Fashion and Colors

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La moda e il tessile come espressione comportano un elemento di volatilità, di transitorietà ed allo stesso tempo, possono costituire l’elemento “identitario” di una certa cultura. In primo luogo, gli atteggiamenti nei confronti della moda sono cambiati radicalmente nel ventunesimo secolo alla luce della globalizzazione, dell’innovazione tecnologica e della rivoluzione digitale, elementi che hanno permesso una crescita esponenziale delle informazioni che circolano con una velocità mai vista prima nella storia umana. L’abbigliamento è stato sempre più spesso avvicinato come un mezzo di espressione di sé, piuttosto che come un significante di status o professione di conseguenza, la questione dell’identità nella moda sta cambiando a velocità diverse in varie parti del mondo, a seconda di quanto la regione sia connessa con il mondo globale, o invece sia ancora ancorata alle sue tradizioni e al suo patrimonio locale.

La differenziazione tra Oriente e Occidente, tra Occidente e Oriente, a cui si fa spesso riferimento, richiede alcune spiegazioni. Oggi, l’Oriente e l’Occidente sono caratterizzati da approcci diversi in molti settori diversi: religione, società e, naturalmente, anche la moda. Questa differenziazione non è statica, poiché si basa su idee che sono cambiate nel corso della storia e che hanno dato origine a diverse tradizioni di pensiero. Sebbene “Oriente” e “Occidente” siano spesso intesi come l’indicazione di due categorie astratte, come rappresentazioni simboliche di due concetti di vita e di pensiero diversi e spesso opposti, queste due poli geografici si sostengono e si riflettono l’uno nell’altro. Detto questo, è anche vero che in una prospettiva storica, attraverso i cambiamenti delle “mode”, diventa possibile cogliere le trasformazioni sociali che hanno caratterizzato la società occidentale. La costante volontà di innovare con soluzioni originali ed efficaci ha portato i designer occidentali a incorporare l’aspetto distintivo di altre culture, reinterpretato dalla creatività e dalla sensibilità del designer verso le altre culture. Questa non può essere considerata una novità, in quanto le influenze di culture lontane erano presenti nella moda europea fin dall’apertura del commercio della seta, risalente al IV secolo. Il tessile dunque ha cominciato a viaggiare tra i paesi prima ancora degli uomini, quasi al loro posto e fin dall’antichità. D’altra parte, al di là degli scambi e delle ibridazioni, che costituiscono l’essenza del prodotto tessile, esistono tradizioni specifiche che rispecchiano da vicino la cultura in cui sono nate e proprio per questo motivo il tessile è sempre stato un veicolo perfetto per stabilire, esprimere e mantenere l’identità culturale delle persone. Influenze, a volte reciproche, diffuse, che coinvolgono non solo il commercio di beni e materiali, ma anche di stili, forme e ideali di bellezza.

