Libertà vera: possibilità di scelta e controllo del proprio tempo
“Le disuguaglianze globali contemporanee sono vicine ai livelli dell’inizio del ventesimo secolo, quando eravamo al culmine dell’imperialismo occidentale” esiste una abbondante evidenza empirica che dimostra che la crescita economica ha tradito le sue promesse di aumento del tempo libero e della felicità e la teoria economica mainstream è del tutto impotente a spiegare tale tradimento.
“Se la ricchezza non fa la felicità, figuriamoci la povertà”. Con questa battuta fulminante, Woody Allen, descrive, a sua insaputa, uno dei paradossi più famosi tra quelli scoperti dagli economisti negli ultimi decenni.
Esattamente due anni fa, di questi tempi, il discorso principale riguardava il reddito di cittadinanza. Ci si domandava cosa si apprendeva dal test della Finlandia, cosa sarebbe successo nel nostro paese e in generale se fosse “giusto” aiutare chi sta peggio. In altre parole, una parte dei discorsi riguardava la solita domanda: sfortuna o pigrizia? Giusto che chi si sia dato da fare e stia meglio aiuti chi sta peggio? Si parla di redistribuzione della ricchezza e differenze sociali da ridurre. – le domande tornano prepotentemente attuali. E dovremmo tutti pensarci bene e, nel nostro piccolo, fare la nostra parte. La maggior parte delle persone immagina di vivere un mondo pieno di squilibri e diseguaglianze. La maggior parte delle persone ha ragione però solo a metà. È una situazione complessa e contro-intuitiva e che presenta più di un paradosso. Viviamo nella società globalmente più ricca della storia umana e in un’era di progresso, salute, benessere e comodità in cui accade tutto e il contrario di tutto. Vediamo alcuni dati interessanti quando parliamo di ricchezza. La disuguaglianza ravvicinata è il problema Le disparità ravvicinate in un paese e in una comunità sono il punto focale e di tensione quando si parla di disuguaglianza e di reddito di cittadinanza e reddito universale. Un problema che vede tutti protagonisti: tanto chi è rimasto indietro, tanto chi è avanti. Il benessere medio delle nostre società non dipende più dal reddito nazionale o dalla crescita economica. È molto importante nei paesi più poveri, ma non nel mondo ricco e sviluppato, ma le differenze tra di noi e dove siamo posizionati l’uno rispetto all’altro ora hanno molta importanza.” Se le disparità di reddito all’interno di un paese incidono sull’aspettativa di vita degli individui, emerge il motivo per cui la sfida dell’eguaglianza sia così centrale. La crescente disparità secondo alcuni che sostengono che nei paesi industrializzati essa conferisca ulteriore peso al cosiddetto paradosso di Easterlin – la teoria formulata da Easterlin, economista americano, negli anni Settanta secondo cui un reddito più alto sia correlato alla felicità, sebbene nel confronto internazionale la felicità non sia correlata al reddito pro capite. Quindi ciò che ci rende felici non è il livello di reddito assoluto, bensì uno status sociale più alto, in altre parole: sentirsi più ricchi del vicino. Nelle società in cui la disparità è nettamente aumentata e la mobilità sociale diminuita come negli Stati Uniti, la lotta concorrenziale si fa ancora più assurda. In realtà il denaro è un costrutto sociale e in ultima analisi sono le convinzioni (e la fiducia) a decidere quale ruolo svolga il denaro nelle diverse società. A plasmare il dibattito su cosa si intenda per “buona vita” e quindi anche per felicità sono stati non da ultimo gli economisti, sottolineando i principi materiali alla base delle funzioni di utilità del denaro. Il denaro e le sue opzioni di consumo sono diventati il cuore di ciò che è ritenuto il successo. Ma in base alle esperienze degli ultimi decenni, alla crisi finanziaria globale e alle nuove tecnologie, l’etica e la virtù sono tornati a svolgere un ruolo centrale nella definizione di felicità.
Tuttavia, posto di essere tra i fortunati, è ormai assodato che una condizione economica favorevole non garantisce una vita felice. Se si possiede denaro a sufficienza ma si è carenti di altri elementi fondamentali quali la salute, i rapporti sociali e la sicurezza, è molto improbabile che si riesca ad essere soddisfatti appieno. Altrimenti non si spiegherebbe come mai un’altissima percentuale di ricchi faccia uso di psicofarmaci e/o droghe, mentre in paesi estremamente poveri, come alcune zone dell’India, si vedono visi pieni di gioia, pur essendo carenti in sicurezza, salute e denaro ma tuttavia ricchi in legami sociali.
In conclusione non è indispensabile aspirare ad arricchirsi sempre di più, quando disponiamo già di quello che ci serve per vivere agiatamente. Il miraggio della ricchezza ci sottrae il tempo per godersi la bellezza di ciò che realmente conta e non ci permette di domandarci una cosa fondamentale, ovvero cosa vogliamo fare nella nostra vita e, una volta trovata la risposta, pensare a come realizzarla. Inoltre l’aspirazione ossessiva ad arricchirsi ci fa vivere in una situazione di continua speranza di un futuro prossimo ideale che però non si realizza mai oppure, posto che si riesca a realizzare, la soddisfazione si consuma come la neve al sole rendendoci nuovamente, trascorso un po’ di tempo, schiavi di un nuovo desiderio.
In contrasto con la ricchezza spirituale di una persona, c’è una malattia della nostra società: la povertà spirituale. Chi è troppo impegnato a guadagnare, non può trovare lo spazio reale, mentale e del cuore, per accumulare ricchezza interiore, per crescere nell’incontro con l’uomo, per mettere a servizio della propria comunità le medesime capacità che gli consentono di avere successo nel mondo. Da una parte ci sono persone che pensano sia meglio continuare ad accumulare elementi di successo, dall’altra persone che iniziano a cercare interiormente una spiritualità che dice che ci deve essere qualcosa di più del successo materiale. Quella meramente materiale è una ricchezza che non ha nulla a che vedere con la vera libertà, ovvero quella sensazione di leggerezza, assenza di responsabilità soffocanti, totale possibilità di scelta e controllo del proprio tempo.
Maria Ragionieri