Uno scontro di civiltà
Dopo due anni di pandemia il 2022 avrebbe dovuto essere l’anno della ripresa, l’anno in cui tutto sarebbe tornato alla normalità, l’anno in cui avremmo ricominciato a viaggiare e a vedere il mondo senza più paura di rimetterci le penne. Ma il 24 febbraio 2022 la Russia, a causa di un conflitto iniziato già nel 2014, ha deciso di sferrare un colpo molto basso e ha dichiarato guerra all’Ucraina. Il Presidente Putin molto probabilmente era convinto che l’Ucraina si sarebbe arresa subito e che la guerra sarebbe durata non più di qualche giorno. Ma sono già passati nove mesi da quel 24 febbraio e la guerra è ancora in corso. Delle ripercussioni che questo conflitto ha in campo economico, e non solo, ne stiamo pagando ancora le conseguenze. Russia e Ucraina, infatti, sono tra le più grandi nazioni esportatrici di materie prime al mondo, e detengono il controllo di gas naturale, petrolio, metalli e prodotti agricoli. Tra le numerose sanzioni imposte alla Russia da parte dell’Europa, oltre al divieto di importare dalla Russia all’UE petrolio, carbone, acciaio e oro, c’è anche il divieto di esportazione di tecnologie d’avanguardia (come quantistici e semiconduttori avanzati, elettronica e software di alta gamma), attrezzature, tecnologie e servizi per l’industria dell’energia o beni di lusso (ad esempio automobili, orologi e gioielli di lusso). In particolare tra questi ultimi rientrano anche le opere d’arte e le antichità.
E ancora una volta, il mondo dell’arte viene chiamato in causa. L’Ermitage e la sua filiale ad Amsterdam hanno chiuso tutti i rapporti con la sede di San Pietroburgo. Alcuni musei italiani hanno attualmente in prestito opere di musei russi e la Fondation Louis Vuitton ha ospitato fino al 3 aprile i capolavori della collezione Morozov. In Francia sono in atto grandi pressioni per impedire il ritorno delle opere in Russia. Gli artisti russi Kirill Savchenkov e Alexandra Sukhareva si sono ritirati dalla Biennale di Venezia dove avrebbero dovuto rappresentare la Russia.
Mariolina Bassetti, presidente di Christie’s Italia e direttrice del dipartimento di Arte del dopoguerra e contemporanea, in una intervista rilasciata per Inside Art, una media company specializzata nella gestione di attività editoriali e di comunicazione dedicate alla cultura e all’arte contemporanea, fa sapere che il costo delle sanzioni al mercato dell’arte non sarebbe tuttavia così rilevante. “Dieci anni fa i compratori russi erano molto attivi, ma negli ultimi anni non sono stati dei grandi compratori quindi le sanzioni non hanno intaccato enormemente il mercato dell’arte. Al contrario la guerra ha purtroppo esercitato un’influenza positiva, perché storicamente quando il mercato della borsa scende, il mercato dell’arte sale. Questo perché l’arte rappresenta un bene rifugio alternativo al quale gli investitori si rivolgono ben volentieri. Le aste di Londra avvenute durante la prima settimana di guerra sono andate estremamente bene. In definitiva – continua Bassetti – non si può parlare di un’influenza negativa delle sanzioni verso la Russia, piuttosto dell’arte considerata come bene rifugio e alternativa vincente rispetto agli investimenti dei collezionisti”.
Il mercato dell’arte russo, oggi, rappresenta solo il 2% del mercato mondiale. Non bisogna, però, dimenticare che in Russia non esiste alcun aiuto o incentivo da parte dello Stato per la creazione artistica. Le vendite online che hanno favorito le case d’asta quali Christie’s o Sotheby’s, soprattutto durante i primi mesi di pandemia, sono tuttavia marginali per il mondo dell’arte russa, mentre le spese di importazione sono enormi, con una delle dogane più diffidenti al mondo. Ecco perché a livello globale il mercato dell’arte risentirà poco della chiusura di quello russo. Sembrerebbe che il settore artistico russo sia rimasto quasi indenne, quindi, da questo conflitto, perché già prima che scoppiasse la guerra era relegato ai margini del mercato. Tuttavia il futuro di un artista russo non è invidiabile, essendo rappresentato da uno Stato che spesso gli nega la possibilità di esporre le sue opere. Tutte le gallerie russe sono chiuse e nessuna galleria occidentale o asiatica presenterà d’ora in poi un artista russo. “È una criminalità – dice sempre Bassetti – abbattersi contro l’arte o contro la cultura di un paese, però non vendere in questo momento artisti russi non rappresenta una disfunzione di un’opera già esistente, ma fa parte dell’embargo che abbraccia più settori dell’economia di un paese. Un popolo civile non dovrebbe mai distruggere la cultura di un altro popolo”.
Roberta Conforte