I colori parlano di moda di tessuto nell’ambito del neuromarketing, una recente disciplina volta all’individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali d’acquisto mediante l’utilizzo di metodologie legate alle scoperte delle neuroscienze, si stanno sviluppando degli studi volti a stimolare i consumatori all’acquisto favorendo la scelta di una tinta da parte dell’azienda nel packaging dei loro prodotti o la sfumatura delle pareti dei loro negozi. Ad esempio il rosso è in grado di suscitare calore e attrarre, perciò viene spesso utilizzato nelle vetrine dei negozi, soprattutto quelli di grandi dimensioni; per controparte la sua capacità di provocare una sensazione di eccitazione, nelle pareti interne dei negozi si preferisce l’utilizzo di una tinta blu che favorisce il rilassamento e stimola i clienti a una scelta più rilassata. Ci sono studi in ambiti sinestetici nei quali vengono associati i colori alla musica per facilitare la persuasione del consumatore all’acquisto. Anche il colore del piatto in cui le pietanze vengono servite e l’illuminazione ambientale possono suscitare impressioni diverse in modo da far apparire le pietanze come più o meno invitanti o più o meno abbondanti. Diventa perciò importante prendere in considerazione le percezioni sensoriali e come il colore degli oggetti, per gli esseri umani, sia essenziale in termini di marketing e strategie pubblicitarie. Una ricerca sul colore, in collaborazione con l’Università di Winnipeg, ha dimostrato che i consumatori hanno solamente bisogno di un massimo di 90 secondi per dare un giudizio su un prodotto con riferimento al suo valore, affidabilità, ed altro, e che il colore conti dal 62 al 90% di questo risultato. Quindi diverse teorie e ricerche dimostrano che il colore è capace di influenzare notevolmente gli atteggiamenti e le percezioni di un marchio pubblicitario. Il colore è l’elemento visivo che meglio si assimila e richiama forme e parole, tant’è vero che le nostre percezioni visive si mettono in relazione con le nostre esperienze passate e quindi stimolano il ricordo. Pertanto ogni colore ha un significato nascosto ed esercita i suoi effetti a livello inconscio, fino a suscitare in chi li percepisce un’idea secondo la quale indossandoli e utilizzandoli si piace a sé e agli altri e per favorire l’espressione della propria personalità. Un esempio esemplificativo nell’ambito della moda è il rosso Valentino, ideato dall’omonimo stilista, che è una miscela tra il rosso cadmio, il porpora e il carminio, è proprio questa particolare sfumatura di rosso che gli ha dato una fama internazionale. Una leggenda narra che l’ispirazione che ha portato lo stilista a questa predilezione risalga a quando in giovane età sia stato abbagliato dal rosso mentre era al teatro dell’opera di Barcellona ed il ricordo di quei personaggi sul palcoscenico vestiti di color vermiglio gli fece capire i valori intrinsechi di quel colore tanto intenso che lo ha condotto poi ad elaborarne una variante che ora lo identifica. Il verde Carven fu inventato dalla omonima stilista nel 1945, la quale ideò il cosiddetto “verde feticcio” ovvero un verde brillante fuso con il bianco che rese il suo marchio inconfondibile sia per quanto concerne gli abiti che il packaging della sua merce. Esistono colori nell’ambito della moda che sono diventati un marchio come il blu di Tiffany, che è stato brevettato e che appare come un blu tendente al verde come un mix tra il turchese e l’acquamarina. Questa particolare nuance deriva dalla mescolanza tra il blu del fiore “Non ti scordare di me” e il particolare colore dell’uovo del pettirosso (nello specifico è stata usata una variante più pallida), simbolo di fortuna. Esistono altre situazioni che sono riuscite a cambiare degli usi folcloristici della società, come la Coca-Cola nei confronti di Babbo Natale. In origine infatti Santa Klaus era di colore verde, come i suoi aiutanti Elfi. Successivamente a cavallo tra 800 e 900 apparirono sporadici casi nei quali l’abbigliamento era rosso e bianco, come siamo abituati a conoscerlo oggi. A fissare questi ultimi colori del personaggio nell’immaginario collettivo furono le pubblicità natalizie del celebre marchio “CocaCola”, che usarono questa figura come testimonial a partire dal 1931. L’Azienda infatti all’epoca era già una potenza commerciale tale da riuscire ad annullare l’uso di tutti gli altri colori che erano usati per rappresentarlo. Babbo Natale fu d’allora sempre rappresentato vestito in bianco e rosso proprio come una lattina di Coca-Cola.

La psicologia della moda studia il rapporto versatile e poliedrico che ognuno di noi ha con gli abiti e gli accessori, riconducendo questa varietà ad alcuni processi sociali e cognitivi che mettono in relazione gli individui con l’ambiente, mostrandone gli obiettivi, l’identità, le motivazioni, l’influenza sociale, la conoscenza e la comunicazione. Abiti e accessori dialogano di noi con gli altri, sono come una seconda pelle, un io-pelle (pelle mentale) che contiene tutte le nostre parti buone, un’interfaccia con gli altri e una barriera di difesa. Secondo la psicologia della moda gli abiti sono un manifesto che contiene le iscrizioni della nostra identità e parlano per noi. Flaccus (1906) ha dato un valido contributo alla psicologia dell’abbigliamento in merito all’estensione di sé affermando che “Quando portiamo un corpo estraneo in contatto con la superficie del nostro corpo (questo fenomeno non è limitato solo al tatto) la consapevolezza della nostra esistenza personale si prolunga nell’estremità e nella superficie di questo corpo estraneo, e di conseguenza nascono delle sensazioni di estensione del proprio io o di acquisizione di un tipo o di una quantità di energia estranea o di un grado inconsueto di vigore, di resistenza fisica, di sicurezza”. Secondo questa formula, ripresa dal libro di John Carl Flugel (1974), l’abbigliamento ci permette di estendere il nostro io corporeo. Un chiaro esempio di questo principio è la gonna, essa aggiunge alla forma umana pregi che la natura non le ha dato.

