La chiave dell’intelligenza artificiale è sempre stata la rappresentazione

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La digitalizzazione è una rivoluzione che sta radicalmente cambiando il mondo aziendale di molte imprese e di come svolgono le proprie mansioni. Tra le applicazioni digitali più innovative vi è l’intelligenza artificiale, una tecnologia che potenzialmente potrà avere un impatto enorme sulla gestione aziendale ed essere decisiva come fattore critico di successo in mercati sempre più dinamici e competitivi. Tecnologia che però richiede ingenti investimenti e cambiamenti di cui bisogna tenere conto. L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire una guida che possa aiutare le imprese che vogliono cimentarsi in questo cambiamento a prepararsi adeguatamente all’applicazione dell’intelligenza artificiale nei propri processi aziendali. Basandosi su un’analisi della letteratura e su casi pratici di realità locali e internazionali si evidenzieranno tutti quegli elementi critici nonché le risorse e le competenze necessarie per lo sviluppo di un proprio progetto. Dall’importanza di dati di qualità, alle risorse necessarie, fino alle competenze ibride dei dipendenti e alla cultura aziendale che dovrà essere agile ed orientata al digitale. C’è chi pensa che l’Intelligenza Artificiale sia la cosa migliore che potesse inventare l’essere umano, dall’altro lato c’è chi pensa che sia la cosa peggiore. Secondo la visione più ottimistica, l’Intelligenza Artificiale porterà l’essere umano ad uno stato superiore rendendo la sua vita migliore sotto tutti i punti di vista ed eliminando le disuguaglianze tra le persone. Al contrario, secondo la visione pessimistica, l’Intelligenza Artificiale porterà la razza umana all’estinzione. Probabilmente entrambe le visioni sono troppo estreme per verificarsi. Tuttavia, nonostante non si riesca (ancora) a giungere ad una conclusione condivisa sul fatto che l’Intelligenza Artificiale sia o meno favorevole per lo sviluppo della qualità della vita dell’essere umano, è bene che esista e che si sviluppi questo dibattito. Nel dibattito sull’Intelligenza Artificiale non viene sempre data la giusta importanza al funzionamento degli algoritmi. Comprendere il funzionamento di questa tecnologia è fondamentale per capire in che modo potrebbe evolversi e realmente a che punto è il suo sviluppo. Dopo che si è compreso il suo funzionamento, e le sue reali applicazioni, è possibile instaurare un dibattito sugli effettivi sviluppi che potrebbe avere in futuro.

Anche se la nascita effettiva dell’intelligenza artificiale è avvenuta solo in tempi recenti, il suo sogno ha origini molto più lontane: il desiderio dell’uomo di realizzare un soggetto in grado di emulare i propri comportamenti è un qualcosa che lo tormenta fin dalla notte dei tempi. Si tratta quasi certamente di una chimera che lo ha accompagnato in ogni luogo e periodo storico, continuamente e ovunque: dopotutto basterà ricordare che la letteratura, i miti e le leggende, da sempre considerate memoria e volontà di interi popoli, sono sovrappopolate da misteriosi esseri caratterizzati da atteggiamenti e pensieri tipicamente umani. A volte questi esseri sono stati descritti come creature antropomorfe, dall’aspetto in tutto e per tutto simile al nostro; altre volte, invece, si trattava di entità incorporee, più simili a ombre inconsistenti che a individui in carne ed ossa, contraddistinte però da capacità di pensiero e linguaggio prettamente umani. Indipendentemente da come possano apparire, ci sono stati presentati sia come mostri abominevoli, araldi di morte e distruzione, sia come spiriti benigni, portatori di prosperità e armonia.

L’Intelligenza Artificiale ha un enorme legame con lo sviluppo dei computer, che iniziarono a diffondersi negli anni 40’ con i lavori di McColloch e Pitts. Sono proprio queste caratteristiche “umane” che hanno fatto nascere molte discussioni e aspettative riguardanti questa tecnologia, sia positive sia negative.

