La follia come arma

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La scrittura, spesso, è una via di fuga da un mondo che ci tarpa le ali, che ci inganna coi suoi sotterfugi, che somiglia, sempre più, ad un teatrino di marionette. Ogni periodo storico porta con se la fine del mondo, eppure, il mondo è ancora lì! Ma penso ai periodi più bui, quando non c’era la libertà di stampa e, allora, neanche attraverso le parole scritte era permesso fuggire, a meno che…, a meno che sfruttando certe figure retoriche, era possibile rifugiarsi nell’allegoria o addirittura nella follia, ed ecco che il peso schiacciante dell’inganno, divenne un mezzo, per parlare, e per custodire una certa forma di integrità morale. Di pensiero in pensiero, come fotogrammi di una pellicola, torno indietro, fino ad incontrare certi scrittori che, grazie alla follia dei loro personaggi -figure che si ribellano, che non riescono ad omologarsi, che credono negli ideali-, hanno realizzato opere letterarie immense. Personaggi che arrivano a toccare il fondo, e da quel luogo di disperazione, emarginati dalla società, possono gridare ciò che vogliono. La follia dunque, come arma per combattere la censura, per sparare contro, contro certi regimi ad esempio. Penso alla letteratura russa, legata da secoli al controllo statale e, inevitabilmente, mi sovviene il più grande degli scrittori russi, il più grande per me: Dostoevskij. I suoi personaggi non sono legati ad un filo come le marionette, limitati quindi, nei movimenti, rigidi nel loro incedere, no, i personaggi di Dostoevskij sono mutevoli, evolvono insospettatamente e inaspettatamente, volteggiando dentro cieli carichi di nubi, e di morte, come quella che egli stesso assaggia nel 1949, l’anno del suo arresto.

Fu arrestato, presumibilmente, a causa della sua partecipazione, seppur sporadica, al circolo Petrasevskij, che prende il nome dal suo fondatore, tra i più attivi divulgatori delle idee liberali e socialiste occidentali, dove si dialogava liberamente, disquisendo su svariati argomenti, tra cui la libertà di stampa. Anche se questi giovani, all’atto pratico non vennero colti in nessuna azione particolare, se non quella del parlare nel salotto di Mihail Butasevic-Petrasevskij, erano comunque controllati dalla polizia, e il 23 aprile 1849 molti di loro vennero arrestati. L’accusa fu di aver tradito lo zar, con lo scopo di agire contro l’Impero. Al momento dell’esecuzione, tuttavia, grazie a non si capisce bene “quali svaghi dell’Imperatore”, la pena di morte venne tramutata in lavori forzati. Una sorta di miracolo che, segnò, profondamente, l’animo di Dostoevskij, divenuto, successivamente, un esempio immane di realismo psicologico.

Virginia Woolf dice:

<<I romanzi di Dostoevskij sono gorghi ribollenti, tempeste di sabbia vorticose, trombe d’acqua che sibilano e ribollono e ci risucchiano.>>

Alessandra De Angelis

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