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Eros: bellezza motrice del mondo

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Eros: bellezza motrice del mondo

Contemplazione mai paga, inno del fluire perpetuo

La ricerca del bello è da intendersi come la forma più elevata di tensione alla vita. La bellezza è ciò da cui scaturisce il divenire del mondo; essa è dinamismo, poiché genera movimento esercitando sugli uomini la potenza attrattiva di una calamita. Il bello è ciò che scuote l’anima esortandola ad una ricerca costante. Ricercare la bellezza nelle cose del mondo, dunque, è uno stimolo alla vita, esercizio di innalzamento dell’anima verso la dimensione trascendente, ponte verso il divino. A conferma di tale dinamismo, in antichità classica, Eros, figlio di Poro (l’ingegno) e Penia (la povertà), è descritto come il dio del desiderio, ricercatore assiduo di ciò che non possiede; messaggero della bellezza, conduce gli uomini, imperfetti per volontà divina, verso la ricerca della completezza e del bello.

Se tuttavia considerassimo il bello unicamente come ciò che è in grado di appagare la vista, nella sua accezione estetica, commetteremmo un errore, Apuleio, scrittore del II secolo d.C. ce ne dà una prova. Nelle sue Metamorfosi, il poeta racconta il mito di Amore e Psiche. Eros è inviato da Venere, gelosa della straordinaria bellezza di Psiche, a colpire la fanciulla affinché s’innamori di un uomo povero e di brutto aspetto. Ma Amore, alla vista di Psiche, emblema dell’anima umana e della spiritualità, è folgorato da tanta elevata bellezza, decide per questo di colpire sé stesso con il suo dardo, condannando entrambi a vivere un amore segreto, al riparo dall’ira di Venere. “Non ti lasciar persuadere con tuo danno dalle tue sorelle a cercare di sapere come è fatto tuo marito! Sarebbe un’empia curiosità, questa! Precipiteresti, dall’altezza in cui ti ha posto la fortuna, nell’afflizione più̀ nera, e saresti privata per sempre dei miei abbracci”.

Solo la curiosità spingerà Psiche, durante una notte d’amore, a voler scoprire l’identità del suo amante, che in tal modo, è costretto a fuggire. “Ma appena la luce si offerse a rischiarare l’intimità del letto nuziale, essa vede la più tenera e la più dolce di tutte le belve: proprio Amore in persona, il leggiadro Dio, che leggiadramente riposava. […] Sentendosi scottare, il Dio balzò in piedi e vide la sua fede tradita e oltraggiata. Immediatamente volò via, senza dire una parola, sottraendosi ai baci e agli abbracci dell’infelicissima consorte”.

Profondo è il suo significato allegorico dal quale si evince il rapporto di reciproca dipendenza tra desiderio carnale e amore spirituale: la sensualità è incantata dalla spiritualità e desidera conquistarla. La spiritualità necessita di una conoscenza più profonda dell’amore, deve comprenderlo per potersene invaghire. Ecco, quindi, l’espediente della lucerna, simbolo della conoscenza, per poter vedere il vero volto dell’amore e dell’erotismo. La passionalità viene messa in fuga dal bisogno dell’anima, essa tuttavia, compresa la bellezza dell’amore, non può più farne a meno, ed è disposta a tutto per riconquistarlo.

Nel Simposio platonico, dialogo sull’amore, emblema della ricerca della bellezza, si celebra appunto la giusta misura tra amore carnale e spirituale, coniugati secondo armonia. Un bel corpo, un corpo armonioso, accoglie un’anima bella.

“La distinzione di Pausania fra due specie di Eros è corretta, ma incompleta. La medicina permette di osservare che esso non concerne solo il rapporto delle anime umane con chi è bello, ma opera anche nei corpi di tutti gli animali, in quanto cresce sulla terra e in ogni cosa in generale. Eros – dice Erissimaco – agisce su tutto, sia nell’ambito umano sia in quello divino. E come il sano differisce dal malato, così l’eros di un corpo sano differirà da quello di un corpo malato. La medicina è fin dai tempi del suo fondatore Asclepio, scienza dei rapporti d’amore del corpo e la diagnostica dell’eros buono e di quello cattivo, allo scopo di ristabilire la concordia fra elementi contrastanti.

Lo dice anche Eraclito, sebbene con poca chiarezza: l’Uno ‘differendo in sé stesso si accorda, come l’armonia dell’arco e della lira’. Questa affermazione può essere interpretata in modo che non sia contraddittoria solo se l’armonia è sinfonia fra termini distinti, in grado però di avere una reciproca consonanza. […] Non ci sono due tipi di eros nella composizione, che è teorica; ci sono, invece, nella parte applicativa, che ha a che fare con gli esseri umani. […] In questo caso occorre un buon demiurgo, e bisogna preferire l’eros celeste, valendosi con prudenza dell’eros popolare. […] In generale, in tutti gli ambiti dell’esistenza, l’ordine del mondo è correttamente disposto quando le due specie di eros sono nel giusto equilibrio”.

Anche nel Simposio platonico Eros si fa filosofo del bello. Egli è un eterno viaggiatore, continuamente animato dal desiderio di ciò che non possiede. Scopritore di bellezza nelle cose del mondo, un bello che armonicamente riempia le parti mancanti, che tenda cioè all’innalzamento dell’anima.

Virginia Chiavaroli

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