È pensiero abbastanza comune che spesso l’amore possa bastare per far tutto, ma ne siamo proprio sicuri? Potrebbe bastare l’amore per l’architettura per fare l’architetto o per gli animali per fare il veterinario? Certamente no, per questo l’amore non può bastare in alcuni ambiti. Nessuno mette in discussione l’importanza e la grandezza del sentimento che muove forze ben oltre il razionale ma esistono alcuni campi nei quali la conoscenza dovrebbe andare di pari passo all’amore e alla dedizione. Un giorno d’estate di qualche anno fa trovai un pipistrello per terra davanti casa. La mia intenzione era quella di aiutarlo perché era evidente che non stesse bene. Una delle prime cose che feci, fu quella di metterlo in sicurezza levandolo dalla strada e ponendolo in una scatola. In quella circostanza, però, il mio amore per gli animali non sarebbe bastato a salvargli la vita perché il pipistrello aveva bisogno di qualcuno che conoscesse profondamente la sua specie per sapere cosa fare per rimetterlo in forze. La conoscenza approfondita di una specie diversa dalla nostra ci consente di rispettare (ed aiutare come in questo caso) quel soggetto secondo le leggi che governano la sua natura, evitando di farci cadere nell’errore comune dell’antropomorfizzazione o reificazione del soggetto in questione. Antropomorfizzare significa, infatti, attribuire caratteristiche umane a ciò che umano non è, mentre reificare significa far diventare un oggetto (e quindi trattarlo come tale) ciò che oggetto non è. Non mi sarebbe bastato provare un sentimento d’amore verso il pipistrello per salvargli la vita se dopo averlo messo in sicurezza non avessi proseguito con azioni di cura e benessere nei suoi confronti nel rispetto della sua etologia. Per far ciò, però, mi sarebbe servita una conoscenza profonda della specie che io non avevo; perciò, presi la decisione di consegnarlo all’autorità che si occupa del recupero della fauna selvatica. Siamo portati a credere che se una cosa potrà essere giusta per noi, lo sarà necessariamente anche per “l’altro”, a prescindere di chi sia “l’altro”. Se poi “l’altro” è una specie diversa dalla nostra con la quale non riusciamo a comunicare con lo stesso linguaggio, allora il pericolo di cadere nell’antropomorfizzazione sarà dietro l’angolo. Gli animali che vivono con noi come i cani ed i gatti, ma anche i conigli o gli uccellini per citarne alcuni, sono i soggetti più a rischio nel subire l’effetto di questa nostra deriva emotiva. Possiamo definirli un po’ come “errori d’amore”, fatti non per non curanza ma al contrario, per un’eccessiva immedesimazione e trasporto emotivo nei loro confronti. Per questo a volte l’amore non basta, perché senza un’adeguata conoscenza della specie si potrebbe rischiare di non soddisfare pienamente dei loro bisogni etologici che, in realtà, noi non consideriamo perché non li conosciamo. L’amore, quindi, basta quando si ama nel rispetto de “l’altro” e non nel riflesso de “l’altro”.
Dott.ssa Francesca Alcinii