
L’automobile, questo sogno realizzato di libertà e mobilità in autonomia, accompagna tutte le fasce sociali dal boom degli anni ’60, dapprima come uno dei traguardi di vita, poi come status symbol della propria condizione sociale, oggi invece sempre più come semplice servizio di mobilità.
Ma i clienti cosa vorrebbero vivere come esperienza di acquisto? E poi, ha ancora senso parlare di acquisto del prodotto, oppure è meglio concentrarsi sempre più sull’acquisto del servizio di mobilità, data la crescita del noleggio a lungo termine (cioè con contratti oltre i 12 mesi) anche tra i clienti privati?
A complicare ancor di più le cose c’è la tecnologia che oggi caratterizza le vetture, diversa dai capisaldi che hanno supportato l’automobile sino a qualche tempo fa: le passerelle organizzate dalle Case auto mettono sempre più in ombra i principi della termodinamica (motori a benzina, gasolio, GPL, metano) e della meccanica (sospensioni, cambi, trasmissioni e telai) ed enfatizzano invece sempre più l’elettrotecnica (motori elettrici), la chimica (batterie) e l’elettronica (sistemi di infotainment).
Partiamo allora da quello che può essere un minimo comune denominatore: la serenità di processo decisionale del cliente, da vivere con trasparenza di informazioni e supporto dei venditori. Tutto ciò oggi è presente? Probabilmente no: quante vetture diesel sono state vendute a utenti che percorrono meno di 20.000 km/anno? Quanti SUV sono stati venduti, glissando sul consumo mediamente più alto del 20% rispetto ad una berlina o station wagon? Quante vetture ibride plug-in (cioè quelle che hanno un motore a benzina e uno elettrico, che possono percorrere alcune decine di km a batteria) sono state vendute senza verificare che il cliente avesse reale possibilità di ricarica?
Vediamo cosa succedeva nel passato. Fino alla fine degli anni ’80, un’era geologica fa, la richiesta di auto era maggiore dell’offerta, perciò spesso i venditori si comportavano come il Marchese del Grillo: “…io sò io e voi nun siete ….”, poi la gara delle Case alla crescita dei numeri di produzione ha invertito le parti: il mercato ha richiesto meno vetture di quante ne fossero prodotte, perciò il cliente iniziava ad avere il coltello dalla parte del manico.
Da qui è stato tutto un proliferare di attività di training per i venditori, indirizzate alla customer care, customer experience, customer cocooning, CRM (Customer Relationship Management) development, greeters, special brand genius, brand identity (e relativi ingenti investimenti richiesti ai concessionari), sofisticati configuratori on line e chi più ne ha più ne metta. Ho usato volutamente termini inglesi (spesso incomprensibili ai più), perché qualche volta queste attività sono ampollosamente altisonanti, ma non sono davvero basate sulle esigenze del cliente finale, il più importante patrimonio di qualunque azienda!
A leggere i risultati delle indagini di mercato fatte da agenzie indipendenti (prima tra tutte l’americana JD Power), non sempre le cose vanno nella direzione giusta per più di un marchio: il cambio di mentalità nella catena distributiva dell’automotive ha ancora delle opportunità di miglioramento, soprattutto in Europa.
Oggi la competenza e la trasparenza dei consulenti di vendita devono essere a prova di bomba: gli strumenti a disposizione dei clienti per verificare l’attendibilità delle informazioni ricevute è infinita. Inoltre il passaparola, che una volta si faceva al bar o alla macchinetta del caffè in ufficio, è stato sostituito da una miriade di forum, molto più veloci e con una platea molto più ampia: ciò non vuol dire che tutto ciò che vi si trovi scritto sia oro colato, ma sicuramente qualche spunto di riflessione in più lo fornisce.
Il confronto col cliente deve essere gestito non solo con hard skills (il venditore deve conoscere perfettamente i prodotti, anche della concorrenza), ma soprattutto con soft skills adeguate: entrare in empatia col cliente stesso, capire le sue vere esigenze (anche quelle inespresse) e sottolineare come una certa vettura possa soddisfarle, perché bisogna vendere il prodotto adatto al cliente che si ha di fronte, non quello che si ha in casa o quello che porta più profitti.
Mi incuriosisce invece capire come possa cambiare il processo di acquisto in funzione del Metaverso: magari ci ritroveremo a visitare una concessionaria nel mondo virtuale, a chattare con il venditore per ricevere tutte le informazioni necessarie alla scelta, forse ci ritroveremo anche a fare anche un test drive virtuale. Poi però ci arriverà sotto casa una realissima vettura (dopo aver effettuato il giusto bonifico) per muoverci nel mondo fisico: quello non può essere facilmente sostituito, per fortuna…
Gerardo Altieri