Mare fonte di ispirazione e di Economia

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Una risorsa di cui si sta prendendo coscienza

Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione.”

Questo l’incipit di Moby Dick, opera nella quale Melville, in maniera sublime tratta, sotto forma di romanzo, il rapporto tra l’uomo e il mare che poi si trasla nel rapporto tra l’esser umano e la natura, anche la propria.

Ritrovare nel mare – in questa massa d’acqua – la propria metodologia curativa. Rigenerare l’anima, affrontare i propri spettri, superare i propri limiti diventano passi, tappe, di una navigazione che viene iniziata mollando gli ormeggi. Lasciando il porto sicuro, pronti ad affrontar insidie, l’ignoto, per superar le proprie colonne d’Ercole e arrivar nell’inesplorato.

Questa la navigazione che dall’Odissea a Moby Dick ha invaso la letteratura, ma questa è anche l’avventura antropologica dell’uomo che in modo inconscio affronta tutto ciò anche quando decide di comprar una barca e uscir per una semplice crociera giornaliera.

Mettendosi in mare, ogni marinaio, anche il meno esperto, sa che dovrà affrontare venti correnti e ostacoli che si possono prevedere, tramite uno studio preliminare dei bollettini meteo marini, ma sempre con un pizzico di probabilità verso l’ignoto, il rischio, l’inconscio. 

Qualche tempo fa, ho iniziato un volume che, in verità, ancora non ho finito, e che si chiama “Storia del Mare” di Alessandro Vanoli. Andai a sentir la presentazione alla Libreria del Mare che ora è nel rione di San Saba. Proprio nella corte della Basilica di San Saba in una calda serata estiva si parlava di Mare…della storia dei miti, biblici ed omerici. Delle rotte dei mercanti, degli avventurieri e dei navigatori. Di come la navigazione sia mutata al mutare della tecnologia marittima e dell’ingegneria navale. Al pari delle cattedrali i costruttori di barche hanno mutato il corso della storia, fino ad arrivare a Cristoforo Colombo, Magellano, Vespucci. Senza mai dimenticare le leggende, le sirene, i tesori nascosti, il kraken, il maelstrom, o l’olandese volante.

E come si disse quella sera parlare di mare vuol dire “sì parlare dei nostri sogni più profondi, ma anche ricordarci che alla fine siamo solo una specie tra altre specie. siamo parte del mare ed è questa forse la cosa che più conta in tutta questa avventura millenaria”. Proprio per partecipar a questa storia millenaria, in questo spirito di inconscia voglia di vita l’uomo dal navigare per scopi commerciali o militari è passato a farlo per puro piacere, con l’invenzione della navigazione da diporto, dove il fine è solo vivere il mare. Ed eccoci alla nautica da diporto che per l’Italia rappresenta non solo un modello di stile e di eccellenza produttiva, ma anche una industria che occupa oltre 26.000 addetti e che genera oltre sei miliardi di fatturato globale, ovvero quasi il 3% del Pil nazionale.

Un settore in forte espansione e che deve esser inteso come parte di quella che oggigiorno viene chiamata Economia del Mare, o (forse anche impropriamente) Blue Economy, ovvero il sistema di operatori economici che vivono della risorsa acquea rappresentata dal Mare che bagna i nostri 7000 km di costa e che tramite la pesca, la cantieristica, la marina mercantile, il turismo diportistico, balneare, enogastronomico, si alza a rappresentare una fetta importante di economia ed occupazione nazionale.

Forse alle volte non così valorizzata, ma della quale passo dopo passo si sta prendendo coscienza anche perché basata su una risorsa naturale, biologica, e faunistica che solo l’Italia possiede.

Avv. Antonio Bufalari

Segretario Generale Assonautica Italiana – Unioncamere

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