La salute, un diritto di tutti…o no?

0
45

La sensazione che avverto, è che la stagione dei diritti si stia affievolendo sempre di più e stia subentrando una forma di rassegnazione per cui l’idea di Paese che provvede al cittadino, che avevamo coltivato negli anni passati, deve essere definitivamente archiviata.

Ho letto una affermazione del filosofo Umberto Galimberti che presenta elementi che suscitano inquietudine.

Lui sostiene che stiamo scivolando verso un sistema democratico illiberale e che finiremo per non accorgercene.

Qual è la linea di demarcazione che induce il cittadino, per definizione sovrano, a non sentirsi più tale ed a rassegnarsi ad una forma di vassallaggio?

Nel momento in cui la persona, di fronte ad abusi, a prepotenze, ad arroganze, a spudorati privilegi, non si indigna neppure più e ritiene che, siccome così va il mondo, è saggio adattarsi e, dunque, adeguarsi.

Andiamo a considerare il diritto supremo che contraddistingue il cittadino che vive in un Paese a regime democratico rappresentativo rispetto ad altre forme di Stato, in cui vigono i potentati e le satrapie.

Qual è questo diritto supremo? Sicuramente la tutela della salute e dunque la possibilità di accedere ad ogni tipo di assistenza, che va elargita anche a chi non è consapevole di dovere farne ricorso.

Il motivo per cui è da rendere obbligatoria la prevenzione dalle malattie e dalle patologie, è perché la persona, molto prosaicamente, viene a “costare” di meno alla collettività : sia per giornate perse rispetto al lavoro che espleta, sia per  una morbosità che, presa in tempo, può facilitare un pieno ristabilimento.

Proviamo a pensare al duro contrasto che andrebbe messo in atto nei confronti della diffusione delle sostanze stupefacenti: sappiamo purtroppo che così non è e non ci si indigna più, non ci si mobilita più, non si pone l’accento o l’indice accusatore verso il drogato che, se è alla guida di un’ auto, può procurare incidenti in cui ad essere coinvolti sono persone incolpevoli.

Invece tutto questo sembra essere una riflessione astratta, anche perché constatiamo che la salute viene associata alla costruzione di nuovi ospedali ed alla distribuzione crescente di prodotti farmaceutici, di macchinari che permettono una vigilanza dello stato di salute “a distanza”.

In definitiva sta crescendo la convinzione che ognuno, se vuole curarsi, deve provvedere ad accrescere la consapevolezza di procedure, spesso tortuose in quanto informatizzate allo spasimo, con la conseguenza che la umanizzazione della medicina, che dovrebbe essere a salvaguardia delle persone più fragili, viene a ridimensionarsi sempre più.

L’amara riflessione mi porta a concludere che la salute ha cessato di essere un diritto per tutti.

Ernesto Albanello

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui