Intelligenza emotiva o Intelligenza artificiale

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Stiamo assistendo ad una crescita di spazi occupati dalla rete, che prima erano una prerogativa della mente umana.

La cosa più sconvolgente è che tutto questo stia avvenendo nella totale indifferenza o nella supina accettazione di moltitudini di persone che si sono ormai arrese alla invasione del digitale ai danni dalla propria capacità dell’essere artefici del pensiero.

Ormai è sufficiente trasferire alcune parole in un’apposita app e disporre che la stessa elabori una riflessione per nostro conto, su nostra delega e nel breve volgere di qualche attimo vediamo che un argomento prende forma, denso di apposite riflessioni.

La persona che legge “quello che ha scritto”, si rende conto che non è stato “frutto” dalla sua mente, ma è il risultato di una sintesi di considerazioni che arrivano da molteplici “motori di ricerca” capaci di costruire   una tematica estremamente profonda ed elaborata.

Qual è la conclusione a cui ci stiamo incamminando? Ad una “decerebrazione” crescente?

Stiamo svuotando le menti, sottraendole a quegli stati d’animo che mettono in atto le idee, cioè gli incontri tra neuroni che accrescono le capacità di progettare, di pregustare, di sognare?

La mia sensazione è che si stia sottovalutando un temibile “mostro” che è ormai l’anticamera di tutti i mali, che è quello “del vivere”.

Mi riferisco alla depressione, quel “male” che era stato profetizzato come il più minaccioso dopo le malattie cardiovascolari, già dal 2015 e che è stato sottovalutato in modo pericoloso.

E’ tempo che “prenda il largo” la intelligenza emotiva, visto che quella razionale ha dato ampia prova di farsi cannibalizzare dagli stessi prodotti che ha messo in campo.

Rallentare i ritmi, ascoltare il mondo interiore, scavare nel nostro profondo: ecco spiegata la ragione per cui la grande produzione vuole che miliardi di esseri viventi restino incollati ai loro cellulari, totalmente asserviti alle sollecitazioni esterne in modo da spegnere le inquietudini e le ansie che continuano a bussare alla “porta dell’invito” a guardarsi dentro.

E’ giunto il momento della intelligenza emotiva: non si pensava arrivasse in una fase così emergenziale, ma non possiamo sempre sperare che oggi, qualcosa di non più rinviabile, possa calpestare una guida rossa impreziosita da orchidee e begonie.

Esplorare il mondo che potrà permetterci di gestire e di accogliere le paure, come percepire il coraggio, oppure vivere la tristezza o la malinconia, sdrammatizzandole e saper cogliere uno stato di rabbia, ma senza sensi di colpa, diventa la sola strada in grado di farci coesistere con i nostri simili.

Allora prenderà corpo e si materializzerà l’empatia e, quindi, la propensione ad immedesimarci negli altri, per intraprendere finalmente un percorso che sarà cooperativo e disposto a considerare la intelligenza artificiale come qualcosa di ingombrante e di sovrastrutturale, se studiata per sostituire la intelligenza delle donne e degli uomini.

Ernesto Albanello

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