Noi siamo indotti a considerare il viaggio come una transizione che separa il momento in cui si intraprende un determinato percorso e il momento ultimativo del cammino.
Cosa vuol dire? significa che tutto il tempo intercorrente tra i due estremi appare come di scarso significato.
Insomma c’è un “PRIMA” poi c’è un “DOPO” e appare completamente trascurabile il “DURANTE”, cioè il tempo che viene occupato nel corso del tragitto.
Le persone restano affascinate all’idea di svegliarsi in un albergo che si affaccia nella baia di Rio de Janeiro, ma preferirebbero essere trasportati in un “nano secondo” da una località europea a questa metropoli sudamericana senza “vivere il disagio” di un trasferimento che genera situazioni critiche, specie in questo momento di pandemia e con una guerra dai risvolti minacciosi ed inquietanti.
Cosa si annida in questo problematico trasferimento?
Le variabili sono molte e non è agevole districare la matassa dei tanti squilibri che portano l’esploratore a dover combattere fino ad avere la prevalenza sulle criticità.
Proviamo a pensare che un soggetto sappia distaccarsi emotivamente fino a considerare le variabili di tipo negativo come condizioni che ci possono stare ma che non condizionano il progetto intrapreso.
Proviamo a considerare che un viaggio così lungo non può non essere “segmentato” e dunque percepire la “spedizione” come un viaggio a tappe.
Cosa ne deriva? Che il camminatore si ritempra, poi si rigenera e respira l’ossigeno che promana la prima tappa, quindi la seconda ed infine la terza.
Non solo, ma il cammino a tappe permetterà di generare in ciascuno dei camminatori una accresciuta motivazione alla volta della tappa finale.
La mia esperienza del cammino di Santiago di Compostela, pur se nella fase limitata ai 112 km. con cui venivano attraversate la Carunia e la Galizia (la zona a nord-ovest della penisola iberica), ti permetteva di ossigenarti sotto le piante dell’eucalipto e di rigenerarti in modo intenso e profondo.
Avevamo l’ardente desiderio di avvistare la meravigliosa cattedrale di Santiago, oltre qualsiasi dettaglio etico ed estetico?
Quando eravamo inebriati dal penetrante profumo che si espandeva, il nostro richiamo emotivo era imperniato sul “QUI ed ORA” e dunque quello stato di benessere emotivo diventava la ragione del cammino stesso.
Dunque l’avvertire una magica sensazione di centratura di noi stessi, rappresenta il senso e lo spazio di un cammino che genera la forza simbolica che ci permette di sentire la dimensione di noi stessi che, camminando, siamo in continua crescita e in costante rigenerazione.
Ernesto Albanello