Da vittime di violenza a imprenditrici
Ci sono storie a lieto fine e storie di rinascita, storie in cui ci si sente sconfitti, ma poi si trova il coraggio di rialzarsi, di cancellare la parola “Fine” e di scrivere un nuovo capitolo. O una nuova storia. Come ha fatto Nicoletta Cosentino, che dopo anni di violenze vissute all’interno del nucleo familiare, ha trovato la forza e il coraggio di riappropriarsi della sua vita, e da una brutta esperienza è riuscita a costruire un’impresa. E così nel 2017 a Palermo, grazie anche al supporto del centro antiviolenza Le onde Onlus, ha dato vita a le “Cuoche Combattenti”, un laboratorio di produzione alimentare che aiuta donne vittime di violenze ad entrare nel mondo del lavoro, e a guadagnare quel tanto che serve loro per acquistare indipendenza economica e libertà. Perché, come spiega Nicoletta, titolare di questa associazione/impresa, spesso le donne vittime di violenza non hanno un lavoro, o magari quel lavoro l’hanno lasciato, costrette all’isolamento da chi quelle violenze le ha fatte subire loro per anni. “Riuscire a mantenersi da sole, poter decidere di fare ciò che si vuole, libere da vincoli economici di ogni sorta, diventa fondamentale per acquisire anche fiducia in se stesse. Lavorare, poi, ti “costringe” ad uscire dall’isolamento e a ripensare a te come donna. Devi re-imparare a presentare anche te stessa come individuo perché spesso non sai più chi sei, perché chi ha abusato psicologicamente di te ti ha annientata”.
La storia di Nicoletta, una storia comune a troppe donne
Nel 2015 Nicoletta, dopo diciotto anni di matrimonio, avendo intrapreso un percorso di separazione complicato e difficile, si rivolge al centro antiviolenza le Onde, in cerca di un aiuto legale. “Ero molto intimidita, chiamai quasi scusandomi del disturbo. Non mi sentivo vittima di violenza domestica. La violenza quando non è prettamente fisica, ma psicologica, è molto subdola e difficile da capire perché si maschera e a volte viene scambiata per il comportamento di un marito con un brutto carattere”. Ma dopo qualche tempo a Nicoletta viene fatta una semplice domanda “Hai paura?” e lì si rende conto, per la prima volta, di essere anche lei vittima di violenza. Inizia così il suo percorso di rinascita fatto di sostegno legale, psicologico ed economico. La nascita di Cuoche Combattenti.
Sulla base della sua passione per la cucina le viene offerta infatti la possibilità di fare uno stage retribuito in un laboratorio di pasticceria artigianale, e lì riscopre motivazione e voglia di fare. “Nonostante la fatica, poter toccare concretamente il frutto del mio lavoro, mi appagava moltissimo e mi dava la giusta motivazione per alzarmi la mattina. In più sapere che ciò che facevo e cioè produrre dolci e cibo, dava piacere e gioia, dava grande entusiasmo anche a me”. Così dopo otto mesi di stage decide di mettere a frutto quanto aveva imparato e di metterlo a servizio di altre donne. “L’associazione Cuoche combattenti non si sarebbe mai potuta chiamare Cuoca Combattente. Io sentivo che quello che stavo facendo non era importante solo per me. Non era solo il mio percorso, la mia storia, ma era anche la storia di tante donne e non avrei potuto fare questa cosa senza loro”.
Il logo e le etichette
Ecco che così, prima nella sua cucina, nasce nome e logo – un pugno che svetta in alto e che tiene stretto un mattarello; uno strumento semplice, quasi sottovalutato, che però diventa strumento di consapevolezza e autodeterminazione. “Al centro antiviolenza avevo capito delle verità semplici, che forse sembreranno banali, ma che quando ho sentito mi hanno aperto un mondo: chi ti ama, accetta i tuoi difetti. Sei libera, non appartieni a nessuno. Ti meriti un amore felice”. Frasi che Nicoletta ha deciso poi di apporre sulle etichette di tutti i prodotti che produce e che sono in vendita. “Se non posso aiutare tutte le donne vittime di violenza accogliendole nel ‘mio’ laboratorio, forse posso aiutarle entrando nelle loro case e dicendo loro quelle cose che per me sono state fondamentali nel mio percorso di liberazione e crescita personale”.
I Prodotti
Nel 2019 apre finalmente il suo laboratorio e comincia a produrre a pieno regime, con prodotti biologici e a chilometro zero, marmellate, conserve, biscotti. “Niente di elaborato. Ogni cosa è frutto di ricette tradizionali: la ricetta della salsa di pomodoro della mamma, quella imbattibile della marmellata della zia, e poi i biscotti, i crackers con il lievito madre di cui sono appassionata. Ricette che fanno parte della nostra tradizione e che vengono preparate con prodotti di aziende locali biologiche certificate. C’è poi un piacere enorme nel riuscire a trasformare qualcosa di apparentemente brutto come può essere un tubero o una cipolla, in qualcosa di estremamente bello e buono. Prendete la nostra marmellata di cipolle e mettetela su dei formaggi, capirete la meraviglia di cui sto parlando. Ecco, anche in questo sta la bellezza del nostro progetto: trasformiamo le cose, diamo loro valore, siamo in grado di plasmarle e cambiarle. E questo diventa anche il simbolo della nostra vita”.
Nel giro di poco tempo, grazie alla vendita on line e al sostegno di una rete di associazioni attive su tutto il territorio nazionale, le “cuoche combattenti” che attualmente sono cinque, ma il cui numero è sempre variabile, riescono a farsi conoscere in tutta Italia. “Abbiamo avuto un grande sostegno anche da tanta gente comune. In questi giorni, per esempio, abbiamo ricevuto in regalo un macchinario che ci darà un grande aiuto nella produzione. Il regalo di una signora, che preferisce restare anonima, che per i suoi cinquant’anni ha chiesto agli amici di investire i soldi che sarebbero stati destinati al suo regalo, all’acquisto di questo macchinario. Un grande gesto che dimostra l’importanza del fare rete, della bellezza, della solidarietà e della condivisione di progetti e visioni comuni”.
Sogni e progetti per il futuro
“Al momento le cuoche combattenti sono un’associazione. Mi piacerebbe molto se tutto questo potesse diventare una società, in modo da poter dare a tante donne la ‘proprietà’ di questa realtà. E sarebbe meraviglioso se tanti laboratori di ‘cuoche combattenti’ potessero nascere in tutta Italia, in uno scambio continuo di prodotti ed esperienze. Noi manderemmo loro marmellata di arance e loro potrebbero farci avere i funghi della Garfagnana. Sì, ecco, sogno che nascano ‘Cuoche combattenti’ in tutta Italia. Mai più paura, mai più silenzio. Non siamo vittime, ma combattenti!”.
Silvia Francese
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