Vivere nella dimensione dell’insieme, implica che i diversi componenti sappiano intraprendere ruoli diversi per rendersi fra loro complementari.
La comunità non è una sommatoria indistinta di persone intercambiabili e fra loro sovrapponibili: se così fosse, ci sarebbero soggetti che si sentirebbero intrusi o ingombranti perché con la percezione di occupare un’area non a loro pertinente.
La comunità, quindi, diventa tale nel momento in cui vive nella consapevolezza che ogni componente trova l’agio necessario per esprimersi, pur nella moltitudine.
Allora diventa una realtà in cammino, perché è composita e sviluppa una interdipendenza.
Prendiamo, ad esempio, un paese che si trova nell’entroterra della nostra regione. Quando ha cessato di essere comunità? Nel momento in cui sono venute meno le funzioni di ciascuno dei suoi abitanti, che erano indispensabili per la sussistenza dell’abitato.
La macelleria, l’emporio di prodotti e generi alimentari, la merceria, la chiesa, l’artigiano, l’agricoltore, la farmacia, la scuola, la locanda, il manutentore del verde, l’ufficio postale il muratore ed altre “diverse intelligenze” rappresentavano il connubio che si intersecava al suo interno e consentiva la vitalità che scaturiva da una autonomia dell’intera popolazione.
Quand’è che i paesi dell’entroterra hanno cominciato lo spopolamento? Nel momento in cui è iniziata la dispersione, in forma progressiva, di nuclei che rappresentavano l’ossatura di un sistema integro, perché coeso tra le sue diverse componenti.
Abbiamo assistito ad uno “sbriciolamento” e non è casuale che, accanto alle emorragie di parti indispensabili al funzionamento del tutto, ha avuto inizio lo smottamento ed il conseguente dissesto idrogeologico che, di frequente, ha reso inabitabile una entità urbana che aveva sfidato i secoli.
Oggi si assiste ad un ritorno nelle realtà urbane a carattere rurale, prima molto antropizzate, perché ci si è resi conto dell’inganno perpetrato da una falsa vita più comoda, ma sostanzialmente insulsa, nei cui interstizi ha iniziato a prendere il sopravvento qualcosa di malvagio e ulteriormente disgregatore di quelle entità senza radici, come la droga, la criminalità, la demotivazione, la depressione, il suicidio, la violenza verso le donne.
Si riuscirà ad invertire un processo che finora appare inarrestabile verso il degrado e quindi verso l’assenza dei punti fondanti per dare vita ad una comunità?
Ernesto Albanello