È guerra!

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Non eravamo più abituati a pensare che l’Europa potesse, dopo settantasette anni, tornare ad essere un teatro di guerra.

Quali le ragioni di questa quasi certezza che un conflitto non ci avrebbe più sfiorato?

La convinzione che il vecchio continente rappresentasse la “materia grigia” del pianeta e quindi la pressoché totale certezza che la scelta di far parlare le armi anziché propendere lungo la via delle soluzioni diplomatiche non appartenesse ormai al sentire comune di questo continente.

Quali le cause? Penso che il mondo globalizzato stia presentando il suo conto, nel senso che stanno riaffiorando gli orgogli nazionali, prendono forma e consistenza le necessità di punti di riferimento e questo a discapito di quei territori che vengono considerati come prolungamenti di identità storiche, che vengono percepiti come espressioni geografiche e non come entità consolidate nei secoli.

La storia si ripete e viene alla mente il nobile Clemente di Metternich, ministro dell’Impero Asburgico che, nel Congresso di Vienna che si svolse nel 1815, volle stabilire una ricomposizione degli stati nazionali europei, relegando a “mera espressione geografica” un Paese come l’Italia che era ancora lontana dall’avere una propria integrità e sovranità.

Sono passati oltre duecento anni e le “fughe in avanti” che si immaginavano come consolidati passaggi verso un modo di percepire la cooperazione fra i popoli come prassi unanimemente accettata, torna ad essere come qualcosa di velleitario perché “la storia ti presenta il conto”.

Né possiamo semplificare “la lettura degli accadimenti che in questi giorni ci vedono come increduli spettatori”, come un qualcosa che ha ben individuabili artefici.

Detto in pratica, Vladimir Putin poco avrebbe potuto determinare, se non avesse percepito un malcontento diffuso di una popolazione che sentiva mortificato il suo orgoglio di identità nazionale.

Putin si è, cioè, reso interprete di un recupero di concetto di dignità di popolo.

Sui giornali appaiono titoli in cui si stigmatizza l’azione compiuta da Putin, soprattutto per essersi collocato “dalla parte sbagliata della storia”.

Occorrerebbe interrogarci: non è, per caso, che la Storia aveva ancora da completare un suo ciclo che la globalizzazione ha frettolosamente sommerso con slogan e scelte di mercato, ma che si è trattato di una “copertura” sul passato e non di un “superamento” di una determinata fase?

Certo, tutto questo processo avrebbe potuto essere elaborato in modo meno cruento, soprattutto in considerazione della emergenza sanitaria che aveva determinato il contagio del covid.19 al livello mondiale con riferimento proprio a quella Russia, artefice dell’aggressione contro l’Ucraina, certamente ancora molto alle prese con la pandemia.

A dimostrazione che altre strade erano percorribili, le grandi mobilitazioni di cittadini russi che deplorano la scelta di Putin di aver portato la guerra all’interno del territorio dell’amata nazione ucraina e che sono scesi in piazza, pur consapevoli dei rischi cui sarebbero andati incontro. 

Ernesto Albanello

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