
Una sensazione irrefrenabile che noi tutti conosciamo, due azioni che si preoccupano reciprocamente di non morire: si sostengono a vicenda, e con attenzione si voltano, per vedere se l’una ha lo stesso coraggio dell’altra, e allora si, può iniziare una fuga bellissima che diventa un viaggio, o un viaggio che ad un tratto diventa fuga, quando si inizia a scoprire qualcosa che non permette di tornare indietro.
Non conosco personalmente augurio più gradito e quindi degno di essere ricambiato: si ferma tutto quando si parla di mettersi in moto e andare, altro che viaggiare; si entra con un fuoco e con una consapevolezza all’interno di qualsiasi cosa si attraversi, ci si ferma, e inizia una lunghissima distesa, chiamata presente, che è lì, ma che mai come oggi viene ignorata, per paura certo, perché due cose hanno sempre tenuto lontano l’Uomo dalla Felicità: la paura di essere nelle proprie azioni, e la paura di vincere.
Ho imparato, e avrete imparato anche voi, dopo tante fughe, e parlo di fughe vere, che mi hanno visto attraversare più di 40 Stati nel Mondo, che fino a quando non ci si allinea con qualcosa che sembra ti accompagni in ogni istante, pur viaggiando, in realtà, non ci si muove di un solo respiro: si è fermi nella propria prigione che non molla di un solo metro, e tu scappi, scappi, ma sentì un senso di ostruzione perenne al petto, hai un respiro così corto che ti penti di aver preso quell’aereo 1 minuto prima del decollo.
Chissà quanti come te, quanti di quei 165-170 passeggeri, e poi ancora quanti nello stesso scompartimento, o in metropolitana, o nel traffico, stanno cercando con quel viaggio, di capire se si ha davvero il coraggio di viaggiare, o se è solo voglia di capire perché nonostante quell’apparente dinamicità, si resiste, alla vita, ci si oppone, pensando che sia la vita ad opporsi, e quindi si scappa, da un qualcosa che a sorpresa, rimane dentro, e non perdona.
Così si cambia città, vita, religione, compagna, professione, abitudini, ma nulla sembra essere vivo, nulla sembra concedere anche a te un volto sereno, come quello di molti, che sembrano godersi quel momento che a te invece sembra mancare, sembra non arrivare mai, e continui per longitudini, ma non c’è verso, fino a quando, dopo anni, 10-15-20, capisci che quella presenza, non ti abbandonerà mai, e hai due possibilità: o continui a non volerla e a vedere che nonostante tutto è un peso che non si toglie, o ci diventi amico, e da quel momento, cambia tutto.
L’introspezione che non ci insegnano, e forse è un bene, non è fuori dal finestrino, non è in un libro, non è in un pensiero, quello che devi assolutamente trovare prima di caricare la caffettiera ogni mattina, non ha gli stessi occhi di quelle bocche che ti raccontano il nulla, pensando di averti nutrito semplicemente dicendoti ‘Buenos Aires, vai a vivere lì per un po’, ti farà bene’: ma tu scappa lo stesso, ha un senso.
Dimenati, non starci, abbi cura di sentirti vivo, abbattuto, e poi di risalire, di soffrire, di vedere che puoi andare oltre, di abbatterti, di riprenderti, di perdere il controllo e di rientrare, di misurarti in tutto il buio a cui solo tu puoi dare luce, di arrivarci sfinito, di non sottrarti, di prendere il sole e poi tanta acqua, e fallo, se questo è il viaggio; non perché un giorno finirà, per fortuna non finirà.
Fallo perché un giorno mentre cercherei conforto e non ti basterà quello di nessuno, sentirai finalmente la tua voce, che non c’è stata in tanti momenti, non si è fatta sentire quando avevi bisogno, così come non ci sei stato tu per lei, tutte le volte che hai pensato fosse un peso, tutte le volte che l’hai sentita parlare da quella prigione che non hai mai accettato e da cui pensavi dovesse venire a liberarti qualcun altro, e invece dovevi rompere tu, con tutta la forza che avevi, quelle maledette sbarre.
Se hai fatto questo, e lo senti se lo hai fatto, non devo dirti nulla, se invece non lo hai fatto, e senti anche se non lo hai fatto, continua; continua perché non ci sarà nessuno sconto, fino a quando non sarà compiuto tutto questo lunghissimo viaggio, non sarai un gran viaggiatore, cadrai anzi a mare per un si e per un no: ecco perché devi viaggiare, perché in quel mare un giorno, ti ci tufferei tu, per piacere, e mai per dovere.
Giuseppe Percoco