Dal metodo montessoriano a quello finlandese

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La scuola alla ricerca della felicità

C’è stato un tempo in Italia in cui la scuola era tutto rigore, autorità, e apprendimento nozionistico e gli allievi erano come contenitori che dovevano essere riempiti di concetti da imparare a memoria. Da allora e fino ad arrivare ai giorni nostri con l’introduzione del metodo finlandese, di stravolgimenti ne sono avvenuti molti – forse anche troppi, secondo alcuni – e la scuola ha completamente cambiato volto cercando di volta in volta nuove formule che mettessero i bambini al centro di tutti i processi educativi e di istruzione. 

Dall’inizio del ‘900 con il metodo montessoriano, quello steineriano, passando per la scuola nel bosco e fino ad arrivare al metodo finlandese nel più recente 2018, nel corso del tempo in Italia si è cercato di trovare metodi d’istruzione alternativi a quelli ministeriali, con la convinzione che bambini appagati e “valorizzati” attraverso i loro talenti siano bambini più felici. 

Il modello scolastico finlandese

E proprio la felicità diventa l’elemento chiave su cui gravita soprattutto il cosiddetto Mof – modello organizzativo finlandese – che da qualche anno in Italia sta riscuotendo grande entusiasmo. Perché un bambino felice di andare a scuola sarà un bambino più appassionato allo studio e dunque più performante.

A importare questo metodo, nella nostra penisola, l’istituto omnicomprensivo “Della Rovere di Urbania” (PU), diventata capofila di una rete scolastica che ad oggi conta circa 100 istituti diffusi sul territorio nazionale.

Il metodo del Nord Europa, considerato dalla Global Partnership for Education il migliore e il più virtuoso al mondo, viene così a riformulare il modello educativo italiano considerato invece, dal report elaborato da We World – organizzazione indipendente impegnata da cinquant’anni a garantire i diritti di donne e bambini in 25 Paesi – il più stressante al mondo. I ragazzi italiani, infatti, dedicherebbero troppo tempo allo studio tralasciando il loro benessere psico fisico, con una quantità di stress e di nervosismo ben superiore alla media dei coetanei europei, anche a causa del carico di compiti lasciati per casa. Questo nervosismo e questo malessere produrrebbero poi scarso rendimento didattico e scarso interesse per lo studio e la scuola, favorendo dispersione scolastica e un profondo disagio psicologico.

Meccanismi e funzionamenti

Nella scuola italiana di stampo finlandese, invece, il benessere psicofisico è tenuto in grande considerazione: gli insegnamenti si incentrano su cooperazione, integrazione, rispetto ed empatia e la fondamentale collaborazione tra alunni e docenti. Pur mantenendo il numero di ore annuali di ciascuna disciplina – secondo le direttive ministeriali italiane – ogni giorno si lavora al massimo su due materie, nella convinzione che lo studio di tante materie diverse nella stessa giornata sia controproducente. Ogni lezione è poi suddivisa secondo un modello di 20, 20, 20: 20 minuti di lezione frontale, 20 minuti di lavoro in gruppo e attraverso laboratori così che i ragazzi sperimentino un apprendimento attivo, e poi – 20 minuti dedicati all’analisi e alla consapevolezza di ciò che è stato compreso. Questa full immersion degli argomenti trattati e la tanta pratica adottata, fanno sì che gli studenti sviluppino una considerevole memoria a lungo termine, e un’importante capacità di analisi e di critica. 

Gli alunni poi, non sono giudicati attraverso i voti, ma vengono spronati a comprendere le loro lacune, e sono aiutati nel recupero delle stesse. Nessuno viene lasciato indietro.
In questo contesto, anche gli spazi in cui si muovono gli alunni, diventano di fondamentale importanza per l’apprendimento, con biblioteche e laboratori condivisi, angoli dedicati alla lettura silenziosa e poltrone per riposare tra una lezione e l’altra.

Criticità italiane

L’unico difetto di questo modello italo-finlandese? Il costo. Sì, perché mentre in Finlandia l’istruzione è perlopiù pubblica e gratuita, quasi tutte le scuole in questione in Italia sono a pagamento. Se per la scuola finlandese, infatti, tutti i bambini sono uguali e hanno uguali diritti nell’apprendimento, qui da noi bisognerà aspettare ancora un po’ perché questi raggiungano la parità.

Silvia Francese

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