Passeggiate che nutrono mente e corpo
L’aria di ottobre è appena pungente, ma il sole scalda ancora e accompagna un cammino di conoscenza attraverso il territorio abruzzese. Arrivo a Casalincontrada dove, in occasione del Festival dell’architettura 2022, il CED Terra organizza le passeggiate della terra. Un momento per prendere consapevolezza del patrimonio paesaggistico. Apprendere per contatto diretto è una pratica purtroppo dimenticata, e senza svalutare la conoscenza teorica, nulla è più efficace dei sensi. La stimolazione di vista, udito, olfatto e gusto mi riporta alla mente un antico detto che spesso sentivo ripetere dagli anziani: “Ruba con gli occhi!”. In effetti i gesti, le pratiche e gli sguardi di quel saper fare restano impressi nella mia mente, un bagaglio visivo da far rivivere nella vita pratica. Pronta, dunque, per un apprendimento sensoriale, inizio il percorso attraverso le case di terra ma il tragitto riserva i più disparati spunti di riflessione e conoscenza.
Con l’architetto Giuliano Di Menna, esperto e appassionato di botanica, scopriamo una varietà selvatica di prugnolo. “Chiamato anche Arabella o Marbella, questa è una specie selvatica, e ciò che si vede non è frutto di una vegetazione spontanea ma ciò che rimane di una piantumazione risalente all’epoca medievale. È una siepe che circonda il cosiddetto ‘campo chiuso’. Osservando gli affreschi del ‘300 e del ‘400, anche in Toscana e in Umbria, è possibile riscontrare sovente campi recintati con le siepi. La vegetazione veniva piantata a seconda delle varietà e delle specie a disposizione. Il prugnolo è utile non solo perché commestibile, ma anche per la sua vegetazione che rustica e intricata, protegge il campo dalle possibili incursioni”.
Così, l’architetto Gianfranco Conti coglie lo spunto di Giuliano per un’ulteriore riflessione: “Questo percorso è rivolto a tutti coloro che sono desiderosi di apprendere e osservare l’architettura in terra, ma non solo. È utile alle persone che vogliono guardarsi attorno. Il discorso sul prugnolo è direttamente correlato ad un’idea di Stefano Bonelli, presidente dell’Associazione ‘Le Ginestre’: conoscere nuovamente le specie vegetali autoctone attraverso un inventario, e piantarle lungo il percorso per implementare la creazione di un osservatorio paesaggistico. È necessario quindi che si sviluppino gruppi di interesse locale che contribuiscano a rafforzare la consapevolezza riguardo a ciò che possediamo; come farcene carico e prendercene cura. Il passeggiare è fonte di benessere fisico, appaga gli occhi, l’olfatto e l’udito”.
All’ombra di un olmo apprendiamo che questa pianta è simbolo di libertà durante la Rivoluzione francese. Ogni paese ne aveva uno di riferimento; e dal momento che sopravvive a stretto contatto con altre specie vegetali, fungeva anche da protezione per i terreni, poiché, quando è giovane e viene potato assume l’andamento del cespuglio. Il suo legno, inoltre, veniva impiegato diffusamente per la creazione degli arredi all’interno delle chiese. “Piccola citazione –prosegue Gianfranco – Nei pressi di San Buono, fuori dal Monastero di San Francesco, c’era un olmo imponente utilizzato appunto per gli arredi interni del Monastero”. Un ramo di sanguinello serve poi a raccontare l’arte manuale dell’intrecciare i cesti. “Flessibile e con il fusto dalla colorazione rossastra, anch’esso era piantato tra le siepi – spiega l’architetto Di Menna – e la natura faceva il suo corso. Oltre alle piante arbustive, la robbia per tingere, e l’orchidea spontanea, insediate nelle parti inferiori delle siepi che fungevano da respiro biologico del paesaggio”.
La prima casa in terra è quella di Edoardo, meccanico di professione, grande artigiano, esperto conoscitore dei materiali e portatore della cultura locale. Edoardo accoglie generosamente i visitatori, umilmente fiero di mostrare la sua grande opera di ristrutturazione. È in quest’abitazione che si concentra il patrimonio culturale da tramandare. Il suo intervento è visibile in ogni angolo della casa, interno ed esterno. La sua manualità si fonde con l’amore di una conoscenza profonda e concreta. Così, i muri a scarpa rispondono alla cultura sismica locale che osserva il comportamento diffuso. Attraverso l’apprendimento visivo, i contadini che andavano in chiesa, assorbivano tutti gli insegnamenti possibili, e assumevano gli stessi contrafforti come elemento architettonico. La pavimentazione rialzata è utile ad un processo di drenaggio, impedire cioè che l’acqua ristagni sotto l’abitazione, poiché l’argilla, che compone la terra per il sessanta percento, è spugnosa, e assorbe l’acqua compromettendo la stabilità della struttura; a questo si aggiunge un muro perimetrale in pietra che funga da ulteriore argine. Tutta questa conoscenza deriva dall’osservazione, si sviluppa con un processo di apprendimento, e si manifesta attraverso l’applicazione dell’ingegno per la risoluzione di esigenze pratiche.
Curare un’abitazione in terra, dunque, non comprende esclusivamente la conoscenza del materiale, ma anche come esso interagisce con il contesto circostante, in rapporto con tutti gli elementi naturali. Abitare la terra comporta la conoscenza delle nozioni essenziali utili a fronteggiare e gestire le peculiarità del territorio, attraverso un lavoro costante di apprendimento per esperienza diretta. Si tratta di conoscenze tramandate prima per via orale e poi per manualità. Apprendere, esprime in senso metaforico il cantiere continuo della mente, artigianalità in movimento, in continuo fermento.
Virginia Chiavaroli