Archeologi dimenticati che scrissero la storia

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Le speranze di rimanere nella memoria per merito 

Quando delle pietre miliari vengono dimenticate si sente sempre un sapore amaro in bocca.

Questo accade in ogni ambito, ma nell’archeologia, per chi scava e studia il passato, dimenticare chi la storia l’ha fatta è davvero emblematico.

Tanti, troppi colleghi trascurano la storia degli studi, facendo così cadere nel dimenticatoio chi creò le basi per il lavoro che oggi svolgono.

Dimenticando non si trasmette la verità e spesso la verità insegna.

Da buona archeologa non dovrei parlare di verità ma di fatti e sono proprio questi che voglio raccontarvi. Fatti di vita e di carriere straordinarie, di uomini che inventarono la materia e scrissero la storia della storia.

Sono tanti i nomi che potrebbero essere citati ma uno che va assolutamente valorizzato è sicuramente Luigi Besnabò Brea.

Laureato in giurisprudenza nel 1932 e successivamente in archeologia all’università di Roma la Sapienza nel 1935 fu prima egeista diventando allievo della Scuola Archeologica Italiana di Atene e scavando a Lemno, a Poliochni e in diversi altri siti.

Tornato in Italia fu primo dirigente della Soprintendenza alle Antichità della Liguria e successivamente divenne dirigente per la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia, a Siracusa.

Le sue attività videro scavi importantissimi come quello delle Arene Candide, sito in grotta presso Finale Ligure in provincia di Savona. 

Precursore del metodo stratigrafico utilizzato da lui in questo sito tra gli anni ‘30 e ‘40, unì successivamente, negli anni ’60 le metodologie della quadrettatura dello scavo, dividendoli in piccole aree quadrangolari specifiche e la georeferenziazione.

Nei suoi scavi alle Arene Candide evidenziò la complessissima stratigrafia archeologica che partendo dal paleolitico superiore, 40.000 a.C., arriva fino in età storica.

Altro nome degno di memoria è quello di Dinu Adamesteanu, archeologo rumeno naturalizzato italiano, fu precursore nelle applicazioni tecniche dell’aerofotografia e prospezioni aeree, nelle ricerche archeologiche.

Nella sua breve ma importante attività da archeologo in Abruzzo deve essere nominato anche Rinaldo Rozzi, elettrotecnico di mestiere, archeologo per passione, scavò insieme ad Antonio Mario Radmilli, come lo scavo di “fondo di Capanna” a Pianaccio nella valle del fiume Salinello nei pressi di Tortoreto in Provincia di Teramo. 

È difficile scegliere chi nominare e chi no, è ovvio che oltre a questi nomi, internazionali o regionali, molti altri meriterebbero onore e memoria, il fatto rimane sempre lo stesso. Spesso anche se si è bravi e meritevoli si viene dimenticati e poche sono le speranze di rimanere nella memoria per merito. 

Dott.ssa Andrea Di Giovanni

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