Dopo alti e bassi della rispondenza con la verifica dei dati dell’intelligenza umana negli anni 80’ si assistette ad una rinascita dell’interesse per l’Intelligenza Artificiale e questo fu dovuto a uno sviluppo più pratico che teorico, in modo tale da affrontare i problemi tramite sistemi esperti in determinati settori. L’avvento del wireless è stato fondamentale per l’evoluzione di computer perché senza questa tecnologia i computer vengono considerati come singoli mentre con una rete globale che li collega possono essere considerati come uno solo grande cervello con amplia distribuzione e con un’ampia connettività, questo è un enorme vantaggio per l’Intelligenza Artificiale rispetto all’intelligenza umana, perché permette un’integrazione della conoscenza. L’andamento storico della ricerca nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale ha avuto un andamento ondulatorio con periodi di grande ottimismo e ingenti finanziamenti, e periodi meno floridi nei quali non si riuscirono ad essere all’altezza dei risultati attesi facendo perdere parte dell’interesse per l’argomento e molti dei finanziamenti con la conseguenza di una crescita più lenta e difficile.  È necessario considerare se gli effetti che questa tecnologia potrebbe avere siano probabilmente più positivi o più negativi. In aggiunta a questo andrebbe considerato che non è possibile prevedere gli effetti futuri in maniera certa ma che le nuove tecnologie hanno sempre degli impatti inaspettati, positivi o negativi che siano. Il punto centrale è comprendere se, questi effetti, potenzialmente, saranno più negativi che positivi. Gli scienziati e gli ingegneri si trovano di fronte a considerazioni etiche sul modo in cui svolgere il proprio lavoro, sulle modalità di applicazione delle nuove tecnologie e sulla scelta di quali progetti portare avanti e quali considerare troppo rischiosi da sviluppare. Negli ultimi anni sta prendendo sempre più rilevanza la discussione sulla correlazione tra l’Intelligenza Artificiale e la coscienza, perché questa discussione potrebbe avere implicazioni molto importanti e potenzialmente pericolose per il futuro degli essere umani. Ad oggi nessuno ritiene che l’Intelligenza Artificiale abbia raggiunto un livello tale da poterla considerare cosciente, e alcuni ritengono che non potrà mai essere definita come tale. Il punto centrale è capire cosa si intende con coscienza, e purtroppo non è possibile definire la coscienza in modo unanime, ma piuttosto secondo una visione soggettiva degli individui. Se si considera la coscienza anche in termini di volontà e responsabilità dell’entità che compie determinate azioni, allora, si deve considerare la possibilità che queste entità possiedano il libero arbitrio. Questa considerazione ha impatti sul come andrebbe considerata un’azione di un’entità artificiale nel futuro. È necessario chiedersi se la volontà di queste unità esista e se la responsabilità debba ricadere su di loro o su chi le ha programmate. Uno degli aspetti più critici dell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale riguarda le potenziali applicazioni militari e terroristiche, data la loro pericolosità. Le applicazioni militari sono molto pericolose, ma non vanno intese come robot che controllano armi al fine di sterminare l’umanità. Questi stessi automi potrebbero diventare le armi. Potrebbero essere in grado di identificare gli obiettivi in maniera totalmente autonoma. Tuttavia, consentire ai sistemi di Intelligenza Artificiale di agire in modo indipendente potrebbe risultare molto pericoloso, perché queste, diversamente dalle organizzazioni, non dipenderebbero dagli esseri umani per prendere decisioni.

Il principale argomento di discussione che viene spesso indicato come maggiore paura e argomento di dibattito è l’effettiva sostituzione dell’essere umano nelle mansioni lavorative, soprattutto quelle che richiedono un basso livello di specializzazione ’intelligenza artificiale causerà sì delle perdite di posti di lavori ma il maggiore impatto sarà sugli impiegati piuttosto che sul numero d’impieghi. Secondo la loro analisi, infatti, l’intelligenza artificiale s’integrerà sempre più nelle mansioni lavorative a supporto delle persone più che nella loro sostituzione, rendendoli più efficienti e aiutati da questa tecnologia. Con il supporto dell’intelligenza artificiale non sarà più importante il titolo di studio di una persona ma le proprie capacità e abilità perché le informazioni saranno facilmente elaborabili e alla portata di chiunque con queste tecnologie, sarà comunque l’essere umano che dovrà scegliere se seguire il proprio istinto o meno.

