Parlare dell’acqua è come parlare della vita. Noi nasciamo nell’acqua: è il liquido amniotico che ci permette di assumere il nutrimento nella vita intrauterina e quando siamo giunti al termine della gestazione “si rompono le acque” che vuol dire che ciò che ci permetteva di avere cibo per la nostra sussistenza, ha terminato la sua funzione e da quel momento quello che era un embrione di persona, assume una definizione compiuta.
L’acqua ha ispirato tanti poeti ed artisti: impossibile, non annoverare tra essi Francesco Petrarca, che nel suo Canzoniere scritto intorno al 1340, declama le “chiare, fresche e dolci acque” probabilmente ispirato dallo scorrere del fiume Sorgue, nel dipartimento di Valchiusa, a pochi chilometri da Avignone.
L’acqua è indubbiamente una sostanza vitale al nostro esistere: quando si è bambini si deve bere molto così come quando si è anziani, perché l’acqua contribuisce alla pulizia dalle nostre scorie, ci disintossica.
Tutte le città importanti in Italia o in Europa nascono in prossimità di un fiume, che doveva essere navigabile, per favorire i commerci e la riserva idrica di cui popolazioni numerose e molto concentrate avrebbero avuto un grande bisogno di acqua per continuare ad esistere e ad incrementare il proprio risiedere in quel luogo: Roma con il Tevere, Torino con il Po, Verona con l’Adige, Firenze con l’Arno per poi pensare alla Senna per Parigi, al Tamigi per Londra, alla Neva per San Pietroburgo e per finire con il Danubio che bagna molte capitali dell’Est, da Vienna a Budapest.
Oggi abbiamo penuria d’acqua.
Gli sconvolgimenti climatici stanno colpendo la fonte della nostra permanenza in vita.
Il pensiero mi corre al traforo del Gran Sasso : è noto che il “gigante che dorme” è una montagna permeabile che ha nelle sue viscere sette falde acquifere: l’acqua è talmente presente all’interno del massiccio più alto dell’Appennino che, nel corso delle trivellazioni necessarie per unire i due versanti, esplose una inondazione che allagò la località di Assergi, quando si era andati a perforare e si era arrivati solo al seconda di quelle falde.
Il risultato della capienza idrica del Gran Sasso, a traforo ultimato, non si fece attendere in termini negativi e quella montagna che dà da bere ad oltre ottocentomila abruzzesi, registrava un abbassamento della sua quota idrica.
Non oso pensare cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il progetto della realizzazione di un terzo traforo.
Il rischio, tutt’altro che improbabile, è che noi abruzzesi saremmo andati incontro ad un razionamento dell’acqua per effetto di un’opera molto discussa e discutibile.
L’acqua va sicuramente non dispersa e ne va fatto un impiego molto oculato, ma chi non può essere dimenticata è quella che oggi sembra essere stata una “meteora svedese” che è apparsa ed oggi, a causa dei venti di guerra, si è ecclissata: mi riferisco a Greta Thunberg che ha infiammato le piazze d’Europa e degli Stati Uniti, arrivando a tenere una propria conversazione alle Nazioni Unite.
Greta ha allertato, con quella freschezza che solo un’adolescente possiede, che eravamo prossimi agli sconvolgimenti climatici che significano scioglimento dei ghiacciai e innalzamento delle acque dei mari. Gli abbiamo risposto con una guerra dalla conclusione tutta da scrivere e, per sopperire alla mancanza delle fonti energetiche, abbiamo rispolverato le centrali a carbone!
Credo che essere più sordi e ciechi di così è cosa impensabile! Ormai il quadro desolante è che la globalizzazione ha davvero messo in evidenza la parte peggiore di sé e che sarà necessario “ripiegare” in tante regionalizzazioni virtuose, capaci cioè di esprimere la propria avvedutezza nel porre nella propria agenda delle emergenze, la prima indiscutibile urgenza: l’acqua.
Ernesto Albanello