Il minimo comune denominatore per una società eterogenea
Da un po’ di tempo è andato in disuso il concetto del rapporto transgenerazionale, quasi che l’esigenza di un incontro tra persone distanti fra loro come età anagrafica avesse perso quell’interesse che invece, tempo addietro, sembrava assolutamente vitale per evolversi, crescere, attraverso uno scambio di esperienze che gli adulti trasmettevano ai giovani ed uno slancio di vitalità che, poi i giovani avrebbero restituito.
Oggi constatiamo che si è imposta una consuetudine del tutto antitetica al passato: i giovani, in modo particolare (ma non solo loro!) hanno la propensione a frequentarsi, senza che vi siano intromissioni di persone dall’età più adulta: perché questo? Per la ragione che non potrebbero “lasciarsi andare” come vorrebbero.
Quindi si è sempre più radicalizzata una aggregazione mono generazionale, quindi poco arricchente in quanto priva di quella trasversalità che avrebbe permesso alle diverse fasce, di nutrirsi delle opinioni e dei punti di vista provenienti da altre età.
Ne deriva che le diverse generazioni perdono varie opportunità: ad esempio quella di rendersi conto di come comportarsi, di come tollerare, di come gestire le relazioni. Un confronto che sta pericolosamente riducendosi, con la conseguenza che i diversi gruppi suddivisi per età sono tra loro del tutto impermeabili e questo rende ardua ogni tipologia di rapporto.
Vogliamo un esempio? I genitori non sanno entrare, con sufficiente dimestichezza, nel mondo fantasioso dei loro figli, che spesso si chiudono nelle rispettive camerette, appendendo giganteschi cartelli con cui avvisano di non voler essere disturbati.
I genitori, che ritengono sia loro dovere vigilare sull’incolumità fisica dei loro figli, tutto sommato sono soddisfatti che i minori prediligono di rimanere all’interno della casa. Con quali conseguenze? Che i figli, permanendo nelle loro camerette con tanto di “off limits”, vengono lasciati liberi di esplorare ogni tipo di sito, al punto che se i genitori venissero, del tutto casualmente, a conoscere le frequentazioni virtuali dei loro ragazzi, resterebbero di sasso, in preda ad un profondo sgomento.
Quegli stessi genitori, che conoscono così poco i loro figli, da non farsi un minimo di “esame di coscienza” sull’opportunità di agire in modo tanto arrogante contro i Capi d’Istituto ed i docenti, responsabili di voler ristabilire l’ordine, reso precario proprio a causa di quei presunti “innocenti”.
La risultante di ciò è che genitori e figli si conosceranno sempre di meno perché ambedue resteranno prigionieri di una idealizzazione dell’altro, cioè come avrebbero voluto che fossero ed illudendosi che gli stessi non presentino discordanze rispetto alle loro immaginazioni.
Il quadro che ne esce è, a dir poco, sconfortante.
Tutto questo perché, le diverse generazioni ormai da troppo tempo, al massimo, si tollerano e non vogliono saperne di ritrovare quel minimo comun denominatore che permetterebbe loro, di essere maggiormente scambievoli e costruttori di una società finalmente eterogenea.
Ernesto Albanello