Uno dei problemi legati all’intelligenza artificiale è quello definito della “scatola nera”, dato dal fatto che, oltre i programmatori che hanno compilato il codice stesso dell’applicazione, nessun altro sa come funziona. Spesso, forniti dei dati all’applicazione, questa comincia ad elaborare le informazioni per poi svilupparne una soluzione seguendo i meccanismi interni che sono andati a crearsi grazie all’auto apprendimento. Dall’esterno è impossibile capire quali elaborazioni interne all’applicazione abbiano portato allo sviluppo di una determinata soluzione e questo può sollevare dei dubbi sulla legittimità della soluzione proposta. Se da una parte l’importante è che l’applicazione svolga il suo lavoro correttamente, dall’altra parte questo potrebbe far sorgere delle problematiche laddove il risultato finale può avere importanti ripercussioni sulla vita delle persone, questi problemi, proprio per la natura nascosta, potrebbero essere ancora più difficili da individuare e correggere, tanto maggiori essi saranno. Come avviene con l’essere umano, ancora oggi non siamo in grado di comprendere completamente come funziona il nostro cervello. Uno dei pericoli che più viene percepito a riguardo è quello legato alla possibile discriminazione effettuata da una macchina data da determinati errori di base nella programmazione o nelle modalità con le quali è stata addestrata. Senza contare, poi, che mancando quelle peculiarità, caratteristiche dell’essere umano, come il “buon senso”, che prevarica la pura logica per venire incontro magari a determinate problematiche, una macchina nella sua freddezza calcolatoria potrebbe portare a soluzioni poco “umane”, che potrebbero addirittura portare a situazioni critiche o spiacevoli. L’intelligenza artificiale viene dipinta con una connotazione negativa, che spesso cerca di prevaricare l’essere umano e prenderne il controllo. Aldilà della fantascienza, però, la preoccupazione di base viene presa seriamente in considerazione da parte dei ricercatori.

Il Parlamento dell’Unione Europea ha recentemente adottato alcune proposte che precisano come andare a regolamentare l’Intelligenza Artificiale al fine di renderla il più efficace possibile, al netto degli standard etici e di privacy. In questa direzione, le norme devono sempre mettere al centro la persona che deve essere tutelata sia in termini di trattamento delle informazioni sia in termini di trasparenza dell’utilizzo degli stessi.

Il termine intelligenza emotiva, assume quindi la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali. Negli anni ottanta l’affermarsi di una visione poliedrica e scientificamente fondata delle capacità umane ha attribuito un peso più decisivo al mondo emozionale, alle motivazioni, all’empatia, alle capacità di autocontrollo e di adattamento. Le concezioni più recenti e innovative riguardano le intelligenze multiple di Howard Gardner secondo il suo pensiero l’intelligenza emotiva tende ad aumentare in proporzione alla consapevolezza degli stati d’animo, al contenimento delle emozioni di sofferenza al maggiore affinamento dell’ascolto e della sensibilità empatica. Secondo lui le competenze emotive fondamentali sia personali il modo in cui controlliamo noi stessi, sia sociali che determinano il modo in cui ci prendiamo cura delle relazioni con gli altri. La gestione delle emozioni si riferisce alla nostra capacità di scegliere come ci esprimeremo in una data situazione. L’obiettivo è il criterio con cui gestiamo le nostre emozioni. L’empatia gioca un ruolo fondamentale nella gestione delle emozioni e usando la capacità che essa ci offre, ci dà la possibilità di intuire e riconoscere le emozioni degli altri. La empatia non significa vivere le emozioni degli altri, ma comprenderle in base alle nostre esperienze. L’arte dell’intelligenza emotiva è riassunta in questa componente. Abbiamo così l’opportunità di creare le nostre relazioni utilizzando gli elementi fin qui citati: fissiamo i nostri obiettivi, canalizziamo le nostre energie ed emozioni in base all’obiettivo, usando l’empatia come strumento, esprimiamo e identifichiamo le nostre emozioni in modo coerente. Saremo consapevoli della nostra responsabilità e di quella degli altri nelle relazioni interpersonali. 

Socrate, Platone e Aristotele avevano attuato una distinzione per certi aspetti simile tra ragione ed emozione, affermando, in particolare, il primato della prima sulla seconda.

La probabilità di verificazione di un evento casuale presuppone linearmente la sua conoscenza, il modo in cui questa viene percepita e la valutazione del rischio connesso al processo decisione-azione. In tale contesto, si rinvengono i concetti riguardanti il riconoscimento dei sentimenti, il controllo delle emozioni, l’empatia, l’attivazione di efficaci relazioni, tutti concorrenti a definire la principale dote di cui le risorse umane devono essere in possesso, vale a dire l’intelligenza emotiva. In un sistema aziendale si studiano le variabili che normalmente determinano il successo aziendale, senza dedicare particolare attenzione al fatto che una importante quota del successo stesso possa essere attribuito alla casualità, vale a dire il ruolo che riveste la “fortuna” nel raggiungimento di prefissati obiettivi. La sempre più ampia diffusione dell’I.A. porta a riflettere su questioni economiche fondamentali legate a quest’ultima, prima fra tutte su cosa accadrebbe se l’I.A. permettesse di automatizzare un crescente numero di attività precedentemente svolte attraverso l’impiego di lavoro umano. L’I.A. potrebbe impattare nella produzione ordinaria di beni e servizi aumentando la crescita economica e i profitti; allo stesso tempo potrebbe cambiare il processo secondo cui vengono create nuove idee e tecnologie, aiutando gli innovatori nella risoluzione di problemi complessi e permettendo, in questo modo, di ridurre lo sforzo creativo, l’automazione di fasi della produzione che si è rivelato un aspetto chiave nella crescita economica.

