Le grandi opere le fanno gli schiavi

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Se chiedessi a persone diverse, non esperte del settore, quale fu il popolo più grande mai esistito sulla faccia della terra di certo avrei molteplici risposte. 

Mi piacerebbe categorizzarle ai fini antropologici, ma potrebbe risultare una banalizzazione più che una semplificazione. Fatto sta che, le risposte più quotate sono: gli egizi, i romani e i greci. 

Chi mi conosce sa bene che la mia passione per il mondo egizio è totale ed indiscussa. Un popolo che creò meraviglie senza schiavi (o con pochissimi di loro e di certo non ebrei al contrario di ciò che la bibbia riporta) merita sicuramente ammirazione, stupore e stima. I romani e i greci nella creazione di opere indiscusse non furono da meno, ma si avvalsero di un’innumerevole quantità di schiavi. 

Avere la manodopera specializzata e non specializzata fa sempre la differenza. Ma per procurarla servono guerre vinte e spesso, stragi di popolazioni intere.

La grandezza di un popolo si misura dalla quantità di persone sacrificabili per la buona riuscita delle grandi opere? Molto spesso la risposta è sì, spesso, ma non sempre.

È comunque necessario capire come per il nostro sostentamento odierno, per permetterci di fare la vita che facciamo tutti i giorni, la maggior parte della popolazione mondiale muore di fame avendo a disposizione meno di un piatto di riso al giorno. 

Non sto a riportare la quantità di bambini che muoiono di fame perché purtroppo l’essere umano è inetto, un numero su carte non suscita granché, bisognerebbe che tutti vedessero morire un bambino di fame, stenti o ucciso dalla guerra, perché qualcuno si impietosisca, e forse, cambi qualche sua abitudine di vita. Tanto è lontano vero?

Ad oggi l’80% degli abitanti della terra vive con il 20% delle risorse; e il 20% degli abitanti della terra vive e usa l’80% delle risorse.

Non vi sembra un po’ ridicolo? Benvenuti nel magico mondo dell’economia capitalistica! Quella che ha abbindolato tutti quelli che cercano di fare soldi per avere soldi, non per un reale potere d’acquisto. Perché ora il denaro non serve per acquisire beni ma è il bene stesso che bisogna stipare.

Evitabile? Si! Sapevamo che sarebbe accaduto dai tempi di Hegel e Marx, tra la fine del 1700 e la prima metà dell’800. Abbiamo posto rimedio prima che ciò avvenisse? Ovviamente no!

A noi fa comodo che ci siano persone, al mondo, costrette a turni di lavoro di 18- 20 ore, che cuciono per noi i nostri abiti low cost, quando per loro, ogni maglietta cucita rappresenta 4 centesimi di guadagno.

Non vi sentite al pari di una matrona o di un pater familias romano che ha gli schiavi a casa? Forse no perché abitano dall’altra parte del mondo. Ma allora tutti quei lavori precari e alienanti come i call center dove le persone iniziano a guadagnare solo dopo 30 secondi di telefonata e noi gli sbattiamo in faccia il telefono con tanto di insulto al primo secondo?

Queste persone vivono nelle nostre città, magari il loro posto di lavoro è vicino a voi. Ma ci interessa? No! 

La cosa che fa sorridere chi studia l’umano, è che la nostra evoluzione ci ha progettati per essere animali sociali, anche accudenti verso gli altri, facenti parte del nostro gruppo o clan. 

Il problema è che non abbiamo più un gruppo o il senso di tale, e non parlo della famiglia mononucleare (madre, Padre, figlio) teorizzata da Marx ma tanto cara alla destra italiana (che a quanto pare non sa e non capisce la teorizzazione di sinistra … la vera sinistra). Il vero problema è la mancata assistenza del gruppo sociale più ampio, quello formato da più famiglie fino ad arrivare allo Stato. Così si rende schiavi tutti, anche i singoli genitori medio-borghesi, costretti a dividersi tra lavoro e figli, senza assistenza dello Stato. Ma schiavo è anche chi un figlio lo vuole e non può averlo perché non guadagna abbastanza. Schiavo è anche chi è solo perché legato alle regole del sistema. E la fame non è solo di cibo, ma troppo spesso di libertà. Quella non garantita non solo dalle leggi nazionali, ma nemmeno dal nostro prossimo.

O si cambia o si va al collasso. Pensiamoci.

Dott.ssa Andrea Di Giovanni

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