Quando anche l’archeologia si presta ai giochi di ‘mercato’
Per un archeologo è sempre un piacere quando una scoperta viene resa pubblica, d’altronde noi scaviamo per la collettività, per creare sapere e cultura.
Per citare Alessandro Barbero, un po’ come chi andava in bottega a lavorare, noi dai nostri maestri impariamo il mestiere, che non è fatto solo di libri ma di metodo. La ricerca, lo scavo, il lavoro sul materiale, il senso del gruppo, sono tutte cose che non sono scritte sui libri ma si apprendono facendo.
Dunque, quando un gruppo di ricerca viene valorizzato per il suo lavoro e le sue scoperte è sempre un orgoglio per tutta la categoria… ma ci sono modi e modi.
L’ultima scoperta emersa con grande furore dei media, è stata quella del deposito votivo di San Casciano dei Bagni.
I ricercatori hanno proferito interviste e hanno spiegato in maniera egregia semplificando e rendendo comprensibile il discorso al pubblico.
Si tratta di un contesto votivo trovato intatto e chiuso dal V sec. d.C.
All’interno sono state trovate diverse statue di bronzo, monete e tanto altro materiale che racconta la storia di un luogo di interesse straordinario.
Cosa ci hanno mostrato invece Massimo Osanna, direttore generale dei musei e il nuovo Ministro della cultura San Giuliano?
Solo le statue… un po’ poco ministro, non trova?
Ma anche da Osanna c’era da aspettarsi di più! Paragonare il ritrovamento delle statue di San Casciano a quelle dei Bronzo di Riace pare un po’ azzardato.
Certo, entrambe hanno avuto grande rilievo mediatico, ma del contesto di San Casciano conosciamo tutto grazie al lavoro di tantissimi professionisti come già descritto dal professor Jacopo Tabolli, docente all’Università per stranieri di Siena, mentre del contesto da cui provengono i bronzi di Riace non si sa molto.
Sono stati trovati entrambi sott’acqua ma c’è un’enorme differenza tra un ritrovamento avvenuto in mare e uno avvenuto in una vasca votiva di acqua sulfurea.
Il contesto è importante. Non gli oggetti in sé, così si specula sull’archeologia trasformando professionisti in tombaroli e creando la cultura “dell’oggetto di valore” e non della conoscenza e del sapere.
Insomma, dalle alte cariche si poteva pretendere di più, speriamo che non ci deludano ancora in futuro, ma se lo faranno, chi scrive come me potrà speculare sui loro errori, equità o follia?
Dott.ssa Andrea Di Giovanni