Fino a pochi anni fa il principale problema degli scienziati coinvolti nella ricerca relativa all’I.A. era quello di poter dimostrare la realistica possibilità di utilizzare sistemi intelligenti per usi comuni; oggi questo obiettivo è stato ampiamente raggiunto, e ci si chiede spesso quale possa essere il futuro dell’ I.A.. Sicuramente molta strada deve ancora essere percorsa, soprattutto in determinati settori, ma la consapevolezza che l’I.A. oggi rappresenti una realtà, e non più un’ipotesi, determina l’insorgere di quesiti legati alle diverse possibilità di utilizzo dei sistemi intelligenti e al loro impatto sul tessuto sociale ed economico; se da un lato l’entusiasmo per l’evoluzione tecnologica risulta sicuramente molto evidente in diversi settori, dall’altro la paura che a breve le macchine possano sostituire del tutto l’uomo in molti luoghi di lavoro si è insinuata in maniera sempre più insistente nelle menti di molti. L’evoluzione tecnologica, già in passato, ha portato a sostituire la mano d’opera umana con macchine e computer che, in maniera più rapida e soprattutto più economica, hanno trovato largo impiego in diversi settori; l’uso massivo dell’I.A. determinerà, da un lato, un’ulteriore perdita di posti di lavoro e dall’altro la creazione di nuove tipologie di figure professionali. La crescita di opportunità di lavoro e vantaggio economico per gli innovatori potrebbe aumentare le diseguaglianze di trattamento sociale ed economico tra i vari strati della popolazione, già molto evidenti nell’odierna società, destando forti preoccupazioni a livello internazionale; nel contempo, con l’aumento delle attività potenzialmente automatizzabili, è possibile che si assista ad un aumento della disoccupazione, ad una contrazione dei salari in un numero di professioni sempre più elevato, ed alla crescita dei compensi per quelle, sempre meno numerose, che non possano essere automatizzate. Alcuni esperti e ricercatori non condividono tale visione pessimista, evidenziando come l’introduzione della meccanizzazione in agricoltura abbia spinto moltissimi lavoratori verso le città per trovare un lavoro nell’industria e come l’automazione e la globalizzazione abbiano determinato lo spostamento di molti lavoratori dal settore industriale a quello dei servizi in linea generale, il comportamento etico dei robot dovrebbe dipendere strettamente da quanto richiesto e realizzato dal progettista; in realtà, stante la crescente autonomia dei robot, determinata dalla loro capacità di apprendere dall’ambiente esterno e di prendere decisioni anche a fronte di eventi inaspettati senza alcun intervento umano, il comportamento etico in esame è quello dei robot stessi, intesi come entità decisionali autonome. L’ etica richiama le tre leggi della robotica formulate da Isaac Asimov, scienziato e scrittore russo definito come ‘profeta’ della robotica stessa, l’applicazione di tali leggi richiederebbe la creazione di una sorta di ‘autocoscienza etica’ all’interno del robot stesso da utilizzarsi in piena autonomia, prospettiva ancora lontana dal realizzarsi e per certi versi fantascientifica, risulta quindi indispensabile comprendere se le problematiche etiche relative a tali sistemi debbano contrastare tale sviluppo tecnologico, oppure se ci sia un modo per attuare uno sviluppo tecnologico utile e responsabile che possa portare vantaggi per l’uomo e le migliori soluzioni nascono da una utile e proficua interazione fra i sistemi di I.A. e l’uomo, in cui l’uomo ha la piena responsabilità sulla progettazione e sull’utilizzo di tali sistemi con  l’obiettivo di accrescere la sensibilità dei governi e del mondo economico nel destinare finanziamenti al settore dell’I.A. per sostenere un maggiore impegno della ricerca nel settore umanitario.

Maria Ragionieri

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