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Conoscere al meglio i giovani per poter divulgare il sapere sui social

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Conoscere al meglio i giovani per poter divulgare il sapere sui social

Ogni mezzo vale a seconda del suo utilizzato. Questo funziona anche per tutte le piattaforme di comunicazione. 

La nuova socialità appartiene maggiormente alle generazioni di giovani: come è normale che sia i ragazzi nascono e respirano determinate realtà facendole proprie.

I social sono facili e l’essere umano è pigro, da sempre, ma è anche vero che la convivenza e la comunicazione ci ha permesso di arrivare ad un grado di complessità tale da realizzare tutto ciò che ora siamo.

Immaginate un’umanità non social: non avrebbe potuto tessere reti comunicative, economiche, culturali e religiose. Conclusione, non avremmo potuto vivere la vita che oggi conosciamo, complessa e globalizzata.

Ma per quanto riguarda la divulgazione? Sicuramente arrivare ai giovani significa utilizzare i mezzi a loro più affini.

Dò per scontato che quando si parli di divulgazione si punti a tutte le fasce d’età ma maggiormente alle nuove. Sono loro il futuro e sulla loro preparazione bisogna investire.

Io sono personalmente contraria ad ogni forma di rifiuto delle piattaforme di comunicazione: bisogna utilizzarle al meglio, non demonizzarle, ma mi capita troppo spesso di sentire persone “adulte” (maggiormente dai 50 anni in su) definire strumenti come Istagram o Tik Tok non adatte per parlare di certi argomenti. 

Solitamente queste persone coincidono sempre con lo stesso profilo: sono adulti spaventati dalle nuove generazioni, insicuri e ancora non pronti a lasciare il posto a chi si sta formando per succedergli. Cercano di tenere le informazioni acquisite con il tempo e l’esperienza per sé o comunque di centellinarle, al suono dell’inno “Non ci siamo guadagnati quello che abbiamo!” ne siete proprio sicuri? E soprattutto, siete sicuri che cedere significhi concedere?

Per quanto riguarda il mio campo, l’archeologia, credo che ogni mezzo sia buono per diffondere il sapere. D’altronde è il nostro mestiere, noi creiamo cultura, se nessuno la conosce per chi e per quale motivo produciamo?

I mezzi non vanno demonizzati ma discussi. Per fare questo però bisogna che ci sia un obbiettivo chiaro a tutti. Il sapere va fatto arrivare al cuore dei ragazzi, bisogna farli innamorare, insegnargli ad essere pensatori liberi, scatenargli l’eros, fornirgli i mezzi per contestualizzare i fatti del proprio tempo e della loro realtà. 

Fatto questo bisogna avere fede, nella loro giovane età, nei loro sbagli e nelle loro forze. Un adulto senza fede nel giovane palesa il suo non essere mai diventato saggio e sicuro di ciò che ha e ciò che è.

Un uomo maturo, un maestro, mette a disposizione contenuti ed opportunità. Come un monaco paziente aspetta che l’allievo si palesi. Guardatevi intorno e cercate di capirli i ragazzi, sentite ciò che sentono, pensate i loro pensieri, vi accorgerete che molti di loro sono già più di ciò che voi eravate alla loro età. 

Perdonate la mia durezza, parlo fuori dai denti come una trentenne, al centro tra giovane età ed età adulta. Il problema non è mai il testo ma la chiave di lettura, per questo sforzatevi di guardare oltre ciò che vedete.

Siatene fieri e felici di chi è nato da voi e dopo di voi, lasciate il vostro passaggio nel mondo, la vostra vera eredità, il vostro seme di conoscenza, alla terra fertile della giovinezza. Non è granché diversa da quella dove voi siete diventati foresta.

Dott.ssa Andrea Di Giovanni

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