
Il concetto di energia può essere declinato in varie forme, materiali e non: il sottoscritto si fermerà a quella meno aulica e, forse, più controversa, cioè quella che serve a farci muovere e, più in generale, a farci usare tutti i nostri moderni devices ormai indispensabili nella vita quotidiana.
In questo periodo si sprecano gli strateghi della pianificazione energetica: in realtà è già da qualche anno che si discetta continuamente sul futuro delle fonti di energia e sul loro utilizzo. Vi dirò: tanta confusione regna sotto i cieli!
L’appassionante dibattitto di cui sopra era partito già negli anni ’80 con l’incidente di Chernobyl, poi sfociato in Italia nel referendum sull’energia nucleare, ma si era velocemente esaurito. Negli anni successivi si è poi ripresentato, prima timidamente quando è iniziata l’installazione (con numeri importanti) delle pale eoliche e degli impianti fotovoltaici, poi è esploso in tutta la sua dirompenza con la ribalta di disastri ambientali quali la deforestazione dell’Amazzonia o la riduzione della calotta artica. Nell’ultimo quinquennio poi si sono aggiunti fenomeni mediatici (e imprenditoriali) come Elon Musk e la sua Tesla, con contorno di tante manifestazioni di costume, come Greta e i “Friday for futures”.
Ci vorrebbe un’intera enciclopedia per provare ad essere esaustivo sul tema: non temete, non è il mio obbiettivo, che è invece quello di condividere la mia opinione con voi.
Il punto di partenza per provare a ragionare pragmaticamente sull’argomento credo che debba essere quali-quantitativo: definire prima di tutto che tipo di energia ci serve (elettrica, termica, meccanica, ecc.), poi QUANTA ce ne serve e con quali picchi (sia quotidiani che stagionali). Una volta definito ciò, si passa a decidere COME produrre questa energia, cercando di non fare danni all’ambiente.
Qui si scatena l’inferno: ci sono fazioni che fanno infuriare polemiche, basate a volte sull’opinione del bravissimo idraulico o del fruttivendolo sotto casa (il riferimento ad un particolare esponente politico e alla sua relativa fazione NON è casuale) o su fatti e numeri raccolti tramite il lancio di dadi, il tutto accompagnato da lettura e ascolto selettivi. Il risultato è che non è semplice farsi un’opinione senza approfondire per conto proprio e differenziando le fonti, chè la partigianeria è sempre in agguato!
Ad aggravare lo scenario ci pensano i problemi geopolitici, non nati due mesi fa con la sanguinaria invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ma già presenti da tempo: sto parlando della crisi del petrolio del 1973, oppure dell’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, dell’embargo del petrolio iraniano per fermare lo sviluppo delle loro armi nucleari, dell’embargo del petrolio venezuelano, oppure degli attacchi degli estremisti islamici ai pozzi petroliferi nigeriani. Ciliegina sulla torta, la richiesta sempre più elevata di energia da parte di Paesi emergenti come Cina e India, che non hanno esattamente la nostra stessa sensibilità ambientale…
Purtroppo l’unica inconfutabile realtà è che non abbiamo in Italia (e non solo) un piano strategico energetico degno di questo nome: tutto ciò non perché non ci siano persone competenti e capaci di costruirlo, ma perché tanti politici (non solo italiani) non hanno voluto dire una sacrosanta verità: il pianeta lo salviamo solo cambiando le nostre abitudini e spendendo (un po’) di più. A tutto ciò aggiungiamoci i vari comitati del no la qualunque, in pericolosa compagnia dei “nimby” (“not in my back yard”, letteralmente tradotto: non nel mio cortile) ed ecco creato il pantano in cui stiamo vivendo.
E’ uno scenario preoccupante, che richiede veloci assunzioni di responsabilità e decisioni pragmatiche, non guardando ai sondaggi sulle intenzioni di voto o sull’opinione pubblica più in voga, ma studiando fatti e numeri oggettivi, con conseguenti azioni da fare a breve, medio e lungo termine: è ora di smettere di parlare alla pancia della gente!
La mia opinione è che dovremmo prima di tutto sganciarci il più velocemente possibile dal giogo russo (anche producendo temporaneamente energia da fonti non pulite, come il carbone), parallelamente riprendere in mano il dossier nucleare (anche se ci vogliono quasi 10 anni perché una centrale inizi a produrre energia), poi continuare a incrementare le installazioni eoliche e fotovoltaiche, con la consapevolezza che NON possono essere lo zoccolo duro energetico, data la loro incostanza di produzione (ad es. UK lo scorso anno ha avuto un grave problema di disponibilità energetica a causa di un periodo di scarsa ventosità nel Mare del Nord), rafforzare se possibile la produzione idroelettrica e infine continuare ad ottimizzare la produzione di energia con le centrali a gas.
A contorno di ciò, sviluppare (finalmente) una rete di termovalorizzatori adeguata alla produzione di rifiuti fatta in Italia: ok, lo so che dovremmo sviluppare di più l’economia circolare e produrre meno rifiuti, ma pensate che sparirebbero completamente grazie ai circoli virtuosi? O forse pensate che sia meglio mandare i rifiuti in discarica, oppure fargli percorrere l’Italia (e l’Europa) in lungo e in largo per poi portarli ai termovalorizzatori degli altri (ricordate i “nimby” di cui ho scritto prima) e poi comprare la loro energia, prodotta con i nostri rifiuti? Mi rivolgo a coloro che non vogliono i termovalorizzatori: magari provare a capire qual’è la differenza tra un incenerito e un termovalorizzatore, che ne dite?
Sì, sono polemico: è che in questi ultimi anni questo argomento (e non solo) ha portato alla ribalta dei santoni che pensano di essere scienziati perché certi nostri connazionali, affetti da analfabetismo funzionale, li osannano. Attenzione, non ne faccia una questione di titoli di studio, perchè un idiota che abbia una laurea è solo un idiota titolato: è ciò che ho risposto quando qualcuno mi ha fatto notare che i parlamentari di una certa parte politica da me poco apprezzata (quelli dell’idraulico esperto menzionato prima…) hanno i miei stessi titoli di studio.
Magari senza polemizzare come ho un pò fatto io, è questo ciò che mi aspetto dalla classe politica: prendere il toro per le corna e fare scelte anche impopolari, ma basate su fatti scientifici e numeri oggettivi.
Che poi è quello che dovremmo provare a fare tutti noi nella nostra vita, rinunciando a qualcosa e spendendo (investendo?) di più su altro, o no?
Gerardo Altieri