Il presente: la culla del futuro!

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Secondo gli studi più recenti, un insieme di conoscenze e di competenze, leadership e capacità relazionali, essenziali per accompagnare con motivazione e responsabilità, i nuovi modelli organizzativi del lavoro che cambia.

Se la pandemia ha costretto tutti a prendere maggiore consapevolezza del ruolo del lavoro da remoto nella definizione delle nuove strategie organizzative del lavoro che cambia, è anche vero che, al di là del lavoro da remoto, senza il giusto equilibrio tra competenze tecniche e tecnologiche, flessibilità, competenze relazionali e spirito di collaborazione, non è possibile iniziare a fare i conti con il consolidamento di quelle nuove modalità di lavoro per le quali autonomia individuale e collaborazione in team di progetto, giocheranno un ruolo fondamentale. 

Stiamo finalmente uscendo da un lungo periodo di sospensione, di paura certo, ma anche positivo e di speranza, che ci sta conducendo a grandi passi verso il futuro. Un futuro foriero di una nuova consapevolezza, data dalla concreta possibilità di divenire attori di un cambiamento che non solo è nell’aria da tempo, ma che oggi è divenuto ineludibile affrontare. Dopo quasi due anni trascorsi nostro malgrado lontani, al chiuso e assediati dall’emergenza sanitaria abbiamo riscoperto il piacere di stare insieme, del rientro in ufficio, di tornare a vivere. Ma non è più il mondo che conoscevamo, siamo nei nuovi ruggenti anni Venti.

Quello che ci ha insegnato la pandemia è che nulla sarà più come prima. Abbiamo ormai imboccato, che ci piaccia o no, una strada di non ritorno che è necessario percorrere mantenendoci saldi su quello che abbiamo imparato fino a qui, ma con il cannocchiale ben aperto verso l’orizzonte e il futuro. Perché senza la consapevolezza di quello che siamo, non è possibile comprendere le potenzialità di quello che potremo essere. L’importanza della centralità dei valori dell’individuo, essenziali per poter guardare avanti. Ci siamo trovati in una situazione di costrizione senza precedenti e abbiamo dovuto metterci a pensare alle nostre vite e al nostro lavoro. Elementi di un tutto che è l’individuo, perché non esiste un tempo di vita e un tempo di lavoro. Si tratta di un tutt’uno che è quello che ci rende completi come individui. E se siamo individui completi, possiamo guardare con vigile consapevolezza ai cambiamenti che stanno accompagnando da tempo l’organizzazione del lavoro. Cambiamenti che la pandemia ha accelerato, che ha reso più evidenti, ma che erano già in atto. Il testo, che si rivolge agli HR, aziende, amministrazioni del personale, avvocati, consulenti, fiscalisti, studiosi della materia, vuole rappresentare quale sarà il nuovo modello organizzativo del lavoro che si andrà a configurare anche a seguito dell’accelerazione impressa dall’evoluzione tecnologica in atto, che vedrà la ripresa del lavoro fare i conti ancora con la permanenza del virus. Di alcuni di questi temi si discute ormai da tempo, come il welfare aziendale e lo smart working. Di altri, come l’influenza della digitalizzazione su molti dei processi HR o su come i social network stiano influenzando i processi di ricerca e selezione del personale, si è iniziato a parlarne un po’ di più negli ultimi anni. Di altri ancora, come l’importanza di dare concretezza agli strumenti contrattuali e organizzativi che assicurino il mantenimento delle competenze e il passaggio generazionale, si inizia a fare i conti in stretta connessione non solo con la valutazione della sostenibilità dei sistemi pensionistici, ma anche con la oggettiva esigenza di assicurare a tutti noi il substrato di conoscenze ed esperienze essenziale per non dover più “subire” i cambiamenti epocali cui ci ha costretto l’emergenza sanitaria, traendo invece da essi l’occasione per un reale ripensamento dei valori alla base del nostro modo di lavorare. E quando si parla di valori, di modo di lavorare, di identità, la riflessione non può che cadere sull’individuo. Centro e baricentro di ogni strategia organizzativa. In questa prospettiva, se la leva motivazionale che influisce nella costruzione dei nuovi modelli organizzativi è data da elementi quali, fiducia, senso di appartenenza, responsabilità (e, non ultima, qualità dei rapporti) – non a caso anche alcuni degli elementi che stanno alla base del vero smart working  – la valorizzazione delle competenze (unitamente alla valorizzazione del potenziale relazionale, umano e di soft skills che ciascuno porta con sé all’interno di ogni organizzazione), l’investimento nella formazione delle persone durante tutto l’arco della vita, la comprensione del ruolo svolto dal pensiero creativo nei processi di innovazione, sono tutti presupposti fondamentali del sistema di regole che governerà il lavoro del futuro.  

