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Il turismo archeologico in Abruzzo puo’ e deve emergere ma ci vuole strategia

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Il turismo archeologico in Abruzzo puo’ e deve emergere ma ci vuole strategia

La pandemia ha scombussolato tutto e tutti, ha fermato l’impensabile, spaventato e disorientato moltissime persone e ha compromesso tantissimi campi (se non tutti), economici e sociali.

Sicuramente il turismo è stato toccato nel profondo, non potendo viaggiare o potendolo fare con diverse restrizioni, più giuste o meno giuste, più forti o meno forti tutto ciò che ruotava intorno al viaggio ha subito dei rallentamenti. 

Di ristoranti agli alberghi a tutto ciò che è strettamente legato alle attività di visita tutto ha richiesto tempo e nuovi investimenti per tornare in pista.

Per quanto riguarda la cultura come al solito, si sono fatti figli e figliasti. Le grandi strutture dal Parco archeologico del Colosseo alla valle dei templi di Agrigento, dal Museo Egizio di Torino a Pompei, il flusso di visitatori sembra tornato quasi alla normalità. 

Se non del tutto in larga parte le persone hanno ripreso a visitare questi grandi parchi e musei. Ma stiamo parlando di strutture organizzate e pubblicizzate, conosciute e studiate.

Chi ci rimette è sempre il piccolo. Se prendiamo il caso dell’Abruzzo tanto si sarebbe potuto fare (e si può ancora fare) per rendere turistiche delle mete archeologiche spesso sconosciute ma importantissime. 

L’archeologia è amministrata dal Ministero della Cultura, il MIC, ed è questo ministero, con vari organi territoriali che si occupa di tutela e valorizzazione del territorio. Ma con quali risorse?

Troppo spesso i mezzi non esistono. Calo di personale pubblico e burocratizzazione selvaggia compromettono lo svolgimento di progetti e gestione di risorse preziose.

Mettiamoci anche una certa situazione di degrado dei siti. Spesso non curati dai comuni in cui essi si trovano. Entità che non vedono e riconoscono il valore del patrimonio spesso dimenticato e compromesso presente sul loro territorio. Sono poche le amministrazioni comunali che si occupano dell’archeologia e se lo fanno e un’archeologia ben visibile e riconoscibile. 

L’Abruzzo possiede tantissimi siti preromani, non monumentali e immediatamente fruibili come le strutture romane o medievali più conosciute e studiate. Poco conosciuti grazie alla scuola che non si preoccupa minimamente di studiare ciò che venne prima di Roma (sarà un retaggio del ventennio?) i siti protostorici, nonostante rappresentino la vera identità della nostra terra sono ignorati e non sfruttati a livello turistico.

Le grandi agenzie di viaggio vogliono i grandi siti? Si.

Preferiscono le grandi infrastrutture? Si.

Possiamo fare qualcosa per far conoscere comunque il nostro patrimonio? Si.

Progetti, comuni, associazioni, percorsi turistici e naturalistici, tutto è utile per iniziare. 

Certo ci vorrebbe un piano di valorizzazione e fruizione di “massa” che non comprometta il patrimonio, ma il turismo di nicchia può e deve essere sviluppato.

La regione, le province e i comuni potrebbero scegliere (meglio) a chi indirizzare i fondi, soprattutto quando si parla di progetti di comunicazione non gestiti da professionisti del settore!

Non fidatevi/affidatevi a chi dice “sono appassionato di archeologia” perché spesso vi parlerà di come gli alieni abbiano costruito le piramidi in Abruzzo, dando informazioni sbagliate e facendovi perdere quelle belle e importanti che possono riportarci nel nostro passato.

La cultura cura e fa bene al cuore, riconoscersi nell’identità della propria terra aiuta ad apprezzarla e rispettarla e rispettando la nostra regione rispetteremo noi stessi.

Non vi sembra un passo fondamentale per il miglioramento?

Dott.ssa Andrea Di Giovanni

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