poi con il covid sono tornata in paese per restare.
Negli abruzzesi il senso di radicamento verso la propria terra è più spiccato.
La nostra è una regione completa, forse è questo a rendere difficile andare e ambientarsi altrove.
Chi sono i ragazzi che partecipano al Festival dell’Appennino?
Chiunque, e molto spesso sono loro a chiedere di partecipare. Hanno voglia di partecipare anche in pochi, gruppi di quattro o cinque ragazzi, ci contattano e raccontano quello che fanno, magari sono piccole realtà nascenti, ma a quell’entusiasmo non possiamo rinunciare. Altre volte siamo noi ad interessarci, scoprendo magari piccole comunità senza un vero proprio tessuto sociale, proponiamo di creare una delegazione per partecipare al Festival. Con Rendinara è andata così, i ragazzi hanno costituito un gruppo che ha partecipato alla prima edizione, da allora il paese organizza tanti piccoli eventi. È positivo quindi che il Festival possa essere l’innesco per creare aggregazione nei paesi quasi completamente spopolati.
Mi pare di capire che non è tanto cosa fanno i giovani, quanto la voglia di partecipare.
Sì, è questa la chiave: l’entusiasmo, la voglia di esserci.
Parliamo della prossima edizione del Festival dei giovani dell’Appennino.
Per quest’anno intanto abbiamo reso pubblica la data: il 5 agosto 2023 a Collarmele. Il Festival si svolgerà durante l’intera giornata a Piazza dell’Orologio. Vedremo sempre le delegazioni giovanili abruzzesi alternarsi durante il giorno, cercando anche di allargare la rosa delle delegazioni che arrivano da fuori regione. La richiesta di partecipazione da parte dell’Abruzzo è tanta, la difficoltà di quest’anno sarà cercare di non scontentare nessuno, vorremmo accogliere tutti. Stiamo anche cercando di reclutare ospiti di valore che credano fermamente nella causa o che in qualche modo sono legati ai nostri valori. Persone che riescano a darci risalto senza uscire fuori dal contesto della manifestazione.
Qualche nome?
È ancora presto…
Virginia Chiavaroli