Competenze specialistiche e relazionali che non possono andare disgiunte ma che si alimentano appunto solo con la formazione continua. Perché è divenuto essenziale prendere coscienza dell’importanza che ha oggi quella che abbiamo iniziato a definire come la «sfida delle competenze». Ossia la sfida di riportare gli adulti a studiare e l’obiettivo di allenare le persone all’interno delle imprese ad acquisire nuove competenze ed a mantenere nel tempo, quelle acquisite. 

Sfida che, governata in parte dalla digitalizzazione e dalla tecnologia – elementi portanti della quarta rivoluzione industriale – impone a tutti i livelli (dalla scuola, all’università, all’impresa) la necessità di un profondo rinnovamento del sistema di formazione sia di base sia durante tutto l’arco della vita – lavorativa e non lavorativa. Obiettivo quest’ultimo di primaria rilevanza che, in ambito lavorativo coinvolge l’aggiornamento professionale in termini di reskilling e upskilling e, al di fuori dall’ambito lavorativo, la cultura generale. Ed è proprio la «sfida delle competenze» che può favorire la transizione tra vecchio e nuovo, nonché quel fondamentale processo di osmosi tra vecchie e nuove generazioni che guida verso quei nuovi mestieri che le trasformazioni nell’organizzazione del lavoro, l’innovazione tecnologica e le sfide della sostenibilità richiedono già oggi. L’importante è accompagnare l’individuo nell’interpretazione dei tempi che stiamo vivendo, con una attenzione particolare anche ai numeri, per capire meglio quali sono le basi di questa nuova normalità e, quali sono i settori e gli ambiti su cui è più importante riflettere in termini di nuova organizzazione del lavoro. L’obiettivo, forse ambizioso, ma anche oggettivamente realistico è proprio quello di un focus su alcuni grandi temi: lavoro da remoto, tecnologia e produttività; centralità dell’individuo, benessere e sostenibilità; equità, evoluzione dei sistemi di remunerazione e dei tempi di lavoro; competenze, nuovi mestieri e green new deal; ricambio generazionale, con l’apertura necessaria a cogliere i segnali evolutivi più importanti per il futuro di tutti. Perché il lavoro sia, e possa essere in modo effettivo, espressione dell’individualità di ciascuno di noi, in un contesto di valori condivisi che accompagnino con apertura e responsabilità i cambiamenti in atto. 

Solo attraverso la valorizzazione del ruolo che ciascuno ha all’interno delle organizzazioni è possibile affrontare una delle più importanti sfide del lavoro: favorire il ricambio generazionale. Con una popolazione in progressivo invecchiamento, con l’importanza che ha la tecnologia per le nuove generazioni, diviene essenziale ripensare al fondamentale ruolo di guida che le vecchie generazioni possono svolgere per quelle che oggi stanno facendo il loro ingresso al lavoro. Favorire, anche con strumenti contrattuali, il ricambio generazionale costituisce la più importante eredità che si può lasciare alle nuove generazioni per favorire la nascita dei nuovi lavori e mantenere nel tempo il know how e l’unicità che hanno sempre contraddistinto l’industria italiana.   

Perché la riflessione sull’individuo non sia uno slogan vuoto e alla moda, è necessario restituirgli concretezza e questo è possibile farlo attraverso un’analisi di quelli che sono per noi i temi più importanti della nuova era che stiamo vivendo.

Maria Ragionieri

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