
Nel 1952, Carl Gustav Jung pubblicò un’opera in cui parlava della teoria della sincronicità. Secondo questa teoria, nessun avvenimento nel corso della nostra vita è un fatto accidentale ma la nostra esistenza è costellata di un insieme di momenti che noi siamo abituati a considerare coincidenze, cosa che nella realtà non sono affatto. In altre parole, nulla accade per caso. Le coincidenze secondo Jung, sono NON casuali: la maggior parte di questi eventi “sincronici” rappresentano in realtà un messaggio, un segno che ci indica la strada da percorrere. Come tutti i simboli, un evento sincronico (o sincronistico) avrebbe la funzione di rendere conscio l’inconscio, rappresentando un “indizio” utile a comprendere la bontà di una decisione o di una strada intrapresa. Addirittura, nella convinzione che l’inconscio non sia solo un magazzino psichico individuale bensì collettivo del genere umano, ogni evento sincronico permetterebbe anche di alimentare quello che Jung definì “inconscio collettivo” ovvero una raccolta di simboli e segni che gli esseri umani condividono e dei quali spesso sono all’oscuro.
Se tutto quanto sopra è possibile, sarebbe altrettanto possibile manipolare questo magazzino psichico comune, determinando coincidenze, fatti sincronici e altre “simil casualità”? Inoltre, se gli eventi sincronistici, in quanto segni e simboli, ci danno un feedback istantaneo sulle nostre decisioni e ci orientano sulle scelte successive, sulle visioni future, sulle prospettive e gli scenari che andremo a co-costruire e, quindi, a vivere, potrebbero agire anche in una preparazione e predisposizione “negativa” e distruttiva, affinché poi si generi un altro meccanismo che è quello delle “aspettative autorealizzanti” (o delle “profezie che si autoavverano”)?
Negli ultimi due anni e mezzo, il Mondo ha visto “accumularsi” una serie di gravi eventi che hanno inciso sia sulla vita dei singoli individui sia sulle relazioni e sulle dinamiche sociali, per spostarsi poi, con conseguenze via via più drammatiche, alla sfera economica delle persone e delle società, il tutto condito con un senso di incertezza e di pessimismo sempre più diffuso, crescente e profondo. Talmente tanti e tali, questi eventi, temporalmente vicini, da renderli nella percezione collettiva delle “coincidenze”, e pure poco accettabili razionalmente come tali. Ci si interroga, infatti, sulla effettiva “casualità” di questa serie di accadimenti che sembrano avere, come comune denominatore, la prospettiva di mettere l’intera popolazione mondiale in condizioni di bisogno crescente, in un contesto tendente alla scarsità delle risorse, il tutto condito dalla paura della morte sotto le spoglie di virus pandemici, guerre incombenti e fame diffusa.
Un mondo in cui, si teme, emergeranno le bestie, soprattutto là dove la “gentilezza” e la collaborazione non troverà lo spazio adeguato a fare comunità e a fare gruppo, squadra, proprio allorquando ce n’è sarà maggior bisogno. Soprattutto nelle grandi città, i “simboli” che si stanno consolidando nell’inconscio collettivo, a seguito degli eventi sincronici degli ultimi anni, lasciano poco spazio a scenari che non siano apocalittici. Forse, nelle piccole comunità, ancora allenate a fare rete, nel piccolo e con poco, questi segni potranno essere interpretati diversamente, spingendo le persone a “sentire” di fare la cosa giusta unendosi di più, recuperando e stringendo relazioni e alleanze, continuando ad innaffiare e a concimare quella “umanità” che ci ha distinto, per secoli, dagli altri animali del creato.
Cassandro Ripitt