Secondo la psicologia della moda attraverso la forma di un abito, i suoi colori, le dimensioni di un cappello, l’altezza di un tacco, il disegno di un tessuto o i suoi movimenti, possiamo trovare una chiave di lettura alla conoscenza di noi stessi e degli altri, utilizzando le leggi della percezione sensoriale. Tali leggi spiegano come i nostri organi di senso siano colpiti da molte sensazioni, ma tendono ad elaborarne alcune più evidenti, creando una figura e lasciando il resto sullo sfondo, oppure organizzando le informazioni rilevanti in una struttura che unifica i vari elementi. Così un particolare tipo di abbigliamento o un accessorio, possono trovarsi a fuoco ed essere oggetto della nostra attenzione o perché lo stimolo è nuovo e inaspettato, o all’inverso perché è abituale, ma soprattutto perché attiva interessi o motivazioni, pensieri o emozioni. Ad esempio, le gonne corte, i corpetti aderenti, i tacchi alti. Anche la percezione dei colori è importante secondo la psicologia della moda ci sono due diversi approcci verso i colori: la sensazione percettiva determinata dalla percezione cromatica, e l’emozione legata alla simpatia o all’antipatia che genera in noi un colore. La preferenza per un colore o il rifiuto di un altro potrebbe essere determinato dallo stato emotivo, Aristotele definiva l’uomo come un animale sociale, oggi invece lo definiremmo più da social. Non solo, ciò che lo contraddistingue è il preponderante uso della vista per orientarsi nella complessa realtà odierna, sebbene il flusso di informazioni su cui si basi sia limitato e instabile. Proprio per questo, la moda, in un’ottica, ovviamente, di incremento delle vendite, ha accolto i consigli del caro marketing e ha puntato su colori e loghi, in alcuni casi diventati vere e proprie trame. 

Il color cammello domina le passerelle e conquista un posto in pole position anche nel nostro guardaroba e dona un’allure raffinata e irresistibile ed è un colore classico e intramontabile. E’ un passe partout per qualsiasi abbinamento cromatico. Il trend primavera estate di quest’anno   riafferma il classico cappotto color cammello, trovando diverse interpretazioni sia in termini di materiali che sfumature. 

È il colore, però, che sembra essere l’arma vincente nel farsi riconoscere il primo possibile, una reazione necessaria da parte delle case di moda che devono pur combattere in qualche modo la possibile, e temuta, irrilevanza. Non c’è abbastanza tempo a disposizione per prendersi qualche istante davanti ad una vetrina, tantomeno per riconoscere un capo d’abbigliamento visto ad una sfilata o indosso ad una celebrità su uno dei tanti red  carpet che intasano regolarmente i mass media e infatti, dall’eterna influenza delle passerelle fino ai nuovi trend di Tik  Tok, i gusti in fatto di moda sono in continua e veloce mutazione, soprattutto nel Belpaese, dove il made in Italy sempre di più assorbe le influenze oltreoceano Ma non si può dire sempre  per certo che la caratteristica che più balza agli occhi è che le tinte proposte in alternativa, giallo e rosso in primis, sono accese, se non accesissime. Per dimostrare che nella moda non esistono “mezzi termini”, ai colori violenti vengono contrapposte delle gamme di cromie più “tenui” che traggono ispirazione dalla terra: ocra, bruno, sabbia… le modelle sembrano essersi rotolate con gioia in un mondo naturale, nella vita quante volte una persona può cambiare idea sul proprio colore preferito? Vestiti, accessori, colori, stili: le passerelle hanno decretato i diktat dell’anno che verrà, preannunciando una stagione carica di nostalgia, riferimenti al passato e rivisitazioni dei grandi classici. Non mancheranno i colori – tanti e super brillanti – e neppure i luccichii, perfetti per dare un boost al guardaroba e soprattutto all’umore in tempi così complicati.

Maria Ragionieri

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